Siria, la crisi vista da Cipro
Dopo che l’intervento armato statunitense in Siria era apparso imminente, la risoluzione Onu del 27 settembre ha abbassato la tensione nell’area. Nel quadro della crisi mediorientale però, Cipro, “portaerei inaffondabile”, ha dimostrato d’avere ancora un ruolo strategico nella regione
La guerra civile siriana alimenta una catastrofe umanitaria dal 2011, ma il 21 agosto l’accertato uso di armi chimiche contro civili, nella periferia di Damasco, ha attirato l’attenzione internazionale sulla tragedia siriana. Stati Uniti, Gran Bretagna e Francia sembravano orientati all’intervento armato, avendo fatto seguire alle parole i preparativi militari. La Turchia, i cui attriti con la Siria nelle zone di confine sono aumentati negli ultimi anni, si è dichiarata pronta a partecipare a un’eventuale coalizione.
La Repubblica di Cipro, a sua volta, in virtù della propria posizione geografica e della presenza di due basi militari britanniche, è stata integrata nello scenario di crisi. Il movimento di mezzi militari all’interno e intorno all’isola ha prodotto tensioni, tra la fine di agosto e l’inizio di settembre, nell’opinione pubblica greco-cipriota. Il portavoce del governo, Christos Stylianides, il ministro della Difesa, Fotis Fotiou, e il ministro degli Esteri, Ioannis Kasoulides, hanno cercato di contenere il senso d’allarme ribadendo che l’isola rappresenta un “centro di stabilità, pace e sicurezza” nella regione.
La crescita della tensione e la strategia di contenimento
Tali dichiarazioni sono state una replica alle preoccupazioni suscitate dall’arrivo di sei jet Typhoon britannici, all’inizio di settembre, e dalla missione di controllo, decisa con inconsueta rapidità, effettuata da due di essi nello spazio internazionale tra la Siria e Cipro, lo scorso 8 settembre. Come confermato dal ministro della Difesa britannico, due aerei da combattimento hanno attraversato lo spazio tra i due paesi, non rispondendo alle richieste d’identificazione provenienti da Cipro.
Gli esperti hanno interpretato l’accaduto come una risposta del governo siriano agli avvertimenti ricevuti dagli Stati Uniti e da altri paesi Nato. Gli aerei non identificati erano probabilmente due Sukhoi Su-24s di fabbricazione russa, dotati di armamento pesante.
Il 16 settembre un altro episodio è accaduto non lontano dall’isola, alimentando le tensioni nella regione. Un elicottero siriano, dopo essere entrato nello spazio aereo turco ed aver ricevuto un avvertimento da due jet F-16, è stato abbattuto all’altezza del confine tra la Siria e la provincia turca dell’Hatay.
Il senso d’allarme a Cipro è stato rafforzato dall’arrivo di una fregata francese nei dintorni di Larnaca, nella parte meridionale dell’isola, e di alcuni aerei francesi e statunitensi presso la base britannica di Akrotiri, nei pressi di Limassol.
Tutto ciò è parso difficilmente conciliabile con le parole di rassicurazione pronunciate dai rappresentanti della Repubblica di Cipro. Il portavoce del governo ha infatti dichiarato che in nessun caso l’isola sarebbe diventata una “base di operazioni militari”, e quindi un possibile bersaglio degli attacchi siriani. Alle sue parole ha fatto eco il ministro della Difesa, Fotiou, ribadendo che il ruolo della Repubblica di Cipro sarebbe stato limitato all’eventuale assistenza umanitaria, accogliendo i possibili profughi provenienti dalla Siria, dal Libano o da altri paesi limitrofi.
Fotiou ha aggiunto che proprio il riconoscimento di Cipro come territorio sicuro ha indotto i paesi coinvolti nello scenario di crisi a pensare all’isola come destinazione verso cui dirigere i propri cittadini in caso di necessità. Sarebbe contraddittorio, ha osservato il ministro, utilizzare come piattaforma d’attacco un paese d’accoglienza per le vittime del conflitto.
Tuttavia, alcuni analisti hanno osservato come sia difficile trascurare due dati di fatto: la vicinanza di Cipro alla costa siriana, a poco più di cento chilometri, e la presenza nell’isola, oltre alle basi britanniche di Akrotiri e Dhekelia, di sofisticate apparecchiature di spionaggio. Cipro ospita infatti la Joint Service Signals Unit, una delle maggiori postazioni di sorveglianza al mondo.
La presenza britannica e il valore dell’“inaffondabile portaerei”
La presenza militare britannica nell’isola risale al periodo coloniale (1878-1960) ed è stata consolidata con moderni sistemi di spionaggio durante gli anni della Guerra Fredda.
