Sos: dispacci dall’Azerbaijan

La diplomazia del caviale sembra continuare ad avere grande successo. Continuano i messaggi di allarme che arrivano dall’Azerbaijan in merito al rispetto dei diritti umani nel paese. E che cadono costantemente nel vuoto

08/10/2014, Arzu Geybullayeva -

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In una scena della serie televisiva “The newsroom” di Aaron Sorkin, l’anchorman Will Mc Avoy (Jeff Daniels) si lascia andare in una dissertazione sul perché l’America non sia più il più grande paese del mondo. Il toccante monologo finisce con questa frase: “Il primo passo per risolvere un problema è capire che esiste”. Ma come si comportano i leader politici del mondo rispetto a questo? Alcuni scelgono di dedicarsi ai “problemi”; mentre altri optano per eludere questo concetto di responsabilità.

Ali Hasanov è un caso lampante. In carica come capo del Dipartimento dell’amministrazione presidenziale per le questioni politiche e sociali, Hasanov ritiene che in Azerbaijan non vi siano problemi e che quindi non vi sia necessità di discuterne. “Attualmente in Azerbaijan c’è libertà assoluta, tanto è vero che sono presenti centinaia di organizzazioni non governative; organi di stampa operano nel paese in accordo con la legge; la gente può esprimere liberamente la sua opinione e lo stato supporta lo sviluppo dei media e delle istituzioni della società civile” ha affermato Hasanov.

Il noioso elenco di tutto quanto l’Azerbaijan (non) garantisce era rivolto al pubblico internazionale ed in particolare al Presidente Obama. Mentre si rivolgeva al pubblico, il mese scorso, durante il Clinton Global Initiative Forum, il presidente Obama ha infatti fatto i nomi di alcuni paesi. Cina, Venezuela e Russia sono stati inseriti nella lista dei regimi repressivi che sopprimono il dissenso. Ma non erano i soli, poco dopo è stato nominato anche l’Azerbaijan. La recente escalation di repressione contro le organizzazioni non governative (quelle di affiliazione indipendente) ha quindi preoccupato Obama, preoccupazioni però prive di fondamento stando all’ultima dichiarazione di Hasanov.

“Questi appelli, dichiarazioni e documenti, assemblati sulla base di informazioni ricevute da tre o quattro persone senza prendere in considerazione l’opinione pubblica in Azerbaijan, le Ong e le centinaia di mezzi di comunicazione, sono infondati, di parte e soggettivi”, ha ribadito al presidente il capo del dipartimento.

Perché tanta ira?

C’è un detto popolare che dice: “Il pesce marcisce dalla testa”. Probabilmente, nel caso della leadership azera e di Hasanov, il peso di questo proverbio risuona nella maggior parte delle loro recenti azioni politiche, senza menzionare il grave peggioramento durante l’estate del rispetto dei diritti umani nel paese.

Dal nostro ultimo aggiornamento pubblicato su queste pagine sull’Azerbaijan, è accaduto che il giornalista di Nakhchivan e difensore dei diritti umani Ilgar Nasibov è stato trovato incosciente nel suo ufficio dopo aver subito un duro pestaggio. Un altro giornalista, punto di riferimento del giornale Azadliq, Seymur Hazi, è stato arrestato con l’accusa di “teppismo aggravato”.

Inoltre due attivisti politici sono stati messi in custodia cautelare: Murad Adilov, membro dell’opposizione con il Partito del Fronte Popolare, e Khagani Mammad, membro del Partito Musavat. Adilov rischia 12 anni se sarà ritenuto colpevole di possesso di sostanze stupefacenti. Mammad invece è stato arrestato con l’accusa di aver aggredito due donne, che in realtà sarebbero state loro ad averlo attaccato, coinvolte in un complotto nei suoi confronti. È accusato di teppismo ed è attualmente detenuto da due mesi in custodia cautelare.

Sono state approvate poi nuove leggi, che impediscono alle Ong di portare avanti le loro attività, tagliandole fuori dagli aiuti esteri e congelando i loro conti bancari. Malgrado ciò, per Hasanov, questo sarebbe parte di un processo legale e trasparente del paese. “Ovviamente le attività delle organizzazioni in sospetta violazione legislativa sono state indagate e saranno prese le misure necessarie per confermare i fatti. Non mi piace che alcune organizzazioni, che non rispettano i requisiti legali degli organi statali e che spendono milioni di sovvenzioni provenienti dall’estero, attraverso traffici loschi, agiscano poi come araldi della democrazia!”. Ma nessuno sembra commentare il fatto che le Ong governative siano rimaste intoccate e al sicuro sotto le calde ali del governo.

