Slovenia, a colpi di referendum

L’opposizione di centrodestra di Janez Janša ha vinto il referendum sulle integrazioni pensionistiche per meriti artistici: al di là del peso del quesito, piuttosto limitato, l’istituto referendario si conferma un’arma potente contro i governi in carica

14/05/2025, Stefano Lusa - Capodistria

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© Matej Kastelic/Shutterstock

Il centrodestra ha chiamato a raccolta i suoi elettori e ha vinto, il centrosinistra quasi compatto li ha invitati ad “andare al mare” e ha perso. Questo l’esito del referendum di domenica sulle integrazioni pensionistiche per meriti artistici.

Il 92% degli interpellati si è espresso a favore dell’abrogazione della legge. Con il boicottaggio di due partiti su tre da parte del centrosinistra di governo, l’unica incognita era quella che riguardava il raggiungimento del quorum.

La legge sui referendum in Slovenia prevede che bisogna vincere la consultazione, ma anche ottenere i voti di almeno il 20% del corpo elettorale per far sì che la consultazione sia valida.

Alle urne si è recato circa il 26% degli aventi diritto e oltre 400mila si sono espressi contro la proposta del governo. Il leader dell’opposizione di centro-destra Janez Janša aveva provato a mettere i bastoni tra le ruote al nuovo governo già all’inizio della legislatura, quando aveva promosso tre referendum.

In quell’occasione era stato sonoramente sconfitto, mettendo le ali al premier Robert Golob ed ai suoi uomini. L’entusiasmo degli elettori di centrosinistra non si era ancora affievolito dopo la vittoria alle politiche ed il capo del governo assieme ai suoi uomini continuavano a promettere mirabolanti e fantasiose riforme che poi non avrebbero mai preso corpo.

Adesso le condizioni sono cambiate e sarebbe stato difficile convincere i cittadini ad andare a votare solo per fare un dispetto a Janša, in un referendum che riguardava le pensioni di pochissime persone.

Il premier Robert Golob, intanto, fa finta di non capire il segnale che gli ha mandato il paese, visto che subito dopo il voto ha dichiarato che l’esito della consultazione confermerebbe che tre quarti della popolazione sarebbe con il suo governo.

Nel centrodestra si respira un clima di festa e ora si spera di potere presto riprendere in mano la Slovenia. Al Capo del governo si dice di rimettere i piedi per terra, di prendere atto del voto e di andarsene il più presto possibile.

Difficilmente accadrà, ma la campagna elettorale è oramai iniziata ed è destinata a diventare sempre più dura con l’avvicinarsi del voto del prossimo aprile.

Anche questa volta si è assistito all’ennesima brutta campagna elettorale che non ha fatto che confermare che la Slovenia continua ad essere divisa ed eternamente spaccata tra due schieramenti incapaci di collaborare tra di loro e di trovare una sintesi.

A fare le spese della lotta tra i partiti sono stati gli artisti o per meglio dire quei pochi che avrebbero avuto diritto ad un’integrazione pensionistica alla fine della loro carriera.

Al momento la questione è regolata da una vecchia legge jugoslava del 1974: secondo la norma il governo può decidere di integrare le pensioni ai cittadini meritevoli con una aggiunta straordinaria.

È stata la Corte dei conti a sostenere che i criteri non erano per nulla chiari. Il centrosinistra così ha cercato di correre ai ripari con una apposita norma, che toglieva alla politica il patrocinio sulle aggiunte.

Per poter avere l’integrazione ci sarebbe stato bisogno di vincere il premio Prešeren, il più prestigioso riconoscimento nazionale in campo culturale, mentre per ottenere una aliquota di aggiunta minore sarebbe stato necessario aver ottenuto un riconoscimento dal Fondo Prešeren o importanti premi internazionali.

Al momento l’integrazione riguarda un centinaio di persone. Secondo le stime se la legge non fosse stata abrogata il costo aggiuntivo annuo per le casse dello stato sarebbe stato di meno di duecentomila euro, mentre per organizzare il referendum ci sono voluti quasi sette milioni di euro. In parole povere si è speso in un giorno quello che si sarebbe erogato in più agli artisti nei prossimi trentacinque anni.

La battaglia come al solito è stata giocata senza esclusione di colpi e nel mirino è finita soprattutto quella parte della “creative class” slovena.

A farsi interprete delle sue esigenze soprattutto la Sinistra, il più piccolo e radicale partito di Governo, che controlla il ministero della Cultura. Nel corso di questo mandato non sono mancati provvedimenti che contribuiscono a migliorare la posizione degli artisti.

Non è un caso che proprio alcune delle loro opere siano state usate dal centrodestra per minare la legge. Del resto, la produzione artistica slovena tradizionalmente è provocatoria e controversa.

I lavori di Maja Smrekar e Simona Semenič sono apprezzati dai critici, tanto da finire nei musei, ma fanno storcere il naso a più di qualcuno. Entrambe sono vincitrici del premio del Fondo Prešeren e avrebbero avuto diritto ad un lieve ritocco delle loro pensioni quando sarebbero arrivate all’età pensionabile.

A finire negli slogan della campagna elettorale per il referendum contro le pensioni agli artisti una foto della Smrekar mentre allatta al seno un cane e una sequenza di scatti in cui la Semenič incinta appare avvolta in una bandiera slovena che taglia per far uscire il suo pancione.

Espressioni artistiche che fanno inorridire gli elettori di centrodestra e che sarebbero state premiate, secondo loro, da giurie imbevute di marxismo e scarso senso patriottico. Se non è iniziato un vero e proprio dibattito sull’“arte degenerata”, poco ci è mancato.

Alla fine, comunque le integrazioni previdenziali agli artisti non sono state cancellate, quelle restano almeno finché non verrà cassata anche la vecchia legge. Si è, quindi, cambiato tutto per non cambiare niente.

Del resto, i referendum in Slovenia non sono fatti per decidere su argomenti importanti, ma sono uno strumento nelle mani delle opposizioni per scardinare i governi in carica. Lo ha fatto in passato anche il centrosinistra, che nello scorso mandato aveva dato una spallata al governo con il referendum sull’acqua, e lo sa fare soprattutto il centrodestra e Janez Janša.

Janša, del resto, sapeva maneggiare la retorica populista anche quando il populismo non andava di moda. Il centrodestra ha così chiamato a raccolta i suoi elettori ed ha messo fieno in cascina in vista delle elezioni, mentre il centrosinistra ha alzato bandiera bianca, senza nemmeno provare a combattere.

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