Slovenia: l’Europa secondo Erjavec

Radio Capodistria ha incontrato il ministro degli Esteri sloveno Karl Erjavec. Ed ha reso disponibile ai lettori di Osservatorio Balcani e Caucaso l’intervista

03/02/2016, Stefano Lusa -

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Karl Erjavec (NATO)

(Intervista andata in onda originariamente su Radio Capodistria)

Karl Erjavec è nato in Belgio da una famiglia di migranti. Rientrato a 12 anni in Slovenia, sogna di fare il pittore, ma alla fine si laurea in legge. Nel suo curriculum anche un periodo passato nell’Ufficio del tutore dei diritti nell’uomo.

Entra in politica nel 1993 nelle file della Democrazia cristiana, passa per i Popolari e la Democrazia liberale, prima di approdare al Desus, il partito dei pensionati, di cui diventa presto presidente. Dal 2004 in Slovenia non si fa nessun governo senza di lui. Occupa le poltrone di ministro della Difesa, dell’Ambiente e degli Esteri in governi di destra e sinistra. Fa diventare il suo partito l’ago della bilancia di qualsiasi coalizione. Spesso nel mirino dei media e degli ex alleati politici, diventati suoi acerrimi avversari, sta riuscendo a navigare meglio di altri, passati come meteore per le stanze dei bottoni, nelle travagliate acque della politica slovena. Il suo programma dichiarato è quello di difendere a ogni costo pensioni e sanità pubblica. Oggi è uno degli uomini di maggior esperienza del governo Cerar. Fa il ministro degli Esteri dal 2012.

L’Unione europea sta crollando?

Spero di no. L’UE è, comunque, davanti a sfide difficili. Ieri la questione più impellente era la crisi economica e finanziaria, oggi è quella dei migranti. Mi auguro che si trovi una soluzione europea, perché se ogni paese affronterà il problema a modo proprio può essere messo in pericolo l’Accordo di Schengen e si rischierebbe di fare un passo nella direzione sbagliata. Io sono ottimista, credo che troveremo un’intesa e che l’Unione europea uscirà da questa crisi ancora più forte.

Possiamo essere sorpresi di come la crisi dei profughi ci ha sorpreso?

Non eravamo pronti ad affrontare una migrazione così massiccia e così ben organizzata. Sappiamo che dietro a questi flussi c’è anche la criminalità organizzata. Le regole fissate sin qui dall’Unione europea non sono adeguate per far fronte a questo fenomeno, erano state fatte per situazioni normali. L’Unione europea era anche in passato meta di migrazioni: il punto d’arrivo per le persone che partivano da altri continenti.

Quanto sta accadendo oggi, dove ci troviamo di fronte ad un flusso organizzato, ci ha sorpreso, ed ha sorpreso soprattutto anche la Commissione europea che evidentemente non è capace di dare risposte immediate alla crisi. Gli stati membri – ed in particolare la Slovenia che si trova sulla cosiddetta rotta balcanica – hanno posto da tempo l’accento sulla questione, ma nessuno è sembrato volersi occuparsi seriamente della faccenda.

Un altro problema è che la cancelliera tedesca Angela Merkel, all’inizio della crisi, ha invitato i migranti a venire, dicendo loro che erano i benvenuti. All’epoca, probabilmente, non ci eravamo resi conto delle dimensioni del flusso migratorio che stava arrivando.

Questa ondata che passa lungo la rotta balcanica era stata preceduta da quella che arrivava dal Mediterraneo, per la quale c’è voluto molto tempo per far partire una adeguata operazione europea, oggi nota con il nome Sofia. Prima ancora era stata la Spagna a dover far fronte alle migrazioni. In sintesi l’Europa è una meta interessante e la persone evidentemente vogliono venire a vivere qui. Sono convinto che sarà necessario implementare le regole di Schengen, considerato che non sono adatte per affrontare simili emergenze.

A livello europeo state cercando delle soluzioni, avete già qualche risposta?

Il Consiglio europeo ha già approvato alcuni provvedimenti. Il più importante è sicuramente quello che prevede l’istituzione di una forza europea per presidiare i confini di terra e di mare, nonché lo stanziamento di maggiori risorse da destinare in questo campo.

Un accordo importante è quello tra l’Unione europea e la Turchia e non possiamo nemmeno tralasciare l’iniziativa del capo del governo sloveno Miro Cerar su come gestire i flussi migratori lungo la rotta balcanica. Per la Slovenia, comunque, la messa in atto dei provvedimenti è troppo lenta. L’accordo con la Turchia, ad esempio, non sta ancora portando a dei risultati significativi; anche il rafforzamento di Frontex in Grecia non è ancora del tutto realizzato. La lentezza è uno dei problemi, proprio per questo la proposta del premier Cerar punta ad una rapida applicazione delle misure prese. Si prevedono, poi, aiuti concreti alla Macedonia per il controllo della sua frontiera con la Grecia, senza dimenticare Atene dove devono essere operativizzate tutte le decisioni prese a Bruxelles.

