Silenzio sul Vardar

In attesa della dichiarazione di indipendenza del Kosovo, la Macedonia rimane silenziosa. Skopje non ha fretta di riconoscere il nuovo stato, ma non può dire di no ad Usa ed Ue, nonostante siano a rischio i rapporti con Serbia e Russia. Silenzio strategico o mancanza di strategia?

14/02/2008, Risto Karajkov - Skopje

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Sar planina, al confine tra Macedonia e Kosovo

In attesa della dichiarazione di indipendenza del Kosovo, che secondo quasi tutte le fonti dovrebbe arrivare con tutta probabilità nei prossimi giorni, la Macedonia rimane silenziosa. Nonostante si tratti di un avvenimento che la riguarda davvero da vicino, tutto nel paese sembra restare tranquillo. Ma si tratta di un silenzio strategico, o di mancanza di una vera strategia?

La Macedonia è il paese che corre i maggiori rischi (dopo la Serbia, naturalmente) quale che sia la direzione che prenderanno gli eventi in Kosovo. Nessuno dubita della capacità della vicina regione di causare a Skopje tensioni politiche e di mettere in gioco la sicurezza del piccolo stato, cosa già ampiamente dimostrata in passato. E la posta in gioco non è mai stata alta come in questo momento. In Macedonia, però, tutto sembra tacere. Ci si limita alla normale copertura informativa, mentre mancano del tutto le reazioni politiche.

Ivica Bocevski, portavoce del governo, si è limitato a ripetere pazientemente che "l’esecutivo segue da vicino lo sviluppo della questione".

La posizione ufficiale della Macedonia sulla questione kosovara è rimasta sempre nell’ambito del "supporto al piano Ahtisaari", e più in generale, all’allineamento alla politica della "comunità internazionale".

Molto presto, però, il paese potrebbe essere costretto a prendere decisioni meno elusive.

La Macedonia riconoscerà il Kosovo? Se sì, quando? La Slovenia è stata recentemente scossa da uno scandalo, quando è stata resa nota al pubblico la richiesta fatta pervenire a Lubiana dagli Usa di essere il primo paese della regione a riconoscere il nuovo stato. E la Slovenia è sicuramente toccata meno della Macedonia dalla spinosa questione, è a distanza di sicurezza dal Kosovo e attualmente presiede l’Unione Europea. Il Montenegro, a sua volta, ha fatto recentemente capire che da parte di Podgorica difficilmente ci si può aspettare un riconoscimento immediato.

Anche la Macedonia non avrebbe alcun interesse a riconoscere il Kosovo in modo affrettato, tutt’altro. Ma cosa succederebbe se le autorità di Skopje ricevessero la stessa lettera recapitata dagli americani a Lubiana? Gli Stati Uniti sono consapevoli dei rischi che corre la Macedonia, e si presume che non la vogliano porre il paese in una situazione di maggiore fragilità. D’altra parte, però, Skopje non è nelle condizioni di dire "no" ad una richiesta americana, così come non può opporsi all’Unione Europea, anche sa dall’Europa ci si potrebbe aspettare unaa posizione più cauta sulla questione.

Alcuni giorni fa, nella Conferenza sulla Sicurezza di Monaco, il presidente serbo Boris Tadic ha inviato una nota a tutti i paesi dell’area, invitandoli a non riconoscere il Kosovo e ricordando che "la Serbia ha rispettato l’integrità territoriale di ogni paese dell’area" durante i conflitti emersi negli anni passati. La Macedonia sembra proprio essere il primo destinatario di questo messaggio.

Al momento, ancora non appare chiaro quanto potrebbero essere decise le contromisure serbe in caso di indipendenza del Kosovo, contromisure che sicuramente si farebbero sentire anche in Macedonia.

