Slovenia: Borut Pahor presidente

Presidente del parlamento, premier e ora presidente della Repubblica. Borut Pahor si è aggiudicato in Slovenia un ballottaggio senza storia, sconfiggendo il presidente uscente Danilo Türk. Intanto a Maribor è partita la rivolta degli autovelox

03/12/2012, Stefano Lusa - Capodistria

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Borut Pahor, fotomontaggio

Borut Pahor è il nuovo presidente della Repubblica. Schiacciante la vittoria per il candidato socialdemocratico che ha ottenuto il 67% dei voti contro il 33% del presidente uscente Danilo Türk. Bassissima l’affluenza alle urne, che si attesta intorno al 42%. Intanto il paese per la prima volta nella sua storia deve far fronte a manifestazioni di piazza con tanto di scontri con la polizia. Non avveniva dai tempi della Jugoslavia monarchica.

Tutte le cariche

Pahor è il quarto presidente della Slovenia indipendente, il primo ad aver coperto tutte e tre le più alte cariche dello stato. Aveva occupato anche le poltrone di presidente del parlamento e di premier.

La presidenza della Repubblica era un incarico che sognava fin da ragazzino, quando nel liceo di Nova Gorica aveva iniziato a fare politica nella sezione scolastica della Lega della Gioventù socialista. Il promettente quadro a soli 26 anni divenne il più giovane membro del Comitato centrale della Lega dei comunisti e poi della presidenza del partito.

Nella Slovenia democratica è stato sempre eletto in parlamento e, dal 1997, ha preso la guida degli ex comunisti. Dopo tre anni disastrosi passati a capo del governo il suo partito ed il centrosinistra pensavano di poter fare a meno di lui, ma quando sembrava rottamato, con grande abilità, è riuscito a tornare sulla scena annunciando la sua candidatura alle presidenziali.

Votato da tutti

Pochi avrebbero scommesso che ce l’avrebbe fatta. La rielezione dell’altero Türk sembrava scontata e il presidente in carica non s’era nemmeno preso la briga di fare campagna elettorale. Dietro di lui stavano le più importanti figure del centrosinistra sloveno, proprio quelle che avrebbero voluto liberarsi di Pahor. Sarebbe dovuto essere una passeggiata.

Pahor, invece, è riuscito a sovvertire i pronostici andando tra la gente, facendo mille mestieri ed elaborando un messaggio semplice, quello che bisognava lavorare insieme. Una parte degli elettori del suo partito gli ha creduto e gli hanno creduto soprattutto quelli del centrodestra che lo hanno votato in massa pur di togliersi di torno Türk. Il presidente uscente non era stato tenero con le riforme promosse dal governo per far fronte alla crisi e, in genere, non aveva lesinato critiche al centrodestra ed al suo indiscusso leader, il premier Janez Janša .

Pahor, invece, andava da tempo dicendo che non ci sono reali alternative alle ricette proposte dall’esecutivo, che in fondo non erano molto dissimili da quelle che lui stesso avrebbe voluto far approvare con il suo esecutivo. Per l’ex premier, inoltre, non ci sarebbe nemmeno una alternativa al governo attualmente in carica. A suo avviso, piuttosto che perdere tempo in diatribe sull’eventuale nuovo governo, sarebbe stato il caso di trovare un’intesa sulle riforme necessarie per il paese.

Vince Pahor, parla Janša

La sua vittoria è stata, così, anche la vittoria del premier Janez Janša e della sua politica di rigore e di contenimento della spesa pubblica. Tanto che il primo ministro ha rubato la scena allo stesso Pahor, nel giorno del trionfo, presentandosi a parlare, subito dopo il suo verboso e retorico discorso, per annunciare una riforma del sistema politico che consentirebbe di superare i blocchi che attanagliano il paese. Per Janša quella attuale non sarebbe infatti una democrazia parlamentare, ma una democrazia sindacale. Il riferimento è alla difficile concertazione per arrivare alla riforme.