Stiamo rinunciando ad una fetta dei valori su cui è stata costruita l’Europa?

Qui si tratta di aiutare quelli che scappano dalle guerre, quelli che sono stati costretti ad abbandonare la loro casa perché rischiano di perdere la vita. Con essi l’Unione europea è solidale e offre loro asilo. Il problema di questi flussi è che ci sono anche quelli che non scappano dalle guerre, ma aspirano a migliorare le loro condizioni di vita venendo a vivere nell’Unione europea. E’ chiaro che l’Europa non può accogliere tutte queste persone, visto che il nostro continente sta affrontando una difficile crisi economica e finanziaria e molte persone, anche da noi, fanno fatica a tirare avanti. In Africa, in Asia ci sono alcune decine di milioni di persone che vorrebbero venire in Europa. Tutto ciò è anche una conseguenza della globalizzazione, della globalizzazione dei media. Oggi ognuno, attraverso internet, tramite il cellulare, la televisione può vedere come si vive in Europa e può confrontarlo con la sua situazione. Non deve stupirci che, soprattutto i giovani, cerchino una vita migliore nell’Unione europea. Noi non siamo in grado di accogliere tutte queste persone. Perciò sarebbe necessario definire esattamente chi far entrare. Sarebbe sensato, dal punto di vista umanitario, prendere soltanto quelli che effettivamente fuggono dalla guerra.

E’ evidente comunque che l’est Europa non vuole i migranti. Se in occidente le società multiculturali sono ormai un dato di fatto a oriente si punta a mantenere la compattezza etnica.

Questo dipende anche esperienze storiche dei diversi paesi. Quelli che hanno avuto esperienze coloniali più facilmente si confrontano con coloro che vengono da altri continenti e che desiderano vivere da loro; mentre, paesi dell’est, come Polonia, Slovacchia, repubblica Ceca, Ungheria e anche Slovenia non hanno questo tipo di esperienze e quindi sono più prudenti di fronte a questo processo.

In Slovenia negli anni novanta, all’epoca delle guerre balcaniche, accogliemmo molte persone provenienti dalle altre repubbliche dell’ex Jugoslavia. Li c’erano, comunque, anche dei legami. Ognuno di loro aveva qualcuno dove cercare riparo. Qui, invece, di fronte a queste migrazioni che arrivano dall’Asia, dalla Siria, dall’Iraq, dall’Africa non abbiamo una tradizione e non abbiamo nemmeno esperienze in fatto di integrazione di queste persone.

Quello che possiamo vedere, comunque, è che anche i paesi che hanno una tradizione più radicata ed esperienze di più lungo periodo in fatto di migrazioni non stanno riuscendo al meglio a gestire l’integrazione. In Francia vediamo che queste persone sono molto male integrate, sono insoddisfatte perché non vedono per loro prospettive. Abbiamo visto, nello specifico quanto è accaduto con il t[]ismo. Non sono convinto che l’integrazione sia riuscita appieno in Germania e anche in Scandinavia il regime in materia di migrazioni si è inasprito. L’esperienza dei vecchi paesi dell’UE è completamente diversa da quella dei nuovi membri dell’est Europa. Proprio per questo sarebbe necessario definire una politica migratoria globale dell’Unione. Non si possono lasciare i singoli stati gestire la questione in base ai propri interessi. L’Austria ha approvato recentemente una serie di provvedimenti che non rappresentano una risposta unitaria, ma è solo un modo per tutelarsi di fronte alla crisi migratoria.

L’Austria sta costruendo al confine della Slovenia una serie di barriere. Non ci immaginavamo così l’area Schengen.

Se avessimo una strategia comune allora si sarebbero inaspriti i controlli alle frontiere esterne e quindi già in Grecia si sarebbero dovuti gestire i flussi migratori. La Grecia non lo sta facendo, evidentemente non riesce a farlo. L’Austria si adegua a quello che fa la Germania. Quando i tedeschi fanno passare tutto quello che arriva attraverso la rotta balcanica allora non ci sono problemi. Negli ultimi mesi però hanno cominciato a non dare luce verde a tutti i migranti e per questo molti sono rimasti in Austria. La cosa sta creando grossi problemi a Vienna, che non riesce a controllare più queste persone. Dicono di non avere altre capacità ricettive e per questo hanno deciso di inasprire i controlli al confine con la Slovenia, adeguandosi rispetto a quanto fa la Germania.