Oltre ad essere un fondamentale punto di passaggio per le navi dirette verso l’India attraverso il Canale di Suez, Cipro ha rappresentato per la Gran Bretagna e il blocco occidentale un’ “inaffondabile portaerei” (unsinkable aircraft carrier), il cui valore strategico nella regione è stato accresciuto da sofisticate apparecchiature di ascolto e sorveglianza.
Gli accordi che hanno sancito il passaggio dell’isola all’indipendenza, nel 1960, hanno permesso alla Gran Bretagna di mantenere due grandi basi militari lungo la costa meridionale, e il controllo su installazioni e siti sparsi sul territorio dell’isola. Per l’intelligence britannica in Medio Oriente, Cipro ha acquisito primaria importanza dopo la fine del mandato in Palestina (1948) e la crisi di Suez (1956). In generale, comunque, nella seconda metà del secolo scorso l’isola è stata base d’attività di spionaggio volta al confronto con il blocco sovietico e al rafforzamento dell’influenza militare del blocco occidentale in Medio Oriente e nel Mediterraneo orientale.
I piani per l’eventuale emergenza umanitaria
A seguito dell’attacco del 21 agosto e del possibile aggravarsi dell’emergenza umanitaria in Siria, le autorità della Repubblica di Cipro hanno delineato un piano di emergenza insieme ai rappresentanti diplomatici britannici, statunitensi e francesi.
Gli incontri tra il ministro degli Esteri, della Difesa, degli Interni, della Giustizia e delle Comunicazioni hanno definito una strategia da adottare in caso di fughe di massa di cittadini stranieri dalla Siria. Il ministro degli Esteri, in particolare, ha in più occasioni ripetuto che, pur non essendovi “una minaccia immediata” verso Cipro alla luce degli sviluppi di fine agosto, tutte le unità organizzative statali coinvolte nella gestione di un’eventuale emergenza si sarebbero preparate ad affrontare “qualunque evenienza”.
Il piano “Estίa” (focolare) include l’uso di porti e aeroporti della Repubblica di Cipro per l’evacuazione di civili, cittadini europei, o di altra nazionalità provenienti dai paesi limitrofi. Contando sull’esperienza maturata nel corso del conflitto tra Israele e Libano del 2006, il Piano prevede la trasformazione di grandi edifici in centri di accoglienza. Alla fine di agosto il ministro degli Esteri, Kasoulides, ha chiarito che la Repubblica di Cipro è in grado di accogliere diecimila profughi al giorno, a condizione che una cifra analoga lasci l’isola nelle 48 ore seguenti. Cipro avrebbe quindi il ruolo di rifugio temporaneo per le persone in fuga dalla guerra civile siriana.
Gli sviluppi diplomatici e la possibilità di una soluzione pacifica della crisi
Dopo il minacciato intervento statunitense, un’intensa attività diplomatica tra Russia e Stati Uniti, attraverso le figure del ministro degli Esteri Lavrov e del Segretario di Stato Kerry, ha prodotto un’inaspettata distensione. L’accordo raggiunto a Ginevra il 14 settembre, in base al quale il governo siriano ha accettato di disfarsi delle proprie armi chimiche, è stato seguito da un altro importante traguardo alla fine del mese scorso.
Il 27 settembre, infatti, il Consiglio di Sicurezza dell’Onu ha approvato la Risoluzione 2118, che implementa un programma per l’eliminazione delle armi chimiche e sostiene il processo di pace avviato a Ginevra. Se, da un lato, tale risoluzione rappresenta l’azione più significativa del Consiglio di Sicurezza dall’inizio della guerra civile siriana, dall’altro, trattandosi di un compromesso fra i membri permanenti dell’ONU essa, accogliendo le richieste di Mosca, potente alleato di Damasco, non prevede la possibilità di un intervento armato in caso di mancata collaborazione da parte del regime di Assad. Per ogni eventuale iniziativa militare sarà quindi necessaria una nuova risoluzione.
Pur con i loro limiti, tali sviluppi sarebbero apparsi impossibili solo due settimane prima, alla fine di agosto. L’ottimismo generato dal superamento della prospettiva di un’imminente azione militare contro il regime di Assad ha dischiuso la possibilità di credere in una soluzione diplomatica del conflitto. Facendosi interprete della nuova atmosfera, il Segretario generale delle Nazioni Unite, Ban Ki-moon, ha espresso l’auspicio di convocare intorno alla metà di novembre una “Ginevra 2”, conferenza di pace che potrebbe risolvere la crisi siriana. Nicosia continuerà a seguire con attenzione l’evoluzione dello scenario.