Slovenia: fuori controllo

In Slovenia contagi in aumento e ospedali al limite. Le misure per frenare la diffusione del virus sono state adottate ma nessuno, governo in primis, sembra intenzionato a farle rispettare

04/11/2021, Stefano Lusa - Capodistria

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In centro a Lubiana - Erik Cox Photography/Shutterstock

La Slovenia batte il suo record di contagi giornalieri. Martedì i nuovi casi erano 3456. Quasi la metà dei test PCR effettuati ha dato esito positivo. 18 i morti in una sola giornata. Se vogliamo fare un paragone con l’Italia dobbiamo moltiplicare tutto per trenta: quindi 103.000 contagiati e 540 morti in una sola giornata.

La situazione è fuori controllo. Gli ospedali sono pieni ed anche le terapie intensive. Il ministro della Sanità, Janez Poklukar, già la scorsa settimana, ha evocato lo spettro di uno scenario simile a quello di Bergamo e si è raccomandato di applicare scrupolosamente le regole che già ci sono per arginare il contagio. Peccato che non si è ricordato che il compito di farle rispettare e di organizzare efficienti controlli spetta a lui ed al suo governo.

Nel paese per fare praticamente ogni cosa ci vorrebbe il Green pass. Le regole sono serrate; ma alla fine sono state annacquate a tal punto da renderle inefficienti. Il certificato verde ci vorrebbe per sedersi ad un tavolino di un bar, anche all’aperto, e per entrare in un qualsiasi negozio che non sia di generi alimentari o una farmacia, peccato che oramai siano veramente in pochi a controllare e che il tutto sia stato risolto apponendo vistosi cartelli all’ingresso dei locali.

Con lo stesso spirito l’obbligo per i non vaccinati di testarsi regolarmente è stato preso con una certa spavalderia. Inizialmente si sarebbe voluto introdurlo anche per i ragazzi delle scuole primarie e secondarie. Come al solito il provvedimento è stato copiato dall’Austria. Lì però il tutto viene effettuato a scuola, sotto la supervisione degli insegnanti, ma qui non c’è stato verso ed allora i ragazzi si testano (forse) da soli a casa. Di conseguenza blandi protocolli vengono usati anche sui posti di lavoro. In sintesi, tutto sembra lasciato alla responsabilità del singolo e l’unica conclusione a cui si è potuti arrivare è che il senso civico non sembra essere troppo elevato.

Nel paese, del resto, nessuno sembra accorgersi dell’emergenza e la diffusione del contagio non preoccupa più di tanto i cittadini. Quella appena trascorsa è stata la settimana delle vacanze delle “patate”. Il primo stop dell’anno per la scuola primaria e secondaria. I bambini hanno riempito i parchi giochi, molti hanno organizzato feste di Halloween, le famiglie hanno affollato le località di vacanza, tanti sono partiti per tour in giro per l’Europa e altri hanno addirittura scelto destinazioni esotiche.

Il gruppo di esperti, chiamato dal governo a far fronte all’emergenza covid, aveva raccomandato a tutti di sfruttare le ferie per mettersi in una sorta di lockdown volontario. Nessuno li ha ascoltati. Come se ciò non bastasse la campagna vaccinale sta andando a rotoli. Nel paese al momento è vaccinato solo il 53% della popolazione. Nei centri vaccinali non c’è ressa e spesso si fa fatica ad utilizzare tutto il siero. La Slovenia, oramai, ha cominciato a regalare lotti di vaccini ai paesi che ne hanno più bisogno. Molti sono convinti che il vaccino non serva a nulla, visto che anche i vaccinati si ammalano ed alcuni di essi finiscono anche all’ospedale. Le spiegazioni degli esperti che senza il siero gli ospedali starebbero già scoppiando e che proprio il vaccino ha impedito a molti di fare una brutta fine, non sembrano convincere quell’ampia fetta di popolazione che ripete ossessivamente i mantra No-vax e No Green pass.

Intanto il governo sta dimostrando di non sapere che pesci pigliare per far fronte alla pandemia. Dalle stanze di via Gregorčič assicurano che non ci sarà un nuovo lockdown. Un simile provvedimento, dicono, servirebbe solo a fermare temporaneamente la diffusione del virus, ma metterebbe in crisi l’economia. Sta di fatto che tutta una serie di misure, prese dall’esecutivo, sono state cassate dalla Corte Costituzionale, dai tribunali e da vari altre istituzioni dello stato. Il messaggio è che quelli emanati dal governo non sarebbero obblighi, ma solo raccomandazioni, tanto che alcuni ritengono che non sia nemmeno necessario usare la mascherina nei supermercati e negli altri luoghi al chiuso. Il risultato è che si entra ovunque anche senza mascherina e se qualcuno osa obiettare la minaccia è quella di portarlo in tribunale.

Il governo ha scelto di gestire la crisi a colpi di decreti. L’opposizione ha fatto di tutto per metterlo in difficoltà. Destra e sinistra, più che affrontare insieme la pandemia, dando vita ad una specie di patto sociale, anche con le alte istituzioni, hanno deciso di non perdere l’occasione di farsi la guerra anche su questo fronte. Quello che si è ottenuto è una pericolosa miscela in cui il poco attaccamento dei cittadini alle istituzioni dello stato si mischia alla totale perdita di credibilità di quest’ultime.

Ora il governo non sembra avere più tante frecce nella faretra per poter correre ai ripari, così ci si occupa d’altro. Il premier Janez Janša, ha pensato bene di buttare altra benzina sul fuoco spedendo il picchetto d’onore dell’esercito a deporre in suo nome una corona davanti alla lapide che ricorda al cimitero di Lubiana i collaborazionisti caduti nel Secondo conflitto mondiale. Per intenderci si tratta di truppe che giurarono fedeltà a Hitler. Intanto, qualche giorno prima, il capo dello stato, Borut Pahor, non ha trovato di meglio da fare che spoilerare su Instagram il finale dell’ultimo film di James Bond. Entrambi sono protagonisti della scena politica slovena da quasi quarant’anni ed entrambi sono stati subissati per l’ennesima volta da una valanga di critiche. Sta di fatto che nel paese non sembra più esistere una figura credibile, in grado far sentire la propria autorità morale. Intanto la situazione pare essere sempre più critica, tanto che non si può escludere che a qualcuno venga in mente di chiedere l’introduzione dello stato d’emergenza.

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