Slovenia: alle politiche vince l’outsider
Tutti s’aspettavano la vittoria dei Democratici dell’ex premier Janez Janša. Ed invece ad ottenere la maggioranza relativa è stato a sorpresa Zoran Janković, con il suo partito "Slovenia positiva". Gli elettori che in passato lo avevano eletto con maggioranze schiaccianti sindaco di Lubiana ora gli hanno consegnato la poltrona di premier
A sorpresa Zoran Janković, ha vinto le elezioni politiche in Slovenia. Il suo partito “Slovenia positiva” ha ottenuto la maggioranza relativa con il 28,5% dei consensi. Grandi sconfitti i Democratici di Janez Janša, che hanno ottenuto il 26,26%. Nettamente staccati i Socialdemocratici con il 10%, la Lista di Gregor Virant con l’8,42%, Il Partito dei pensionati con il 6,97%, il Partito popolare con il 6,90% e Nuova Slovenia con il 4,40%.Con ogni probabilità il Capo dello stato affiderà proprio a Janković l’incarico di formare il nuovo governo, ma nell’attesa dell’ufficializzazione dei risultati, già nelle prossime ore si inizierà a lavorare alle future alleanze.
In realtà sino all’apertura delle urne l’esito della consultazione appariva scontato. L’unica incognita semmai erano le proporzioni della vittoria dei Democratici di Janez Janša. L’uomo forte della destra slovena si era presentato con un progetto ambizioso: raccogliere da solo il 50% dei consensi. Che non ci sarebbe riuscito era noto da tempo, ma che venisse addirittura sconfitto era difficilmente ipotizzabile. Si era ben preparato per questa consultazione, i sondaggi lo davano in netto vantaggio, aveva un buon programma e aveva persino cercato di portarsi avanti con il lavoro chiedendo agli altri partiti di modificare, subito dopo il voto, la costituzione per consentire tempi più rapidi per la formazione del nuovo governo.
Lo sconfitto
Lui – che voleva anche una radicale riforma della magistratura, dove i giudici sarebbero stati soggetti a riconferme – adesso dai banchi dell’opposizione probabilmente avrà tutto il tempo per partecipare alle udienze del processo che lo vede coinvolto per le accuse di corruzione legate alla fornitura all’esercito sloveno dei blindati Patria. Già si speculava, infatti, sulla durata del processo e sul “legittimo impedimento” del premier in pectore per quelli che sarebbero stati i suoi gravosi compiti in tempi di crisi. In ogni modo proprio per consentirgli di affrontare al meglio le ultime battute della campagna elettorale, che vedeva tra i candidati anche il suo avvocato, i giudici avevano pensato bene di concedergli un primo rinvio.
A battere Janša comunque sono stati gli indecisi, coloro che sono venuti alle urne scegliendo il cosiddetto voto utile, di fronte all’ipotesi di una schiacciante vittoria del centrodestra che aveva fatto presagire scenari ungheresi.
Il vittorioso
La vittoria di Janković è di portata storica e per certi versi inimmaginabile sino a qualche anno fa. Forse è il segno che qualcosa è cambiato anche nella società slovena e nei suoi rapporti con il passato recente del Paese. In qualche modo, infatti, segna una sorta di riscatto per tutta una fetta di cittadini sloveni. Basti pensare che il sindaco di Lubiana è nato in Serbia e che sia il cognome sia l’accento denotano le sue origini “meridionali”. Questo non ha rappresentato un ostacolo per gli elettori sloveni, almeno non per quelli di centrosinistra, che prima lo hanno eletto con maggioranze schiaccianti sindaco di Lubiana ed ora gli hanno consegnato la poltrona di premier.
Non avrà vita facile. Janša ammettendo la sconfitta ha precisato che probabilmente la Slovenia avrà nuovamente bisogno di andare anticipatamente alle urne. In parlamento ha i numeri , con i suoi alleati di Nuova Slovenia, per poter comunque ostacolare i provvedimenti del governo con i referendum popolari e sulle riforme potrebbe ripetersi lo stesso scenario già visto con il governo Pahor.
Janković dovrà anche fare anche i conti con un partito messo su in fretta e furia, senza un chiaro programma politico e con deputati eletti che ha raccolto qua è là. Si va così dai transfughi del Partito socialdemocratico a quelli di Zares, per arrivare persino a personaggi che hanno alle loro spalle un passato nel Partito nazionale. Il suo primo problema sarà quello di trovare i numeri per governare.
Ad ogni modo il primo a correre in soccorso al vincitore, ovviamente, è stato il povero Borut Pahor che da tempo cerca di interpretare nella politica slovena il ruolo dello statista. Probabilmente si vede già al governo, possibilmente seduto sulla poltrona di ministro degli Esteri.
I socialdemocratici, dal 30% al 10%
Per ora è sicuramente riuscito nella non semplice impresa di far crollare il suo partito dal 30 al 10%. Tra quelli che hanno governato con lui l’unico a salvarsi è stato il Partito dei pensionati, che ha limitato i danni perdendo un deputato rispetto alle scorse politiche. Potrebbe essere una delle forze di governo, ma in cambio ha già fatto sapere che chiede garanzie sulle pensioni, sanità e scuola pubblica.
Per evitare la costosa alleanza con il Partito dei pensionati e anche solo per allargare la maggioranza il nuovo governo forse potrebbe poter contare sull’altra novità di questa consultazione elettorale: la Lista di Gregor Virant. Il dinamico ed efficiente ex ministro della Pubblica amministrazione del governo Janša, ha più volte ribadito di voler essere una formazione di centro e non si è dimostrato pregiudizialmente ostile ad un’entrata nell’esecutivo. Tra i punti chiave posti, però, la lotta alla corruzione e probabilmente anche qualche ministero importante come Giustizia ed Interni. A tutto ciò va inoltre aggiunta un’impronta liberista del partito che vorrebbe soprattutto uno stato leggero.
Difficile, ma non impossibile, invece un’estensione della maggioranza anche ai Popolari. Il partito, tradizionalmente legato al centrodestra, già in questo mandato ha spesso preso le distanze dalle posizioni più rigide dei Democratici ed ha cercato di presentarsi nel ruolo di opposizione costruttiva.
Sicura di voler restare all’opposizione invece Nuova Slovenia. La formazione conservatrice e tradizionalmente legata ai valori della Chiesa cattolica è riuscita a rientrare in parlamento dopo che alle scorse politiche era rimasta esclusa per pochi voti. E’ la prima volta che accade.
Non ce l’hanno fatta invece a superare la soglia di sbarramento del 4% tre degli attuali partiti parlamentari. Spariscono dal parlamento i nazionalisti di Jelinčič, uno dei personaggi più controversi della scena politica slovena. Lui adesso potrà godersi la pensione. Ha già acquistato un terreno in riva al mare nei pressi di Capodistria, dove vuole costruirsi una villa con piscina, da dove intende guardare il mare sorseggiando un aperitivo.
Fuori dal parlamento anche quello che restava della Democrazia Liberale di Drnovšek. Non c’è l’hanno fatta né i Demoliberali né Zares. Hanno pagato il governo Pahor, gli scandali che hanno coinvolto i loro presidenti e l’idea del voto utile.