Per snellire il sistema politico il premier dovrebbe avere 2/3 dei voti in parlamento, il che gli consentirebbe di poter cambiare leggi e costituzione. Per far ciò bisognerebbe allargare la maggioranza ai socialdemocratici o almeno trovare con loro un’intesa per le riforme. Un’ipotesi quest’ultima forse praticabile, che renderebbe praticamente ininfluente la posizione di Slovenia Positiva, l’inconcludente partito del sindaco di Lubiana Zoran Janković.

Rivolta a Maribor

Non tutto, però, sta andando bene per l’esecutivo e per la classe politica in generale, che adesso deve far fronte ad una inaspettata ondata di proteste. Il tutto è partito da Maribor, ed è stato scatenato dalla decisione di piazzare in città una serie di autovelox, tramite un’azienda appaltatrice. Quando sono partite le multe il malcontento ha cominciato a montare. La questione così non si è fermata al “sacrosanto diritto” di poter liberamente superare i limiti di velocità, ma si è estesa ad accuse vere e proprie di gestione clientelare della città da parte del sindaco Franc Kangler.

Lunedì scorso la popolazione è scesa in piazza per chiedere le dimissioni del primo cittadino. Una manifestazione non autorizzata, organizzata grazie a facebook e twitter, dove non sono mancati scontri con le forze dell’ordine. E’ la prima volta che accade in Slovenia.

Mai la polizia prima aveva caricato i dimostranti. Non era accaduto nemmeno nel 2010 quando durante una protesta studentesca il parlamento era stato preso a sassate. In quell’occasione, abbastanza incomprensibilmente, la pubblica sicurezza era rimasta a guardare. Questa volta non è stato così. Quando sono partiti i sampietrini le forze dell’ordine sono intervenute sparando lacrimogeni e facendo entrare in azione anche il reparto a cavallo.

Il bilancio non è grave e si limita a qualche contuso tra agenti, manifestanti e cavalli. Ma lo scontro ha provocato un vero e proprio shock nell’opinione pubblica quasi incapace di credere che si possono verificare anche in Slovenia tafferugli tra manifestanti e polizia.

In un clima subito arroventato il ministro dell’Interno Vinko Gorenak, al centro di mille polemiche per per le vicende legate ai referendum promossi da sindacati e opposizione, non ha mancato di buttare benzina sul fuoco con alcune bellicose dichiarazioni sull’illegalità della manifestazione. Critiche da parte della maggioranza di governo anche ai mass-media, mentre dalle aree della sinistra liberale non sono mancate riflessioni sull’opportunità di usare la forza per reprimere i contestatori.

Macchia d’olio

La febbre della manifestazione presto si è estesa a molte città del paese. Mercoledì a Lubiana si sono registrati altri lievi tafferugli, mentre scontri di un certo rilievo sono andati in scena nella capitale venerdì, dove le forze dell’ordine hanno dovuto impiegare lacrimogeni, reparti a cavallo e persino il cannone ad acqua.

La protesta nella capitale, come quella di Maribor, era partita in maniera del tutto pacifica. I manifestanti contestavano la classe politica slovena definita incapace, ingorda e profittatrice. Lo slogan più usato era: siete finiti. A far scoppiare i disordini è stato l’arrivo in piazza di un gruppo ben organizzato di estrema destra che ha subito preso di mira la polizia. Fino a quel momento i dimostranti avevano fraternizzato con i poliziotti. Gli agenti avevano anche fissato sui loro scudi ed alle loro uniformi i fiori che erano stati loro regalati.

Subito, dal centrodestra, ovviamente è partita la polemica sull’uso politico della piazza per influire sull’esito del voto presidenziale. L’accusa era direttamente rivolta ai sostenitori di Danilo Türk, che oramai i sondaggi davano per spacciato, dal centrosinistra invece non si mancava di far notare che tra i simpatizzanti del partito del premier Janša figuravano anche personaggi legati all’estrema destra. Intanto per oggi sono annunciate nuove manifestazioni sia a Maribor sia a Lubiana, mentre altre proteste sono già in programma nei prossimi giorni.

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