Slow food. Di erba e transumanza in Macedonia occidentale

Mavrovo, Macedonia occidentale. Su queste montagne si incontrano il clima continentale dei Balcani e quello mediterraneo, dando vita a pascoli ricchissimi e unici. Ecco perché nei secoli questa regione si è specializzata nell’allevamento ovino di transumanza e nella produzione casearia. Un presidio internazionale di slow food che oggi debutterà alla fiera Cheese a Bra, Cuneo, Italia.

16/09/2011, Francesco Martino - Mavrovo

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Mungitura a Lazaropole - Ivo Danchev

Mentre parla, Tefik Tefikovski non riesce a stare fermo nemmeno per un istante. Passeggia, raccogliendo odori ed erbe profumate sui fianchi del monte che sovrasta il villaggio di Jance e il corso sinuoso del fiume Radika, nel cuore verde del parco nazionale di Mavrovo, in Macedonia occidentale. Serviranno a preparare tisane ed infusi, o ad arricchire i piatti degli ospiti del suo albergo-ristorante, conosciuto in tutta la regione.

Nato ad Alessandria d’Egitto, dove la sua famiglia era emigrata in tempi lontani, lui stesso emigrante per vent’anni prima in Germania e poi in Italia, imprenditore edile “d’avanguardia” per quanto riguarda i materiali eco-compatibili (è stato tra i primi a proporre in Italia l’utilizzo della terra cruda in intonaci e rifiniture) è oggi ristoratore per vocazione.

Tefik, fondatore e oggi presidente del Convivium Slow Food Sarplaninska, è a suo modo un simbolo vivente della ricchezza e complessità di questo lembo di terra verde e incontaminata: un vero concentrato di voglia di fare e filosofia slow, che qui si concretizza nell’antica pratica del moabet, l’arte di discutere a ritmi lenti, senza fretta, davanti ad un bicchiere di rakija, grappa d’uva o di frutta e un piatto di meze, antipasto freddo di salumi e formaggi.

Una ricchezza naturalistica, culturale ed etnica senza pari. Su queste montagne convivono macedoni, albanesi, turchi e torbeshi (come Tefik): slavi-macedoni convertiti nei secoli dell’Impero ottomano alla religione islamica.

Qui tutto è uno sfiorarsi, un toccarsi con mano, un conoscersi a vicenda. “Sulle montagne di Mavrovo, si incontrano il clima continentale dei Balcani e quello mediterraneo”, spiega Tefik, mentre ci accompagna alla scoperta del parco. “Questo crea le condizioni per un’infinita varietà di erbe e piante, che fanno dei pascoli un trionfo di profumi e di diversità biologica”.

Facile spiegare perché, nel corso dei secoli, quest’area si sia specializzata sempre di più nell’allevamento ovino di transumanza, diventando famosa in tutti i Balcani soprattutto per il suo “sarplaninski ovci kashkaval”, formaggio stagionato a pasta filata, prodotto durante l’estate, quando le pecore pascolano ad altitudini comprese tra i 1000 e i 1500 metri.

Formaggi del tipo “kashkaval” sono diffusi in tutti i Balcani. Quello dei monti della Macedonia occidentale prende il nome dal massiccio montuoso più imponente della zona, quello della “Sar Planina”, al confine con Kosovo e Albania. I pascoli in quota sono però presenti anche sui fianchi boscosi dei monti Korab, Bistra e Deshat.

“In tempi antichi, le greggi dei grandi proprietari erano enormi”, ci racconta sorridente Ramadan Camilovski, mentre con i due fratelli munge un gregge di alcune centinaia di pecore sull’altopiano di Lazaropole. “Quando, in primavera, arrivavano qui le prime pecore partite da Salonicco, dove passavano l’inverno, le ultime dovevano ancora cominciare il loro cammino”.