Allo stesso tempo, uno dei più importanti avvocati azeri per i diritti umani Leyla Yunus ha dovuto affrontare crescenti intimidazioni e abusi da parte delle compagne di cella e dalle guardie della prigione, dove si ritrova rinchiusa dal 30 luglio. Yunus è stata arrestata e messa in custodia cautelare il giorno dopo aver pubblicato una lettera aperta al presidente della repubblica Ilham Aliyev per chiedere l’immediato rilascio di blogger e attivisti innocenti. Le critiche verso le politiche adottate e contro la leadership azera presenti nella lettera sono costate la libertà a Yunus e a suo marito, lo stimato storico Arif Yunus. Ovviamente l’attuale condanna non fa riferimento alla lettera preferendo invece accusare la famiglia Yunus per crimini economici e tradimento, come accade per molti altri dissidenti.

In una recente lettera che Yunus è riuscita a rendere nota attraverso i suoi avvocati, descrive nei dettagli un recente pestaggio che ha dovuto subire dalla guardia carceraria. “Mi ha portata fuori dalla cella mentre mi contorceva le mani. Poi mi ha sbattuta a terra in un’altra cella vuota e ha cominciato a tirarmi i capelli e a colpirmi sui fianchi.”, ha scritto poco dopo il fatto. Forse, il signor Hasanov potrebbe trovare una perfetta spiegazione anche per questo incidente – dev’essere successo perché la signora Yunus si rifiuta di rispettare il regolamento carcerario.

Lontano dallo sguardo

Abbiamo tutti in mente le tre famose scimmiette sagge. Spesso, l’assenza di una reale azione da parte degli attori occidentali verso l’Azerbaijan è una reminiscenza di questa storiella. In effetti, tutti gli abusi sopra indicati come pure il misconosciuto declino riguardo ai diritti umani sono avvenuti mentre la leadership azera cerca una parvenza di legittimità internazionale. In molti casi ci è riuscita grazie alla corruzione, alla avidità e alla lussuria dei suoi leader e ad un’azione di lobbying milionaria. La realtà però è desolante perché la meschina corruttibilità di alcuni diplomatici europei ed americani sta costando la libertà di molti azeri coraggiosi.

E poi ci sono i fallimenti istituzionali, come il Consiglio d’Europa, bastione per diritti umani e democrazia. Quest’ultima descrizione si rivela vera solo per certi casi. Per quanto riguarda l’Azerbaijan, nel 2013 l’assemblea parlamentare del Consiglio d’Europa non è riuscita ad adottare una risoluzione sui prigionieri politici lasciando i difensori dei diritti umani di quel paese nello shock e nella disperazione. A seguito di questo fallimento, il governo azero ha semplicemente stretto il suo giro di vite attorno agli attivisti per i diritti umani ed ha recentemente rimandato pubblicamente al mittente la lista di 98 prigionieri politici nel paese. Inoltre, chi resta in carcere, subisce condizioni atroci e condanne a sentenze molto lunghe. Senza dubbio, questo è il frutto di successo della diplomazia al caviale dell’Azerbaijan.

Altri processi pendenti

Il 9 ottobre, la corte di Binagadi avvierà un processo a carico di Khadija Ismayil, la miglior giornalista investigativa del paese. Quest’ultima rischia l’arresto per un caso di diffamazione aperto nei suoi confronti. È ironico che una giornalista, il cui lavoro ha denunciato continuamente casi di corruzione dei funzionari governativi e delle più note famiglie oligarchiche, sia accusata di diffamazione.

Chi sarà il prossimo nella lista nera del governo azero è difficile da dire. È ancora da vedere a chi sarà permesso di divulgare notizie sulla pessima situazione azera. Ma forse quando non sarà rimasto più nessuno, lo charme della diplomazia del caviale terminerà e si potrà scrivere una nuova pagina per l’Azerbaijan. Sicuramente anche successivamente il signor Hasanov avrà qualcosa da dire: che tutto questo era solo un test per mostrare alla gente come sia la vera democrazia sotto Aliyev…

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