Soldati macedoni vittime delle cosiddette politiche di pace

Il gioco politico in cui la Macedonia una volta se la intende con l’Europa e l’altra con gli USA può tornare indietro come un boomerang, e l’esito finale di questo colpo, come prevedono gli esperti, può essere la chiusura delle porte dell’UE

11/02/2004, Stojanka Mitreska - Skopje

L’opinione pubblica macedone ha capitolato. Definitivamente ha rinunciato ad occuparsi della missione di pace macedone in Iraq e Afghanistan. La scorsa settimana, quando c’è stata la discussione in parlamento sul prolungamento della missione in Afghanistan, non ci sono state proteste, né alcuna dichiarazione degli analisti politici, i quali più di sei mesi fa desideravano aprire gli occhi al pubblico, affermando che la partecipazione a "missioni non definite" come quella in Iraq è il più grosso []e della politica macedone.

Il parlamento macedone ha preso la decisione di inviare ancora un contingente nella missione ISAF5 a Kabul, dove da oltre sei mesi già opera un contingente di fanteria. L’esercito macedone ha inviato a Kabul un gruppo di 8 militari e due ufficiali, il cui compito principale era di assicurare la pace nel paese, di proteggere gli edifici ritenuti importanti e di fornire aiuto alla popolazione afgana. Ci si attende che il 12 febbraio a Kabul giunga un altro contingente degli appartenenti all’unità speciale detta i "Leopardi".

Oltre all’Afghanistan, la Macedonia è già da otto mesi militarmente impegnata in Iraq. 28 membri dell’unità speciale dei "Lupi" operano nel piccolo villaggio di Tadji, a 25 chilometri da Baghdad. Il ministero della difesa macedone, per quanto abbia desiderato impressionare sostenendo che la missione di pace degli specialisti macedoni apre alla Macedonia la porta d’ingresso alla NATO, non può nascondere che i giovani soldati siano solo capri espiatori di una politica che solo formalmente si dichiara pacifica.

Solo otto mesi fa, l’opposizione macedone in modo argomentato ha contrastato le intenzioni del governo sulla partecipazione della Macedonia a questo tipo di missioni di pace. L’argomento più forte del maggior partito di opposizione la VMRO – DPMNE verteva sulla constatazione che la Macedonia non si può permettere di partecipare alle missioni di pace finché non sarà in grado di assicurare la pace e la stabilità sul suo territorio.

Il portavoce della VMRO-DPMNE, Vlatko Gjorcev, ha dichiarato che è decisamente avventato condurre i soldati macedoni in Iraq perché la Macedonia vive in una pace apparente, perché ci sono persone che in modo illegale facilmente entrano in Macedonia, perché la crisi nei territori di Kumanovo e Tetovo non è ancora terminata. Infine, perché l’integrità e sovranità della repubblica di Macedonia deve essere la vera priorità della politica macedone.

La pace apparente non è stato l’unico motivo che ha suscitato questo tipo di considerazioni dell’opposizione. Gli esperti militari dell’Istituto per la difesa hanno suggerito che la Macedonia deve avere delle chiare posizioni riguardo il proprio futuro. Essi considerano che il gioco politico in cui la Macedonia una volta se la intende con l’Europa e l’altra con gli USA, può tornare indietro come un boomerang, mentre l’esito finale di tale colpo, come prevedono gli esperti, sarà la chiusura delle porte sulla strada che conduce alla UE.

Questo tipo di posizioni le ha appoggiate Biljana Vankovska, professoressa all’Istituto per la difesa, la quale ha sollevato anche il seguente dilemma: può la missione macedone in Iraq essere comunque pacifica, tenendo presente che il mandato per tale missione spetta solo all’Organizzazione delle Nazioni Unite?
"Ci saranno delle conseguenze, perché la Macedonia non può da un lato appoggiare la membership all’Unione, ma in pratica non essere in linea con i paesi della famiglia europea", dichiara la professoressa Vankovska. La risposta dei vertici statali a queste questioni è stata oltremodo breve: l’integrazione della Macedonia nella UE non può dipendere dalla partecipazione alla coalizione antit[]ismo.

Dall’altro lato, l’analista politico Petar Shkrbina ha sollevato una domanda alla quale nessuno, tra i soldati macedoni, ha voluto rispondere: perché a loro è stato promesso che sarebbero stati solo di appoggio logistico, quando hanno partecipato ad operazioni pericolose, ricevuto ordine di sparare e hanno catturato persone sospette di aver appoggiato la politica di Saddam Hussein?
"L’invio di soldati macedoni in Iraq non doveva rappresentare la condizione per l’ingresso della Macedonia nella NATO", scrive l’analista Shkrbina, facendo notare ciò che tutti sapevano, ma che nessuno al governo ha voluto riconoscere. Cioè, è un fatto che la Macedonia letteralmente si sia messa in ginocchio davanti alla porta della NATO.

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