La Slovenia agirà esattamente allo stesso modo se constaterà che qui potrebbe formarsi un tappo. Da questo punto di vista l’iniziativa del presidente Cerar è particolarmente importante, perché farebbe si che i paesi sulla rotta balcanica, con una azione e con provvedimenti coordinati, potrebbero gestire i flussi migratori. Se non si arriverà a questo il rischio sarà di scatenare un effetto domino. Se l’Austria inasprirà i controlli, la Slovenia farà lo stesso e così faranno probabilmente anche Croazia e Serbia, ma questa non è una soluzione comune. Se ogni paese agirà per conto proprio ciò potrebbe mettere a rischio anche il regime di libera circolazione.

Il rischio è anche quello di far inasprire i rapporti tra i paesi dell’area. Zagabria non ha accolto con favore il filo spinato al confine. Il nuovo governo croato cambierà la politica delle porte aperte che ha mantenuto fin ora nei confronti dei profughi?

Debbo premettere innanzitutto che a Lubiana non eravamo contenti del fatto che i croati ci abbiano portato i profughi in maniera incontrollata al confine, lungo la linea verde: come dimostrano le riprese televisive. Va detto che non hanno rispettato nessun accordo e per questo motivo la Slovenia è stata costretta a porre “ostacoli tecnici” per impedire il ripetersi di simili fatti. Per quanto riguarda i rapporti tra Lubiana e Zagabria io mi aspetto che sul fronte delle migrazioni ci sia una maggior collaborazione da parte dei croati, soprattutto perché adesso c’è un governo che ha anche una serie di responsabilità. Prima il paese era in un periodo pre-elettorale ed anche l’esecutivo guidato da Zoran Milanovic era più impegnato nella campagna elettorale che nell’affrontare la crisi migratoria.

Ci sono speculazioni sul fatto che la Slovenia potrebbe giocare il ruolo di difensore del confine esterno. Il modello sarà quello del muro, costruito da Orban.

Il modello di Orban non è quello ideale, ma è nato quando nessuno a Bruxelles voleva affrontare il problema della migrazioni, così ogni paese ha cercato le sue soluzioni. Il presidente Orban ha risolto i suoi problemi costruendo una barriera. Per quanto riguarda la Slovenia a nelle riunioni a tutti i livelli in Europa è stata espressa l’intenzione di tutelare l’area Schengen. Lubiana è parte di quest’area. Ci sono molte speculazioni, soprattutto dell’opposizione, ora che l’Austria ha rafforzato il controllo ai confini, sul fatto che ciò significhi che la Slovenia non sarà più parte della zona di libero transito. Queste sono affermazioni infondate. Posso dire che l’intenzione è di difendere Schengen e che la Slovenia continuerà a farne parte.

E’ vero che ci sono stati e che sono in corso colloqui e – se la situazione si dovesse complicare – tedeschi ed austriaci potrebbero aiutarci a controllare il confine di Schengen. Sto parlando di controlli e non del processo di registrazione dei migranti a cui si era accennato facendo confusione. Molto dipenderà dalle sorti della proposta formulata dal nostro capo del governo. Il presidente della commissione europea Juncker l’ha accolta con favore ed anch’io ho avuto segnali incoraggianti. A Belgrado la appoggiano, lo stesso vale anche per la Macedonia e anche per alcun altri paesi. Ora sarà necessario cominciare a fare passi concreti. Sta giungendo il periodo in cui ci si può attendere una intensificazione dei flussi. La primavera sta arrivando e non dobbiamo farci sorprendere un’altra volta.

Mesi fa ci si chiedeva se la Grecia farà ancora parte dell’area euro, oggi la domanda è se sarà ancora membro dell’area Schengen.

La Grecia negli ultimi anni è al centro dell’attenzione, per svariati motivi: finanziari economici ed anche politici. Sappiamo che ci sono state parecchie tornate elettorali. Temo che ci potrebbe essere una nuova crisi politica ad Atene. Il governo deve far approvare due difficili riforme, una dovrebbe ridurre le pensioni e un’altra dovrebbe portare ad una riduzione degli impiegati pubblici. Ciò provocherà notevoli conflitti che potrebbero portare a nuove elezioni. In questo caso nessuno avrà la responsabilità della gestione del paese. A tutto ciò va aggiunta la posizione geografica del Grecia, da dove passa l’ondata migratoria. Il paese si trova in una situazione molto difficile e proprio per questo nella proposta Cerar si dice che una particolare attenzione dovrebbe essere rivolta alla Grecia. Atene dovrebbe essere aiutata con forze di polizia e con altri supporti necessari per gestire la crisi migratoria, in particolare con mezzi finanziari. Sappiamo che li ci sono molti migranti, che devono essere sistemati e a cui bisogna provvedere. Bisogna aiutare la Grecia a controllare le sue coste e qui c’è la decisione del Consiglio europeo sulla necessità di creare la guardia costiera europea. La Grecia ha urgente bisogno di essa, se vogliamo che il paese funzioni meglio.

