Srebrenica, fotografie scomode
Tarik Samarah ha scattato numerose foto su Srebrenica. La sua mostra fotografica avrebbe dovuto essere esposta al parlamento olandese, ma qualcosa non è andato nel verso giusto. Un’intervista del settimanale di Spalato "Feral Tribune"
Di Igor Lasic, 8 settembre 2005, Feral Tribune, (tit. orig. Istina kao eksecs)
Traduzione per Osservatorio sui Balcani: Ivana Telebak
Il 30 agosto in modo improvviso dall’atrio del parlamento olandese è stata rimossa la mostra delle sue fotografie che documentano le tracce del massacro serbo dei bosgnacchi di Srebrenica nel 1995 e testimoniano del razzismo della comunità internazionale, in modo particolare dei soldati olandesi dell’ONU. Di cosa si tratta, perché la mostra è stata annullata?
Le fotografie sono state esposte il 22 giugno, ma fino a quel momento circa il 70 % dei parlamentari aveva espresso una certa resistenza verso la mostra, perché per loro l’argomento Srebrenica è molto delicato. Con grande piacere dei rappresentanti della chiesa protestante IKV e dei Verdi olandesi, e con la comprensione del presidente del Parlamento Frans Weisglas, la mostra è stata comunque allestita e i contrari erano ormai davanti al fatto compiuto… L’inaugurazione era di tipo chiuso, con la presenza di tutti i leader dei partiti politici, tutto a livello statale. Ma, alcuni giorni dopo, tutti i parlamentari sono andati in vacanza, e lo stabile è stato chiuso fino alla fine di agosto. Il periodo dal 1 settembre fino al 15 ottobre è fra altro il periodo in cui gli olandesi in gruppi visitano il proprio Parlamento. E la mostra doveva rimanere aperta fino al 14 ottobre…
Fuga dalla verità
Dunque, proprio quanto c’era bisogno.
Proprio… Ma è stata tolta senza alcun annuncio o comunicazione o accordo. Secondo le mie informazioni, è stata decisiva la pressione della destra, che negli ultimi anni in Olanda si è rafforzata ulteriormente. Sono stato informato di tutto dagli amici; da parte del Parlamento fino ad oggi nessuna notizia, un comportamento maleducato, in modo particolare perché si tratta di un paese e di istituzioni che vanno fieri della propria cultura… Fra altro, durante l’apertura della mostra la maggior parte degli invitati apertamente vedeva il modo di esposizione delle fotografie e il tema come un’aggressione da parte mia. Nonostante fossi stato trattato molto bene da parte dei media e dal Parlamento. L’altra parte dei presenti ha assunto un atteggiamento di compassione. Avevo tenuto presente che in Olanda è caduto il governo a causa di Srebrenica, che in quel Paese c’è L’Aia e il tribunale, senza il quale non si farebbero i processi ai criminali, e che l’Olanda comunque ha mandato tanti aiuti materiali e altri tipi di aiuto a Srebrenica e alla Bosnia ed Erzegovina. Ma, l’Olanda non vuole far i conti con la verità sul suo ruolo nella catastrofe, essa ha un problema che sta crescendo, così il mio intento era di aiutarli nel fare i conti con tutto questo. Per ciò desideravo presentare la mostra al Parlamento e non in qualche galleria. Ma, Weisglas dopo che le foto sono state tolte ha detto che tali fotografie per gli studenti – visitatori sarebbero state troppo scioccanti… Il sindaco di Srebrenica Abdurahman Malkic ha inviato una protesta a Weisglas, e lui ha risposto che la mostra non può tornare in Parlamento. Magari da qualche altra parte, loro offrono un altro spazio rappresentativo. Non so, vedremo.
Censurare e imbrattare
Questa non è stata la prima reazione-incidente riguardo le sue fotografie su Srebrenica. In Serbia le ha recentemente presentate su mega-locandine; alcune sono state imbrattate con graffiti dal titolo: "Si ripeterà"… Si potrebbe dire che le fotografie "fanno", che sono eccessive?
Ma, sono di eccesso le persone che preferiscono vivere da ipocriti, piuttosto che con una verità che gli fa male. Anche a Potocari vicino Srebrenica, dove nel 2003 è stato aperto il cimitero per le vittime esumate, dovevo allestire l’intera mostra, con fotografie che mostrano le tracce del genocidio e i graffiti razzisti dei soldati olandesi. Ma, alti fattori internazionali l’hanno vietato, e mi hanno proposto di tralasciare i graffiti… Gli ho risposto che io provengo da un ambiente culturale e che quelle fotografie erano un prodotto artistico. Si apriva il cimitero, si metteva il punto, e io volevo mettere la virgola e sollevare la domanda sulla costruzione del museo, dove sarebbero finite quelle fotografie. Ciò avrebbe significato inoltre mettere le indicazioni stradali, le visite guidate, ecc. Ma, la mostra permanente è stata censurata, così in tutta la Bosnia ed Erzegovina avevo messo delle mega-locandine, e anche in Repubblica Srpska. Lo facevo per aiutare la gente di questi luoghi, che ingrandiscono i criminali e li mettono tra i santi – e in questo modo ingrandiscono il male come il bene, mentre la gente onesta vive in miseria – per aiutare loro e per aiutare la Bosnia. Ci sono state locandine spruzzate di graffiti anche nella RS, ma tutto ciò ha avuto il suo effetto, perché milioni di persone l’hanno visto. Anche in Serbia sono andato con le migliori intenzioni, e di nuovo ci sono state locandine imbrattate, ma ci sono stati anche degli effetti – in Serbia nessuno può più negare Srebrenica. Anche là mi sono offerto di allestire la mostra, ma di farla inaugurare da uno dei funzionari più alti, se proprio desiderava pubblicamente nominare il genocidio di Srebrenica. Per quanto mi riguarda, avrebbe potuto farlo anche Vuk Draskovic, ma nessuno ha osato farlo.
Il fascismo non è morto
Con questo comunque non finisce il viaggio del suo ciclo su Srebrenica, la mostra va avanti. Ha nominato anche Zagabria?
Faccio ciò che credo abbia un senso e che dà dei risultati. Così penso che questo abbia senso sia per il tema di Srebrenica che per il fascismo, che qua e nel mondo non è ancora morto. La fotografia che rappresenta una madre di Srebrenica davanti alla casa di Anna Frank ad Amsterdam, e che già da qualche tempo in formato gigante è stata collocata nella sinagoga di Sarajevo, dunque, per il 60esimo anniversario dell’Olocausto e dei 10 anni di Srebrenica, ora cerco di spostarla in via Praska a Zagabria e di metterla su uno dei muri intorno al parcheggio dell’albergo "Dubrovnik", dove fino al 1942 c’era la sinagoga . Non vorrei continuare a spiegare, io faccio così, metto l’opera e poi mi allontano, e aspetto che il dialogo si apra da solo.