Slovenia : la destra si mobilita contro il matrimonio gay
In Slovenia da quattro anni il governo di centrosinistra sta cercando di far approvare una legge che legalizzi il matrimonio tra persone dello stesso sesso. Con poca convinzione e tra mille timori. Un articolo tratto da Le Courrier des Balkans. Di Jure Trampus (Mladina), traduzione a cura di Elena Malinovska Visnar (Le Courrier des Balkans).
Il movimento gay esiste da vent’anni in Slovenia, Paese la cui costituzione condanna fermamente tutti i tipi di discriminazione. Il governo, da più di quattro anni, sta cercando di far passare una legge che riconosca il matrimonio tra persone dello stesso sesso, nonostante la sinistra preferisca non parlare troppo dell’argomento. La destra, al contrario, cerca di mobilitare i cittadini su di una vera e propria logica dell’esclusione.
Se gli atteggiamenti di chi è contro la legalizzazione delle unioni tra omosessuali sono prevedibili, l’angoscia manifestata da chi invece è a favore è perlomeno bizzarra. In effetti durante gli ultimi quattro anni – nonostante la maggioranza in parlamento – il centrosinistra non è riuscito a portare a termine l’iter del progetto di legge che adempirebbe alle promesse fatte alle comunità gay slovene.
Se quello che li ha bloccati è stato il timore di una società che si ritiene ancora immatura per comprendere "questo passo per superare l’intolleranza" è da considerare che hanno avuto ben quattro anni per favorire le condizioni adatte all’approvazione della legge e per evitare i dolorosi pregiudizi che proliferano attualmente. In breve, i partigiani della legge hanno giocato il gioco di chi è le è invece contrario.
Chi sono coloro i quali contestano l’unione tra gay? Naturalmente i rappresentanti di quasi tutti i partiti dell’opposizione: la Coalizione della Slovenia (Koalicija Slovenija), il Partito popolare sloveno (SLS) ed il Partito nazionale sloveno (SNS) di Jelincic. Quest’ultimo però approverà la legge se la Chiesa cattolica darà il via libera mentre il Partito democratico sloveno di Janez Jansa non ha, in astratto, nulla contro la nuova legge ma si oppone alla possibilità da parte delle coppie dello stesso sesso di adottare bambini. I membri della Nuova Slovenia sono invece più militanti. Agli occhi del loro presidente, Andrei Bajuk, il matrimonio di una donna e di un uomo rappresenta "la struttura fondamentale della comunità" e la parificazione a quest’ultimo del matrimonio tra omosessuali costituirebbe "una negazione brutale di questa definizione di società".
Sia ben chiaro. Queste argomentazioni ritornano molto spesso. La società si fonda sull’unione tra un uomo ed una donna e la legge sulle coppie dello stesso sesso distruggerà il ruolo della famiglia, cellula base della società; questo abbasserà un tasso di natalità già debole; questa legge va contro la volontà di Dio; l’omosessualità è alla moda, ma queste unioni non durano a lungo, questa legge si rivelerà inutile; i contrari a questa legge non sono né intolleranti né negano i diritti degli altri, desiderano solo vivere in una società normale; lo Stato dovrebbe occupasi di problemi più urgenti piuttosto che legalizzare i capricci di una minoranza di persone marginali e manipolatrici; una formalizzazione legale dei diritti delle minoranze è inutile se non dannoso. Tra questi alcuni degli argomenti utilizzati anche dai conservatori degli Stati Uniti e dal Vaticano.
Una logica di esclusione
La Coalizione della Slovenia, l’SNS, l’SLS non esitano a ricorrere ad una retorica semplificante contro le minoranze: non ci si limita esclusivamente all’omosessualità. Così Janez Jansa, dopo un recente scontro a fuoco a Dolenjska che ha visto coinvolti alcuni Rom, ha condannato la violenza della comunità Rom senza spiegarne l’origine. In questo campo Jelincic è il più provocatorio: umilia pubblicamente i rappresentanti della comunità Rom e, recentemente, ha richiesto al ministro degli interni Bohinc che la polizia sorvegli da vicino i Rom sloveni. Certamente i Rom e le unioni tra omosessuali sono due questioni ben distinte. Sono però state ravvicinate dal referendum sui cosiddetti "cancellati". Così altri temi caldi: le relazioni con i musulmani, i diritti delle donne celibi, i rifugiati e gli immigrati, l’opposizione alla NATO o la risoluzione delle questioni frontaliere con la Croazia.
Queste politiche di esclusione non sono sempre omogenee. Jelincic è spesso più radicale di Jansa. Ma i postulati di partenza sono identici, e così anche i metodi adottati: provocare nella società un senso di paura, d’angoscia rispetto all’altro, rispetto a ciò che è sconosciuto e differente ed accusare il potere di rimanere impassibile davanti a questi pericoli. L’attuale governo viene descritto come incapace di mantenere la guida in questo mondo pericoloso. A causa della sua corruzione e della sua "non-slovenità" sarebbe "sceso a patti con il diavolo". Un sondaggio promosso dalla Commissione europea punta il dito sul pericolo derivante dai partiti populisti ed estremisti: "Il populismo di destra e la xenofobia minacciano le fondamenta dell’Europa la cui ricchezza e forza risiede nelle sue diversità e nella tolleranza" ha dichiarato recentemente Philppe Busquin, Commissario europeo per la ricerca e lo sviluppo tecnico. "La sola condanna dei movimenti politici razzisti ed intolleranti non è sufficiente, occorre comprenderne le origini. Il sondaggio mostra come vi siano popolazioni che subiscono cattive condizioni di lavoro, l’incertezza ed un deterioramento generalizzato della qualità della vita. Queste sono attirate dall’estremismo di destra".
Perché lo sviluppo del populismo in Europa?
In Slovenia le divario tra ricchi e poveri è cresciuto enormemente negli ultimi dodici anni. E l’entrata nell’UE rischia di non essere in grado di invertire questa tendenza. E’ facile comprendere come alcuni politici abbiano deciso di flirtare con l’estremismo. I progressisti non osano scatenare un dibattito pre-elettorale con una massa "dimenticata e indignata". Lo schiaffo referendario ricevuto sulla legge per la fecondazione artificiale del ministro della sanità Keber è tutt’ora fresco nelle loro memorie. La promessa della coalizione di governo di adottare una legge sull’unione tra omosessuali nel corso di questa legislatura non sarà probabilmente mantenuta.
Nel 1987 l’associazione Casa della Cultura di Cankar aveva voluto accogliere il festival Magnus – un festival gay – ma il governo lo aveva vietato. Per paura delle reazioni all’interno del partito. Per paura di Belgrado e del resto delle Repubbliche dell’Ex-Jugoslavia, dove l’omosessualità era ancora più mal vista che in Slovenia. Ma se allora si temeva Belgrado, ora, con una democrazia basata sul rispetto dei diritti umani, si teme Bruxelles … Che penserà l’Unione europea di un Paese che continua a non rispettare alcuni diritti fondamentali per ragioni d’orientamento sessuale?