Sinfonia bulgara

Una tragica sinfonia ispirata alla società bulgara post-comunista. Dove denaro e sesso sono gli elementi che condizionano più di tutto le relazioni tra gli individui. Una recensione 

18/06/2015, Diego Zandel -

Sinfonia-bulgara

(vintagedept/flickr)

Un ritratto, molto disincantato, della Bulgaria post-comunista di oggi si ritrova nel romanzo “Sinfonia” di Zdravka Evtimova, per la traduzione di Francesca Sammarco, edito da Besa (pag. 250, €. 16,00). Dall’intreccio di personaggi e storie che, a capitoli alternati, si susseguono dando vita a un romanzo dalla lucida impronta critica, sembrano essere il denaro e l’eros i motori della sua società, per il resto tenuta tutta su da corruzione e violenza.

Proviamo a elaborare un quadro delle situazioni, evidentemente emblematiche, che l’autrice ha sottoposto a sviluppi in storie scritte con grandissima sapienza narrativa, capace anche di suscitare quel plusvalore di suspense che rende la lettura del libro avvincente anche al di là dell’interesse che già le situazioni in se stesse suscitano.

Allora, abbiamo Moni, una ragazza obesa, figlia ed erede assoluta degli enormi beni di un boss, ucciso per un regolamento di conti in mezzo alla strada, arricchitosi con mezzi fraudolenti e ruberie e di una bella donna ormai attempata a cui il marito non ha lasciato nulla e si vede improvvisamente costretta a dipendere, per la dolce vita a cui era abituata, dalla figlia, cioè Moni stessa, che non gliela renderà più così dolce. Moni è l’unica, nel romanzo, a scrivere – ad essere scritta – in prima persona, per il resto essendo generale l’uso della terza. Sarà quindi la sua personale visione del mondo, basata sul crudo esercizio del potere che deriva dal denaro, e il suo intimo sentire, non esente comunque di impotente tenerezza, accanto alla spietatezza dell’agire, lo specchio della società in cui vive.

Abbiamo poi un personaggio sottomesso come Di, studentessa, figlia di un’insegnante indigente che campa seguendo un amante che sa come procurarsi cibo intrufolandosi nelle presentazioni di libri o altre manifestazioni culturali in cui è previsto il buffet. Di, a sua volta, arrotonda facendo, in maniera non equivoca, la massaggiatrice, cioè fornendo massaggi a ricche signore annoiate, tra cui due che le richiedono particolari attenzioni. Una è la signora Becki Aneva, moglie del ricco signor Anev, la quale invece cerca in tutti i modi di avviare una relazione lesbica con Di per essersene innamorata; l’altra è una ginecologa divorziata, la quale chiede a Di di svezzargli sessualmente il figlio, un giovanottone così grande che “per passare dalle porte doveva abbassare la testa. Il suo addome aveva la forma di una torretta di carro armato. I suoi fianchi erano larghi, il suo petto era enorme e nessuna ragazza sana di mente lo prendeva sul serio”. A convincere Di ad accettare il triste incarico è la promessa di un alloggio caldo e cibo per la sua povera madre, che penserebbe anche, da parte sua, come insegnante, alla educazione del figlio. Ancora una volta, dunque, la ricchezza e il potere usati come strumento di relazioni umane.

Chi non ci sta a tutto ciò è Nora che incontriamo come cameriera presso la Pentola grassa, “un caffè di infimo ordine stretto sotto un tetto d’asfalto”, che con il suo lavoro mantiene tutta la sua famiglia, la madre che, stanca morta di lavoro, non viene quasi mai pagata nonostante le promesse, e due fratelli. Il padrone del caffè, Gozo, è un uomo volgare e violento che se la fa con le cameriere. E naturalmente, dietro la minaccia di essere licenziata, chiede anche a Nora di fare sesso con lui. La ragazza cerca di prendere tempo, lasciando credere che gli si sarebbe concessa, ma in un’occasione lui è troppo ubriaco per aspettare. “Gozo fece un passo verso di lei e lei calcolò che avrebbe potuto spingerla per terra sul pavimento”. In quel momento però entra un uomo nel caffè: è il ricco e potente signor Anev, marito di Becky Aneva, che provvederà invece lui a stuprarla. La reazione di Nora non si farà attendere: poco dopo troverà il modo di vendicarsi colpendo l’uomo alla testa con una pietra e, se non a ucciderlo, a mandarlo dritto all’ospedale. Un atto di ribellione che, quando scoprirà di essere rimasta incinta, si riverserà su tutti gli uomini, compreso Gozo (al quale per un po’, fino ad essere smascherata, lascerà credere di essere la donna del potente Anev), con i quali ha avuto questo tipo di umilianti relazioni.

Le diverse storie s’intrecciano in maniera dinamica, raccontate dai diversi punti di vista delle donne che vi compaiono, i cui nomi danno i titoli ai vari capitoli. E’ un mondo di carnefici e vittime, le quali ultime comunque, con l’eccezione di Nora, sembrano rassegnarsi all’ineluttabilità, senza mai ribellarsi, anzi cedendo nella disperazione di non potere fare nulla per opporsi. Viene fuori lo spaccato di un mondo cinico e crudele in cui a dominare è la legge del più forte. L’idea è che in Bulgaria, morto il comunismo, ai soprusi di quella dittatura si siano sostituiti quelli degli arricchiti, per altro, con l’imbroglio, lo sfruttamento, i ricatti, la corruzione, diventati ormai sistema.

Lo sguardo di Zdravka Evtimova, che con questo romanzo ha vinto il Premio Balkanika, è impietoso, anche, e forse ancor più, là dove usa le armi dell’ironia e del sarcasmo. Così impietoso da non salvare neppure le vittime, alle quali chiede piuttosto il riscatto, contro la più diffusa rassegnazione.

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