Le persone in mare in ogni modo devono essere soccorse.

Guardi, questa è una questione umanitaria. Nessuno vuole che ci siano vittime. Le organizzazioni criminali che trasportano i migranti non scelgono i mezzi. Vediamo con che battelli, con che gommoni e con che condizioni atmosferiche affrontano le traversate. Io debbo dire che sono contento che in Slovenia a nessun migrante non è accaduto nulla di male. Qui devo elogiare le nostre organizzazioni umanitarie, il nostro personale sanitario e naturalmente anche la polizia che opera in modo umano.

La Grecia, ci diceva, dovrà ridurre le pensioni. In Slovenia un simile provvedimento sarebbe del tutto inaccettabile per il Desus e per il suoi presidente Karl Erjavec.

In nessun modo io potrei accettare qualcosa di simile. Preferisco andarmene dal governo, per ora non c’è questo pericolo in Slovenia. Siamo addirittura riusciti, questo mese, ad arrivare ad un adeguamento delle pensioni. Un piccolissimo ritocco che però è un passo nella giusta direzione, considerato che negli ultimi 6 anni le pensioni erano rimaste congelate. E’ la prima volta che sono riuscito a convincere il governo ed in particolare il ministro delle finanze Mramor, che, visto il lieve miglioramento delle condizioni economiche, si faccia qualcosa per adeguare le pensioni. So che ci sarà chi dirà che è poco, che con quei soldi si possono comperare due gelati, ma io credo che l’importante è stato far partire il meccanismo degli adeguamenti, se poi ci saranno le possibilità, con il Desus, cercheremo di esercitare una tale pressione per fare in modo che il prossimo anno l’aumento sia ancora maggiore.

In settimana l’esecutivo ha tirato le somme ed il premier Cerar ha detto che la squadra di governo resta invariata. Sui ministri non mancano le polemiche, anche lei dovrà rispondere in parlamento ad una mozione di sfiducia.

Noi lunedì abbiamo analizzato il lavoro dei vari ministri. Il premier per ora è soddisfatto, questo non significa che sarà così fino alla fine del mandato. Abbiamo concordato di fare una simile analisi alla fine di quest’anno e allora si valuterà se sarà necessario fare qualche cambiamento o se si continuerà con gli stessi uomini. Sta di fatto che sono parecchi gli attacchi all’esecutivo, anche per fatti che vengono imputati ai singoli ministri, come ad esempio a quello delle finanze o dell’istruzione. Il capo del governo ha deciso di proseguire così e questo è nelle sue competenze e non riguarda noi partner di coalizione.

Per quanto riguarda la mozione di sfiducia nei miei confronti debbo dire che è priva di sostanza. Sappiamo che questo tipo di procedura viene messa in atto quando un ministro viola gravemente la costituzione o la legge. Qui invece ci sono generiche considerazioni sul fatto che guardo troppo ai Balcani occidentali o che sono filorusso. Io credo che stiamo facendo una politica equilibrata e che l’interpellanza non avrà successo. Quello che mi dispiace è che , in assenza di argomento veri, si è scaduti sul personale e la cosa ovviamente non mi fa piacere.

Lei non ha nascosto il suo scetticismo per le sanzioni economiche nei confronti della Russia.

Sono sicuro che la Federazione russa può essere un partner strategico dell’Unione europea, ma considerato l’evolversi della crisi Ucraina, siamo anche noi vincolati a quei valori in cui l’Unione europea crede e che nello specifico sono l’integrità territoriale e la sovranità dei paesi. Questo l’ho detto molto chiaramente al ministro degli esteri russo Sergej Lavrov. Sono convinto però che le sanzioni economiche non siano la strada giusta per risolvere i problemi. Credo che sarebbe stato necessario trovare soluzioni politiche, visto che le sanzioni in genere non colpiscono i governi, ma i semplici cittadini.

