Stipe Mesic: i croati all’estero opportunità di relazione e non scusa per espansione territoriale
La dichiarazione rilasciata in risposta ad una di Tomic, dirigente SDP. La scorsa settimana i media croati parlano anche dell’incerto destino dei rifugiati croati di Drvar e dell’atteggiamento del ministro della difesa nei confronti degli omosessuali.
Novi List, quotidiano di Rijeka/Fiume, riportava la scorsa settimana un’intervista con Zdravko Tomac, uno dei dirigenti più influenti dell’SDP: "la Republika Srpska non è una creatura degli Accordi di Dayton, bensì di Karadzic", affermava, facendo propria la scuola di pensiero secondo la quale o si arriverà ad un’abolizione dell’Entità della Republika Srpska oppure anche ai croati di Bosnia dovrà essere garantita una propria Entità. Tomac ha anche attaccato il presidente Stipe Mesic per una dichiarazione rilasciata da quest’ultimo alla Novi Sad TV nella quale invitava i rifugiati serbi originari della Croazia a ritornarvi. Tomac contestava a Mesic il fatto che un invito di quel tipo avrebbe dovuto rivolgerlo anche ai croati di Bosnia, ai musulmani bosniaci e della FRY.
Mesic ha risposto a Tomac dichiarando che "è interesse della Croazia che i nostri cittadini (serbi) ritornino a casa e questo dimostrerà la maturità politica che abbiamo raggiunto. I croati all’estero devono inoltre essere un fattore che aiuti la riconciliazione piuttosto che una scusa per favorire l’espansione territoriale".
E la scorsa settimana, sempre riferendosi ai rifugiati, hanno ricevuto spazio sui media croati le richieste dei rifugiati croati di Drvar. I rifugiati, originari della Bosnia, erano stati trasferiti nella cittadina tradizionalmente a maggioranza serba (prima dell’operazione Tempesta dell’esercito croato nel 1995) come previsto dal piano Tudjman-Dobrica Covic per l’omogeneizzazione etnica, concepito nel 1992. I croati di Drvar non desiderano rientrare nelle loro case in Bosnia ma preferiscono restare in Croazia. "Non vogliamo ritornare a vivere con i musulmani" affermano questi ultimi ma con tutta probabilità verranno re-indirizzati nella zona di Knin dove è in corso un rientro della minoranza serba. E questo crea nell’area una nuova situazione conflittuale.
Ma nei giorni scorsi un’altra notizia in merito al rispetto dei diritti umani ha occupato le pagine dei giornali croati. Si tratta dell’attitudine del ministro della difesa croato nei confronti degli omosessuali. Slobodna Dalmacija riporta che "il ministro della difesa vede l’omosessualità come una malattia abbastanza seria da impedire a chi è omosessuale di entrare nelle Forze Armate. Questo naturalmente non è previsto nella Legge sulla Difesa ma in alcuni regolamenti applicativi della stessa".
Il presidente della Commissione parlamentare sulla difesa, Furio Radin, ha connotato come "discriminatorie" le dichiarazioni del ministro nei confronti degli omosessuali aggiungendo che "la gente non si offre volontaria per soddisfare le proprie esigenze sessuali ma per difendere la propria patria".