Slovenia, a fianco della Palestina

L’opinione pubblica slovena sembra fortemente schierata con la causa palestinese. Sui muri non mancano graffiti che inneggiano alla Palestina e che chiedono giustizia per Gaza. Mentre il governo Golob nelle ultime settimane si è speso per mettere pressione su Israele

21/08/2025, Stefano Lusa -

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© hapelinium/Shutterstock

Hanno vinto e se ne sono andate senza salutare le loro avversarie. Le pallavoliste slovene all’inizio del mese erano impegnate nelle partite di qualificazione per i campionati europei in Macedonia.

Lo scontro decisivo si giocava contro Israele. Un match senza storia finito con un comodo 3-0, poi niente tradizionale stretta di mano tra le due squadre. Una decisione presa autonomamente dalle giocatrici slovene, senza che la federazione ne sapesse nulla.

È la più evidente cartina al tornasole di quale aria si respira nel paese. Non tutti sono d’accordo con loro, qualcuno crede che il loro gesto sia stato vergognoso, ma molti pensano che siano state delle eroine.

La Slovenia ci aveva messo parecchio a riconoscere la Palestina, l’idea era che non si dovesse fare da soli e che tutto andasse coordinato con il resto della comunità internazionale e soprattutto con l’Unione europea.

Dopo mille tentennamenti il riconoscimento è arrivato nel giugno dell’anno scorso, sull’onda di quanto stava accadendo nella Striscia di Gaza. Da allora la tradizionale prudenza nei rapporti con Israele è andata di giorno in giorno affievolendosi tanto che Lubiana sembra essersi messa alla guida della fronda europea della critica il governo Netanyahu.

A luglio ha fatto tappa in Slovenia Francesca Albanese, la Relatrice speciale delle Nazioni Unite per i diritti umani nei territori palestinesi. L’hanno accolta come una pop star e per sentirla tantissime persone hanno pazientemente fatto la coda per prendere posto nella sala dove doveva parlare.

Lì non sono mancate ovazioni e standing ovation e ad un certo punto è partita dal pubblico persino “Bella ciao”. A riceverla in Slovenia tutte le più alte cariche dello stato che hanno fatto a gara per parlare e fotografarsi con lei. Proprio mentre a Lubiana proponevano a gran voce di assegnarle il Nobel per la pace sono arrivate le sanzioni decise dal Governo americano nei suoi confronti, che non hanno mancato di provocare rabbia e sconcerto.

L’opinione pubblica slovena sembra fortemente schierata con la causa palestinese. Sui muri non mancano graffiti che inneggiano alla Palestina e che chiedono giustizia per Gaza. Alcuni ostentano le kefiah ed altri addirittura attaccano l’adesivo con la bandiera palestinese sulla loro auto.

Nel paese ci sono state partecipate manifestazioni filopalestinesi che hanno puntato il dito sul governo di centrosinistra per il suo atteggiamento troppo poco deciso. Così c’è chi vorrebbe che si interrompessero i rapporti diplomatici con Israele e ci si aggregasse al Sudafrica nella causa che ha intentato contro lo stato israeliano presso la Corte Penale Internazionale tacciandolo di genocidio nei confronti dei palestinesi nella Striscia di Gaza.

In ogni modo il popolo del centrosinistra ed i giornali hanno esercitato tutta la pressione possibile nei confronti dell’esecutivo. La Sinistra, il più piccolo e radicale partito di coalizione, ha cavalcato la protesta ed alla fine ha portato anche le altre forze di coalizione ad agire con più decisione.

Le elezioni si avvicinano e la questione palestinese può essere una buona carta da spendere in campagna elettorale per le forze politiche.

Il futuro del premier Robert Golob è incerto. Il suo governo non sembra aver concluso granché negli ultimi tre anni e mezzo e l’unica medaglia che può appuntarsi sul petto è quella di aver impedito a Janez Janša ed al suo centrodestra di rimanere al potere.

All’orizzonte nel centrosinistra si stanno delineando nuovi partiti che potrebbero presentarsi alle urne con i loro leader per diventare i nuovi padroni del vapore.

Da alcune settimane il premier sembra essere diventato un uomo deciso, tanto che ha rotto gli indugi ed ha abbracciato senza remore la causa palestinese. Tina Gaber, la sua promessa sposa, aveva già dato ad intendere da che parte stava. Tempo fa aveva scelto di presentarsi ad un incontro internazionale indossando i colori palestinesi. Adesso è venuta al Tour de France, dove aveva accompagnato il primo ministro per celebrare la vittoria di Tadej Pogačar, con un eloquente maglietta con su scritto “Stop the Genocide”, in cui compariva l’invito a sospendere l’accordo commerciale tra Unione Europea ed Israele.

A far capire che il centrosinistra intende fare sul serio anche il rifiuto della presidente del parlamento, Urška Klakočar Zupančič di incontrare la nuova ambasciatrice di Israele. La pittoresca esponente di punta di Movimento Libertà, il partito del premier, ha detto senza peli sulla lingua che a Gaza è in atto un genocidio e che il primo ministro israeliano Benjamin Netanyahu avrebbe dovuto già da tempo rispondere della cosa di fronte alla Corte Penale Internazionale.

Lubiana, così, si sta impegnando al pari di altri paesi e, forse anche più degli altri, per mettere pressione su Israele.

Nell’impossibilità di trovare un accordo a Bruxelles, per varare una serie di sanzioni che sarebbero gradite alla Slovenia, il governo ha deciso di mettere in atto una serie di gesti simbolici. Prima ha dichiarato “persone non grate” le figure più radicali del governo israeliano: il ministro delle Finanze Bezalel Smotrich e quello della Sicurezza Nazionale Itamar Ben-Gvir, poi ha vietato l’esportazione, l’importazione ed il transito di armi provenienti e dirette verso Israele ed infine ha proibito l’importazione e l’esportazione di prodotti verso i territori occupati.

In patria naturalmente non tutti sono d’accordo, soprattutto nel centrodestra. Per i democristiani di Nuova Slovenia procedere da soli non è una buona idea, mentre per il leader Democratico, Janez Janša, considerato un fido amico di Israele e dell’America, le misure adottate non servono ad altro che a danneggiare politicamente la Slovenia e per coprire le accuse di corruzione e le altre magagne di Golob e del suo governo.

L’attività di Lubiana naturalmente non è passata inosservata in Israele, dove in questo momento non sembrano essere preoccupati più di tanto. L’ambasciatore israeliano presso l’Unione europea e la Nato, Haim Regev, nelle scorse settimane ha, comunque, laconicamente dichiarato che la Slovenia non ha nulla da insegnare ad Israele in fatto di diritti umani, democrazia e stato di diritto.

In ogni modo nella prossima campagna elettorale l’atteggiamento verso Israele e la Palestina giocheranno un ruolo e non sarà marginale. Della questione nella società slovena si sta discutendo molto e come al solito lo scontro ancora una volta tra guelfi da una parte e ghibellini dall’altra.