Slovenia, la vittoria dei sindaci
Alle amministrative vincono i sindaci e le loro liste. Successo a Lubiana di Zoran Janković, rieletto al primo turno con una netta maggioranza. In calo i socialdemocratici del premier Pahor, crollo per Zares. A Pirano grande attesa per il ballottaggio tra il sindaco uscente e Peter Bossman, immigrato ghanese
In Slovenia le elezioni amministrative sono state vinte dai sindaci e dalle loro liste. Su scala nazionale sono proprio le formazioni indipendenti che hanno ottenuto la maggioranza relativa, con oltre il 21% dei consensi raccolti ed è formalmente indipendente anche la maggioranza relativa dei sindaci eletti sin da questo primo turno.
Tra i partiti tradizionali se l’è cavata bene quello democratico, che può contare su oltre il 18% dei consensi e che si conferma sui valori delle politiche di 2 anni fa, mentre sono in pesante calo i socialdemocratici del premier Pahor che raggiungono appena il 12%. Tra i partiti di governo crollo di Zares, in grossa crisi d’identità, mentre regge la Democrazia liberale della dinamica ministra degli Interni Katarina Kresal. Gli unici che possono cantare vittoria sono quelli del Desus, una sorta di partito sindacato che dovrebbe difendere gli interessi dei pensionati e al governo sia con il centrodestra sia con il centrosinistra.
Anche in queste amministrative si è confermata la tendenza di quattro anni fa. Più che l’appoggio dei partiti politici, infatti, per essere eletti ha contato il prestigio dei candidati. Qualcuno così non ha mancato di parlare dell’avvento dell’era dei sindaci “sceriffo” e dell’uscita di scena della politica tradizionale dalle amministrazioni locali.
A Lubiana ha trionfato Zoran Janković, che si è presentato con una sua lista fagocitando tutto il centrosinistra e parte del centrodestra. A Maribor e a Celje sono stati invece riconfermati due esponenti del centrodestra, rispettivamente Franc Kangler e Bojan Šrot. Tutti e tre sono stati eletti per effetto del loro carisma.
Šrot ce l’ha fatta nonostante una tutto sommato fallimentare parentesi alla guida del Partito popolare e il crollo dell’impero finanziario del fratello Boško, ex amministratore del birrificio di Laško.
Il segnale politico che più si attendeva riguardava Lubiana. La vittoria di Janković appariva scontata, meno le sue dimensioni. Per l’ex manager della Mercator, il consenso è stato quasi plebiscitario. Non soltanto è stato rieletto al primo turno con poco meno del 65% dei voti, ma la sua lista in consiglio comunale ha ottenuto la maggioranza assoluta. Potrà quindi governare senza andare in cerca di accordi di coalizione.
In quattro anni Janković ha trasformato la città e incurante della crisi economica ha continuato a realizzare i suoi progetti come nulla stesse accadendo. Ciò ha fatto indubbiamente presa sugli elettori. Ovviamente tutta la sua campagna è stata incentrata sullo slogan: “Zoran Janković lavora”.
L’opposizione non ha lesinato critiche nei suoi confronti, puntando il dito sull’indebitamento e sul suo piglio decisionista e poco incline al dialogo. Sta di fatto che quella che ne è uscita meno peggio, la candidata del Partito democratico, è riuscita a malapena a raggiungere il 14% dei consensi.
Subito dopo il voto Janković ha detto chiaramente che per vincere le elezioni non basta criticare indiscriminatamente il suo operato. Ad ogni modo, le frecciate che l’opposizione ed alcuni giornali hanno incessantemente indirizzato a lui ed alla sua famiglia gli hanno rovinato la festa.
Suo figlio, che stava abbondantemente brindando alla vittoria, si è messo a minacciare un giornalista che lo stava tallonando e che era salito alla ribalta della cronaca per una serie di articoli tutt’altro che lusinghieri nei confronti della famiglia Janković. Ne è nato un piccolo scandalo con tanto di protesta delle associazioni di categoria, scuse del sindaco ed un probabile epilogo giudiziario.
Intanto in un centrosinistra sempre più in crisi d’identità c’è chi vedrebbe proprio in Zoran Janković un potenziale leader da lanciare su scala nazionale. Il sindaco di Lubiana non ne vuole nemmeno sentir parlare.
Già dopo le elezioni del 2008 più di qualcuno aveva ipotizzato che avrebbe potuto essere proprio lui a prendere in mano le redini dell’esecutivo, ma si trattò soltanto di un’ipotesi. Né Pahor sembrò voler lasciare ad altri la vittoria appena conquistata né Janković si dimostrò interessato ad abbandonare il posto di sindaco per andare a guidare quella che già alla vigilia sembrava una riottosa coalizione.
Oggi, Janković è sicuramente un uomo immagine per il centrosinistra, uno che ha carisma da vendere e che è bravo a fare il sindaco. La politica a livello nazionale, però, è un’altra cosa, lì le capacità manageriali non bastano.
Per ora il centrosinistra deve ringraziarlo per avergli dato una mano alle politiche del 2008 ed anche quest’anno quando ha preso posizione a favore dell’Accordo di arbitrato per la soluzione del contenzioso confinario con la Croazia. In entrambe le occasioni i voti di Lubiana sono stati decisivi per la vittoria.
L’affermazione di Janković a Lubiana 4 anni fa ha avuto poi anche qualcosa di epocale. Al sindaco, infatti, non pochi avevano rinfacciato in maniera diretta o indiretta le sue origini serbe. Molti credevano impensabile che la capitale fosse retta da un sindaco non “etnicamente puro”. Alla fine il tabù è strato infranto.
Ora però, con queste amministrative potrebbe toccare ad un altro tabù di essere infranto. A Pirano, una cittadina costiera a ridosso del confine croato, ci sarà il ballottaggio tra il sindaco uscente Tomaž Gantar, supportato da una lista locale, e Peter Bossman, un immigrato ghanese appoggiato dal Partito socialdemocratico. Sarebbe il primo sindaco di colore del paese e se dovesse vincere probabilmente la Slovenia potrebbe apparire più tollerante di quanto in effetti sia.