Sogni mondiali

Voglia di esserci e vincere, almeno nel calcio. Nei paesi della ex Jugoslavia è forte l’entusiasmo per i successi nelle qualifiche in vista dei mondiali in Sud Africa. Ma pesano ancora divisioni ed estremismi nazionalisti

16/09/2009, Marco Abram -

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Tra le tredici squadre nazionali europee che andranno in Sud Africa per partecipare ai mondiali calcio potrebbero trovare spazio diverse rappresentative provenienti dalla ex-Jugoslavia. I gironi di qualificazione sono ormai entrati nell’ultima fase, le squadre ancora in corsa sono sempre meno ed i verdetti definitivi si avranno tra poche settimane.

Tra le squadre balcaniche la Serbia è lanciata a vincere il proprio girone ed a raggiungere la qualificazione diretta, Bosnia-Erzegovina, Croazia e Slovenia attestate in seconda posizione nei rispettivi raggruppamenti, si giocano ancora delle buone possibilità per partecipare ai playoff che portano alla competizione. Mentre le scorse edizioni, giocate dopo il disfacimento della Jugoslavia, hanno visto la qualificazione di massimo due squadre dalla regione, per il 2010 sono ancora quattro quelle che possono sperare.

Come prevedibile i risultati positivi hanno diffuso grande entusiasmo nei diversi paesi. D’altra parte il calcio è sempre stato molto popolare e di livello al di là dell’Adriatico, anche se dai tempi in cui ai mondiali italiani la Jugoslavia si arrendeva ai rigori nei quarti di finale contro l’Argentina di Maradona molto è cambiato. Il mondo del calcio si è disgregato, divenendo sempre più arena per estremismi nazionalisti e violenza mentre, dal punto di vista strettamente sportivo, solo la nazionale croata è riuscita ad ottenere qualche limitato risultato di rilievo.

Questo momento di entusiasmo collettivo sembra invece propagare un’atmosfera sportiva meno tesa e sono in molti coloro che sperano che più squadre "jugoslave" riescano a qualificarsi. Tra gli altri, Ivica Osim, l’ultimo allenatore della vecchia Jugoslavia, ha affermato: "Sarebbe perfetto se Bosnia-Erzegovina, Serbia e Croazia potessero andare tutte ai mondiali, non solo sarebbe la conferma che possiamo raggiungere i massimi livelli del calcio europeo ma garantirebbe anche un’ estate da sogno per i tifosi ed un miglioramento nell’immagine dei nostri paesi".

La Serbia, dopo anni non particolarmente fortunati dal punto di vista calcistico, sta per concludere un grande girone di qualificazione sotto la guida di Radomir Antić, ex tecnico di Barcellona, Atletico e Real Madrid. I media serbi avevano parlato di "partita del decennio" rispetto alla sfida di mercoledì scorso con la Francia che avrebbe potuto garantire la qualificazione anticipata. In una Belgrado stracolma di tifosi, venuti da ogni parte del paese, ed in un Marakanà tutto esaurito i galletti francesi hanno tuttavia ottenuto un pareggio che ha rimandato la festa a Vidić e compagni. Il grande entusiasmo nel paese non si è tuttavia smorzato – alla Serbia basta comunque una vittoria in due partite per avere la certezza di andare in Sud Africa – Tomislav Karadžić, presidente della Federazione calcistica della Serbia, ha garantito: "Dopo la prossima partita con la Romania andremo tutti in piazza a festeggiare".

L’altro big match di mercoledì scorso ha visto la Croazia sconfitta cinque a uno a Londra dall’Inghilterra di Fabio Capello. La nazionale di Bilić si dovrà riprendere dal brutto colpo ­- "non ci aspettavamo questo nei nostri peggiori incubi" ha dichiarato l’allenatore – e contrastare il ritorno dell’Ucraina nelle prossime due partite. Anche per via della propria ottima tradizione calcistica la Croazia è comunque considerata una delle squadre con maggiori possibilità di staccare il biglietto per il Sud Africa.

Nella fase di finale di qualificazione solo due delle sei repubbliche ex-jugoslave, Macedonia e Montenegro, sono rimaste fuori dai giochi. Proprio nell’ultima partita giocata la Slovenia si è ripresa il secondo posto nel girone con un secco 3-0 ai danni della Polonia, rivitalizzando le proprie possibilità di ottenere la seconda qualificazione ad un mondiale della propria storia.

Tuttavia le sorprese maggiori in questi mesi vengono indubbiamente dalle prestazioni della Bosnia-Erzegovina. Quando venne inserita nello stesso gruppo con il Belgio, la Turchia e la Spagna campione d’Europa molti conclusero che nemmeno questa edizione della Coppa del mondo avrebbe visto l’esordio del paese balcanico. In realtà, a due partite dalla fine delle qualificazioni, i bosniaci sono i favoriti per conquistare il secondo posto che garantisce l’accesso ai playoff. La qualità delle prestazioni e la scoperta di alcuni veri e propri campioni hanno fatto montare un grandissimo entusiasmo in un paese che negli ultimi anni ha avuto certamente pochi momenti per appassionarsi e credere nei sogni.