Lazaropole, insieme a Galicnik, è stato per secoli il cuore della produzione del kashkaval. “Fino al dopoguerra, qui c’erano almeno 100mila capi”, ci dice uno degli anziani del villaggio, oggi abitato soltanto nel periodo estivo. “La vendita del kashkaval, che arrivava fino al mercato americano, è stata la prima fonte di valuta qui in Macedonia, ai tempi della Jugoslavia".

Oggi però la tradizione è a rischio, e i capi presenti sul territorio del parco superano appena i 10mila. A mettere a repentaglio la pastorizia di transumanza, e con questa la produzione di kashkaval e degli altri prodotti caseari tipici (il “belo sirenje”, simile alla feta e il “kiselo mleko”, varietà di jogurt denso e compatto) sono fattori diversi.

Innanzitutto, lo spopolamento delle montagne: negli ultimi decenni l’emigrazione è stata fortissima, diretta soprattutto verso l’Italia centro-settentrionale. Ma anche mancanza di politiche di sostegno alla produzione tradizionale e l’impari competizione dei formaggi industriali, dai prezzi notevolmente più bassi.

Dal crollo della Jugoslavia e del suo sistema economico a inizio degli anni ’90, i livelli di produzione sono scesi rapidamente: oggi quella del kashkaval non supera le 10 tonnellate, mentre quella di belo sirenje si attesta intorno alle 50 tonnellate.

L’unica strada percorribile per salvaguardare i prodotti tradizionali e l’enorme patrimonio culturale e di sapori a questi legato, è quella della collaborazione tra i produttori. Questi però, al momento sono troppo piccoli ed isolati per riuscire a coordinare e portare avanti un piano di azione efficace.

Ecco perché l’iniziativa che ha portato alla creazione del Convivium Slow Food Sarplaninska, fondato nel 2009 mettendo insieme le energie più consapevoli dell’area del parco di Mavrovo, assume un significato di importanza centrale.

Uno delle figure chiave nella nascita del convivium è Nikolce Nikolovski, tecnico caseario e studioso appassionato delle antiche tecniche di produzione dell’area, rimaste inalterate per secoli .

“E’ difficile far collaborare chi, come i pastori, è povero e vive isolato”, racconta Nikolce. “Nel dicembre 2010, durante il Terra Madre Day, il convivium ha organizzato un dibattito pubblico. E’ stata la prima occasione, soprattutto per i piccoli produttori di far sentire la propria voce”.

Al momento, nelle attività del convivium sono coinvolti circa 10 produttori, e nonostante le molte difficoltà, vengono mossi i primi passi per un’azione coordinata anche nei confronti delle autorità locali. In cima all’ordine del giorno, la creazione di un “branding territoriale”, per legare in modo riconoscibile i prodotti caseari dell’area di Mavrovo al territorio.

Nel frattempo, sono state poste le basi di un presidio dei formaggi tradizionali di malga di Mavrovo (kashkaval, sirenje e kiselo mleko) che verrà presentato in anteprima al “Cheese 2011” programmato il prossimo settembre a Bra. Un’occasione davvero unica per far conoscere a un pubblico vasto il potenziale di gusto e tradizione culturale preservato gelosamente nei secoli dalle popolazioni della Macedonia occidentale.

Tra le iniziative messe in cantiere, c’è anche la creazione della prima “Strada macedone dei formaggi”, un itinerario in grado di promuovere allo stesso tempo i sapori e i paesaggi unici del parco nazionale di Mavrovo.

“Le strade di cui si riempiono la bocca i nostri politici sono fatte di ponti, asfalto, cemento. Tutti ripetono ‘infrastrutture’ come se fosse una parola magica. Ma l’unica infrastruttura che ci serve davvero, è la conoscenza”, sostiene convinto Tefik. “Se riusciamo a non perdere la strada del sapere ereditato dai nostri padri, un sapere fatto di cose semplici e vere come il nostro formaggio, sono sicuro che possiamo davvero andare lontano”.

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