Spero che nell’ambito del Protocollo di Minsk si trovi una soluzione politica. La Federazione russa è un importante partner politico, lo abbiamo visto nel accordo sul nucleare iraniano. Li un ruolo positivo della Russia era necessario se si voleva giungere ad un’intesa e anche se parliamo della crisi siriana, non posso immaginarmi che si possa arrivare ad una soluzione senza Mosca. La diplomazia deve mantenere la posta aperta, deve esserci spazio per gli accordi e per il dialogo.

La sensazione è che i rapporti con l’Italia non siano mai stati migliori. Il cambiamento forse è avvenuto con l’invio, prima che lo facciano altri paesi, della la nave corvetta Triglav a pattugliare le acque di Lampedusa.

Devo dire che dal 2012, da quando ricopro la carica di ministro degli esteri dedico una particolare attenzione ai nostri vicini. Una delle mie prime visite è stata fatta a Roma. Indipendentemente dagli avvicendamenti alla Farnesina debbo dire che con tutti i capi diplomazia italiani sono stato in ottimi e amichevoli rapporti, anche adesso lo sono con il ministro Paolo Gentiloni e anche con l’Alto rappresentante dell’Unione europea per gli affari esteri Federica Mogherini. Ciò fa sì che i problemi vengano risolti non appena insorgono. Nel 2012 la questione era quella dei finanziamenti per la comunità nazionale slovena in Italia, mi è stato garantito che i mezzi sarebbero stati trovati e così è anche stato. Credo che aver mandato per primi in aiuto la nave Triglav sia stato un segnale degli ottimi rapporti tra i due paesi.

Sono soddisfatto che abbiamo nuovamente instaurato rapporti con la regione Friuli Venezia Giulia. Abbiamo avuto già due incontri con la presidente Serrachiani e devo dire che questo contribuirà a migliori relazioni a tutti i livelli. Non si tratta solo di contatti politici, ma anche economici: il settore turistico, la cultura ci offrono molte possibilità. Credo che il livello dei nostri rapporti, dall’indipendenza in qua, non è masi stato a livello così alto.

Adesso si sta molto discutendo della riorganizzazione amministrativa in Italia, abbiamo timori che possa essere ridotto il grado di tutela della comunità nazionale slovena, ma sono sicuro che si troveranno soluzioni perché ciò non accada.

I rapporti con la Croazia sono in qualche modo l’incubo della diplomazia slovena.

Sì è vero. Con la Croazia abbiamo molte questioni aperte, che sono conseguenza del crollo della federazione jugoslava. In 25 anni non abbiamo trovato il modo per risolverli e pesano tra i due paesi, soprattutto a livello politico. A livello economico le cose funzionano bene e non ci sono nemmeno tensioni tra le persone da entrambe le parti del confine. Mi spiace che in passato, quando si sarebbe dovuto, non si sia trovato il modo di risolvere queste questioni e così dobbiamo farlo oggi.

Per quanto riguarda l’arbitrato io spero che la Corte prosegua il suo lavoro e che stabilisca il tracciato del confine. Noi rispetteremo la sentenza, la Croazia ha deciso che non parteciperà più a questo processo e la cosa mi dispiace. Non credo che il nuovo governo cambierà idea.

Con l’Austria tutto sembra andar bene.

Con l’Austria abbiamo rapporti molto buoni. Abbiamo incontri comuni con le regioni della Carinzia e della Stiria. L’Austria è il paese che investe di più in Slovenia, uno dei nostri più importanti partner commerciali.

L’Ungheria sta diventando un interlocutore privilegiato.

Sì, i motivi sono soprattutto economici. Il porto di Capodistria è per l’Ungheria la sua finestra sul mondo. Qui ci sono grandi interessi per la costruzione del secondo binario sulla Capodistria – Divaccia, per l’aumento delle capacità dello scalo capodistriano. A ciò va aggiunta anche la collaborazione in campo energetico, dove si vorrebbero collegare con l’Ungheria i nostri gasdotti ed elettrodotti. Ci sono molti interessi economici.

Si sta cercando una nuova sintesi centroeuropea.

Io venerdì ho incontrato il ministro degli esteri slovacco Miroslav Lajčák, ci ha detto che lui considera la Slovenia un membro de facto del gruppo di Visegrád. Noi non siamo membri, ma siamo il paese che più intensamente collabora con il V4. Ci sono interessi economici. Anche per Slovacchia e Repubblica ceca, così come per l’Ungheria, la collaborazione a livello infrastrutturale, nel campo dei trasporti e della logistica è molto importante. Qui vediamo molte sinergie. Questa collaborazione è anche naturale, visto che la Slovenia è un paese dai molti volti: siamo mediterranei, con la nostra costa per quanto piccola, siamo alpini, con le Alpi meridionali e siamo anche centroeuropei, in questo spazio culturale austroungarico.

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