Miroslav Blažević, croato di Travnik, allenatore prima della Croazia e ora della Bosnia-Erzegovina, ha sostenuto come la forza della squadra sia nella grande alchimia che si è andata costruendo in questi mesi. Nell’esaltare una rappresentativa che sta divenendo gradualmente più multietnica ha osservato: "Sono stato orgoglioso più che mai a sentire i tifosi salutare ad una voce me e il nostro portiere serbo Nemanja Supić". Quest’ultimo è stato particolarmente celebrato dai media in questi giorni per aver salvato la partita di mercoledì a Zenica contro i turchi.

Non sarà certamente il calcio a trasformare la Bosnia-Erzegovina in un paese normale, è noto che la "nazionale" ha sempre suscitato sentimenti di appartenenza quasi esclusivamente nella parte bosgnacca della società. Tuttavia gol, idoli, successi, concorrono a diffondere entusiasmi e passioni collettive che possono aiutare a trascendere le identificazioni etniche. Oggi non manca chi sostiene che, timidamente e "nel privato delle case", il sostegno alla squadra si stia diffondendo nel paese al di là delle divisioni interne.

A ricordare quanto tutto sia molto complicato, proprio nella notte di partite di mercoledì, si sono verificati degli scontri nella città di Mostar che hanno visto tifosi croato-bosniaci – furiosi per la pesante sconfitta subita dalla Croazia con l’Inghilterra – lasciarsi andare a vandalismi ed a scontri con le forze dell’ordine.

Nei Balcani casi di questo tipo si sono moltiplicati sempre più in questi anni superando il riferimento esclusivamente a divisioni etniche interne alla regione. La Croazia, la Serbia e le rispettive squadre di club hanno collezionato una pesante serie di multe e sospensioni promulgate da Uefa e Fifa per episodi di razzismo e violenza in competizioni internazionali. La Bosnia-Erzegovina ha recentemente ricevuto una lettera dalla UEFA in cui si minaccia l’esclusione dalle qualificazioni mondiali nel caso si ripetano i disordini verificatisi nella partita con il Belgio. Il capitano Spahić, prima della sfida con la Turchia ha dichiarato a Oslobođenje: "Desidero che dimostriamo all’Europa e al mondo che non siamo selvaggi come ci presentano e che non ci sia nemmeno il più piccolo incidente", aggiungendo preoccupato "sinceramente, mi spaventa più questo della Turchia".

Sono questi problemi che condizionano la creazione della tanto discussa Lega balcanica di calcio. Da anni ormai si parla della possibilità di istituire un campionato di club integrato nell’area jugoslava che permetta di elevare il livello rispetto agli scadenti campionati nazionali, arginare la dilagante fuga dei gastarbaiter del calcio e rivitalizzare le tradizioni e i valori storici di questo sport nella regione. Alcuni mesi fa era stato lo stesso Platini, presidente dell’UEFA, a definirsi non contrario a priori all’idea, sottolineando tuttavia le grandi difficoltà che ne ostacolano la realizzazione.

Gli oppositori sostengono come ciò possa trasformare i campi di calcio in terreno fertile per l’esplosione di violenze su base etnico-nazionale. Il passato non è certo incoraggiante – basti pensare alla celebre partita di Zagabria tra Dinamo e Stella Rossa del maggio 1990, quando si verificarono grossi scontri che per molti costituirono il primo vero e proprio atto di guerra nella regione – ed anche oggi i gruppi ultras continuano a rappresentare un serio problema.

Da un’altra prospettiva un calcio su scala regionale potrebbe però trasformarsi in un’occasione per ricostruire rapporti, portare la gente ad uscire dalle proprie realtà locali, visitare città, attraversare paesi ed incontrare persone diverse all’interno della cosiddetta "jugosfera". Si tratterebbe di uno sport non più visto come sintomo di arretratezza e degrado ma di buona qualità e pronto al confronto con il mondo esterno, soprattutto se la lega balcanica dovesse portare un accesso più diretto alle competizioni europee.

Si tratta di un percorso di difficile attuazione, in ogni caso per ora i risultati di queste qualificazioni mondiali rappresentano un’importante iniezione di fiducia. Per ora è quindi sufficiente sperare che se nei prossimi mesi le squadre ex-jugoslave dovessero incontrarsi sul campo – come possibile durante i playoff o in Sud Africa – ci saranno da raccontare solamente appassionanti partite di calcio e niente più.

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