Sguardi adriatici: nuoto urbano, disobbedienza civile necessaria

In tutta Italia da mezzo secolo è vietata la balneazione negli ambienti portuali. Ma Fabio Fiori spiega perché è una norma ingiusta. Partendo da un tuffo dal Molo Audace di Trieste

28/09/2022, Fabio Fiori -

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Il "Bagno Maria" a Trieste - https://triestesegreta.blogspot.com

Qualche giorno fa ero a Trieste e mi sono tuffato dal Molo Audace. Che emozione! Che bello! Che gioia! Cielo azzurro attraversato da cirri altissimi e bianchissimi. Poca gente sul molo, una grande nave da crociera ormeggiata alla banchina destra della Stazione Marittima. Acqua blu, limpida, con la superficie appena screziata da una bava di Scirocco. Non era la prima volta e non sarà neanche l’ultima. Lì come in tanti altri porti mi sono tuffato e ho nuotato, con piacere. Doppio, perché dall’acqua sento la tua anima città, parafrasando Alberto Savinio.

Attenzione! Malgrado la consapevolezza di essere fuorilegge. Ma credo, con qualche argomento che andrò a riassumere, di essere nel giusto, di mettere in pratica un piccolo, ma importante, gesto di disobbedienza civile. Perché in tutta Italia da mezzo secolo è vietata la balneazione negli ambienti portuali e a Venezia, che dell’Italia riassume, concentra e amplifica molti vizi e virtù (a partire dal rapporto conflittuale con il turismo), praticamente ovunque. Allora proprio da Venezia avvio questo canto per il nuoto urbano, per rivendicare l’urgenza di ridiscutere un assurdo, generalizzato divieto di balneazione. Un divieto che priva Venezia, così come quasi tutte le città italiane, di una necessaria, educativa, divertente, sensuale, relazione con l’acqua salata. Chiarendo subito che questa riflessione non giustifica il malcostume di qualcuno che l’estate scorsa ha fatto sci nautico nel Canal Grande o in passato si è tuffato dal Ponte di Rialto. Un esibizionismo, spesso “ad uso social”, che non ha niente a che fare con il sacrosanto diritto al nuoto e al tuffo, nel nostro mare quotidiano. Perché protagonismo o maleducazione di pochi, non possono cancellare il diritto di tanti a giocare con l’acqua, a ritrovare e rinnovare i piaceri del tuffo e del nuoto. Attività che per altro sono ampiamente praticate, in acque molto, molto più inquinate!, nella Venezia del nord ad esmepio – Amsterdam – dove l’urban outdoor swimming è diffuso, anche nei canali in pieno centro, sia dai residenti che dai turisti.

Nuoto a Venezia

Facendo un breve salto indietro nel tempo, l’amica libraia Cristina Giussani mi ha raccontato ieri al telefono di quando a Venezia esistevano spazi dedicati al nuoto nei canali, “piscine salate”: la “Rari Nantes” del Dopolavoro Ferroviario sul Canal Grande in zona Santa Lucia e la “Passoni” alle Zattere, nel Canale della Giudecca, di cui in rete si possono trovare bellissime fotografie e testimonianze. Una memoria del nuoto nei rii ancora viva, come quella di un oste di un bacaro vicino all’ingresso dell’Arsenale, che qualche anno fa mi ha raccontato di come si insegnava ai bambini a nuotare proprio lì nel Rio dell’Arsenal, facendomi anche vedere una fotografia. Imperdibile ed emozionante è poi il documentario di 11 minuti “I nua … (Nuotano)”, di Enzo Luparelli ispirato a una poesia di Domenico Varagnolo, che ha scritto anche la sceneggiatura, premiato al Festival del Cinema di Venezia nel 1950. Senza dimenticare che a Venezia negli anni Quaranta del Novecento si svolgeva "Miglio Marino", una gara di nuoto in Canal di Cannaregio, dal Capitello al Ponte delle Guglie.

Consapevole della attuale complessità delle città e della doverosa (anche se spesso ossessiva) necessità di pianificare l’uso degli spazi urbani e portuali in particolare, penso che ogni città/porto, piccola o grande, dovrebbe avere un luogo natatorio cittadino. Una preziosa oasi urbana di pace e piacere che il mare regala, il nostro mare quotidiano, quello che bagna anche città e periferie costiere. Sarebbe un importante investimento in termini di educazione ambientale, per due motivi principali. Il primo forse banale, ma fondamentale, si lega alla crescente necessità di prodotti (anche ludici!) a km 0. Quindi non solo mele, pere e insalate a km 0, ma anche gioie, esperienze e svaghi a km 0. Il secondo più trasversale riguarda l’idea che solo chi frequenta gli ambienti naturali (ed è bene sottolineare che l’acqua salata è sempre e ovunque un ambiente naturale, anche se fortemente antropizzato, perché il mare è la nostra foresta blu!) ne diventa anche guardiano e difensore. Se io, i miei figli, amiche e amici nuotiamo ogni giorno nelle acque che bagnano la nostra città, saremo i primi a difenderle e a chiedere a gran forza che vengano monitorate e, se necessario, risanate. Così come saremo i primi a rivendicare il libero accesso alle rive, certi che il mare sia il primo bene comune di una Penisola. Declinando le parole del filosofo americano Henry David Thoreau, per altro pioniere e paladino sia dell’ambientalismo che delle battaglie per la disobbedienza civile, nuotando nelle acque delle nostre città ci togliamo di dosso “la polvere del lavoro”, ci regaliamo una gratuita e piacevole immersione nella natura.

Personalmente continuerò con discrezione a infrangere divieti, tuffandomi dalle dighe per nuotare, per rinnovare il desiderio di una indispensabile relazione carnale con il mare. Continuerò a rivendicare la gratuità del mare, a pretendere che il mare sia il primo bene comune di un paese immerso nel Mediterraneo. Ma continuerò anche a sognare le rive e i ponti veneziani affollati di bambini che si tuffano e poi nuotano nei rii, “fasendo un disordine / de onde, de schiuma / che crese, se ingruma / e slusega al sol”. Bambini di ogni età, perché l’acqua salata è anche miracolosa!

 

PS

Per chi voglia sapere e vedere! di più della storia del nuoto a Venezia, nei suoi canali e nella sua laguna, suggerisco i materiali disponibili online grazie al servizio degli archivi forografici del Comune di Venezia

Su YouTube è invece visibile il bel documentario I nua … (Nuotano)”

Anche a Trieste nell’Ottocento ci si tuffava e nuotava in acque portuali e alcune fotografie del “Soglio di nettuno” visibili in rete ne sono preziosa testimonianza

 

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