Un embargo energetico avrebbe sicuramente un forte impatto sulla Macedonia. Senza far troppo chiasso, nelle settimane scorse il governo di Skopje ja già acquistato riserve aggiuntive di carbone. Tra l’altro, dal punto di vista delle risorse energetiche, la Macedonia sta già attraversando un periodo particolarmente difficile. Skopje ha problemi col suo fornitore di energia, l’austriaca EVN, l’Ue ha mosso chiare critiche rispetto ad alcuni punti della riforma legislativa avviata nel settore e infine si sono verificate varie avarie tecniche in alcune delle sue centrali. Una crisi energetica avrebbe sicuramente strascichi pesanti, trasformando in recessione la leggera crescita economica registrata al momento in Macedonia.

Ma questo non è lo scenario più nero. Cosa succederebbe in caso di sanzioni dirette decise da Belgrado nei confronti della Macedonia? E’ difficile anche immaginarlo. Sanzioni economiche? La Serbia è oggi il primo partner commerciale della Macedonia. Chiusura delle frontiere? Con una Grecia ostile, il muro di Schengen, i visti ora richiesti anche per la Bulgaria, questa mossa chiuderebbe definitivamente il paese in una sorta di ghetto.

Inoltre, ci sono da considerare i rapporti con la Russia, che negli anni scorsi ha avuto un atteggiamento corretto nei confronti di Skopje, ed è stata uno dei primi stati a riconoscere la Macedonia col suo nome costituzionale. La Russia ha minacciato di raffreddare i rapporti con chiunque riconoscerà il Kosovo indipendente. I media hanno riportato che, durante i lavori della Conferenza sulla Sicurezza tenutasi a Monaco, il presidente macedone Branko Crvenkovski ha ripetutamente dichiarato al vice premier russo Sergey Ivanov che la Macedonia non vede la questione in termini di esclusione reciproca, ma che vuole entrare nell’Ue conservando buoni rapporti con Mosca.

Nel prossimo futuro, la questione kosovara si rifletterà sulla Macedonia anche attraverso l’annosa disputa sul nome con la Grecia, che ha riacquistato forza negli ultimi mesi. Nel tentativo di stabilizzare i Balcani ( o di disimpegnarsi?) gli Usa spingono per vedere la Macedonia all’interno della Nato dopo il summit previsto a Bucarest tra sei settimane. La Grecia ha però minacciato ripetutamente che porrà il suo veto, se non si dovesse trovare una soluzione mutualmente accettabile sulla questione del nome. Nel caso in cui Atene dovesse portare fino in fondo le sue minacce, si assisterebbe ad un veto nella Nato per la prima volta dalla nascita dell’organizzazione. In questi giorni il segretario di Stato americano ha convocato a Washington i rappresentanti di entrambi i paesi, tenendo colloqui sia col ministro degli esteri macedone Antonio Milosovski, sia con il suo omologo greco Dora Bakoyannis. Circola la voce che gli Usa faranno una proposta dell’ultimo minuto, con la speranza di risolvere in extremis la diatriba.

Naturalmente, il punto interrogativo più grande riguarda gli sviluppi sul terreno. La Macedonia ha già da affrontare la delicata questione del villaggio di Tanusevci (dove, nel 2001, prese avvio lo scontro etnico nel paese), controllato dal comandante "Hoxha", un leader guerrigliero che vorrebbe staccarlo dalla Macedonia e congiungersi al Kosovo. In Macedonia ci sono molti altri potenziali "Hoxha", che potrebbero tentare di approfittare da una escalation della violenza. Il loro comportamento, però, dipenderà innanzitutto da come si svilupperanno le cose in Kosovo dopo la dichiarazione di indipendenza.

Il Kosovo e la Serbia nei mesi scorsi hanno già nettamente rigettato ogni proposta di spartizione, quando questa è stata posta sul tavolo negoziale. Niente da stupirsi, però, se la questione dovesse riproporsi dopo la dichiarazione di indipendenza. Il premier serbo, Vojislav Kostunica, ha già suggerito che, subito dopo la dichiarazione d’indipendenza, i serbi che ancora vivono nella provincia dovrebbero istituire una loro "municipalità", in quella che sembra prefigurarsi in una prima mossa verso la spartizione. Se le cose dovessero muoversi in quella direzione, la Macedonia non dormirà certo sonni tranquilli.

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