Sguardi adriatici: coste in movimento
Un iper-paese adriatico, una periferia, stretta tra una meravigliosa foresta blu e un intricato dedalo urbanistico. E’ questa oggi la costa italiana adriatica. Come rigenerarla? Se ne discute nel volume “Coste in movimento. Infrastrutture ambientali per la rigenerazione dei territori” a cura di Matteo di Venosa e Michele Manigrasso. Una recensione
Se da millenni, come già scriveva Platone, “ce ne stiamo intorno alle rive del mare come rane o formiche intorno a uno stagno”, negli ultimi decenni l’affollamento antropico è aumentato a dismisura. Un fenomeno sociologico ed economico, con pesanti ricadute ecologiche e paesaggistiche. Particolarmente rilevante in Mediterraneo, vista la densità popolativa della maggior parte delle nazioni costiere. Una trasformazione che chiede attenzione, rispetto, cura, per le tante, troppe ferite ambientali.
Occorre tener ben presente che le “coste sono per natura sistemi fragili”, scrivono Matteo di Venosa e Michele Manigrasso in apertura di “Coste in movimento. Infrastrutture ambientali per la rigenerazione dei territori” (Donzelli, 2022. 330 pp, 32 €), un volume collettaneo importante per tutti coloro che hanno a cuore gli ambienti costieri, urbani e naturali, sottolineando che questa partizione non ha senso in questo contesto antropizzato fin dalla notte dei tempi. Il libro parte da un’analisi documentata dell’evoluzione demografica e urbanistica di questo ambiente. In estrema sintesi è bene ricordare che il 30% della popolazione italiana vive in prossimità delle rive e le città costiere occupano il 13% del territorio nazionale. Ma ancor più impressionante è la densità di urbanizzazione, che è 5 volte superiore a quella media nazionale, già alta se confrontata con quella europea. Numeri che si sostanziano ad esempio nella visione dell’iper-paese adriatico dal finestrino del treno, salendo a Rimini e scendendo a Brindisi. Un viaggio ferroviario attraverso una periferia, stretta tra una meravigliosa foresta blu e un intricato dedalo urbanistico. Un paesaggio
che assomiglia a un quadro di Mimmo Rotella, un’infinita, fantasmagorica, irrefrenabile sovrapposizione di strappi, lacerti, squarci. Un décollages collettivo, tragico e comico, agghiacciante e inebriante, umano, divinamente umano nella sua follia. Un paesaggio che vede da generazioni impegnati milioni di italiani che strappano e appiccicano, con una indomabile natura matrigna che illumina od oscura, in maniera altrettanto capricciosa. Più prosaicamente, quasi un unico waterfront, riprendendo una parola usata in urbanistica, spesso abusata in politica e qualche volta sfruttata per giustificare speculazioni immobiliari.
Proprio a partire dall’origine e dai significati (al plurale!) della parola parte la riflessione di Matteo di Venosa, urbanista che insegna all’Università di Pescara e lavora da trent’anni sulle aree portuali italiane ed europee. Un excursus linguistico, storico e geografico fondamentale, per addetti ai lavori o abitanti consapevoli. Da narratore randagio delle rive mi permetto solo di aggiungere che qualsiasi intervento sul waterfront andrebbe studiato, progettato, realizzato e vitalizzato attraverso un watertale. Un racconto dell’acqua, della relazione degli abitanti di ieri e di oggi con l’acqua, sia lavorativa che ludica. Qualcosa di molto simile ha scritto anni fa anche Raffaele La Capria, che alla relazione tra l’uomo, la città e il mare, tutti nella dimensione urbana, ha dedicato il suo capolavoro, “Ferito a morte”, oltre a tanti altri importanti racconti e saggi. Una riuscita riorganizzazione e riqualificazione del waterfront, portuale o costiero, deve mettere al centro l’esperienza e il racconto di chi su quelle rive il mare lo frequenta e lo pratica. Una dimensione abitativa, lavorativa, ludica e narrativa, nell’accezione più ampia, che trova la sua sintesi d’approccio urbanistico nell’idea di “porto o costa come parco”, di cui sempre Matteo di Venosa ci chiarisce i significati urbanistici, a partire da esempi concreti italiani.
Di certo, una “manutenzione straordinaria” richiedono subito città e territori, a fronte degli effetti pesanti della crisi climatica, a cui si aggiungono problemi pandemici, disuguaglianze economiche, disomogeneità demografiche e conseguenti movimenti migratori. Criticità come occasioni di rigenerazione, scrive Michele Manigrasso, che declina un’idea di “città adattiva” al contesto costiero italiano, auspicando anche coraggiose demolizioni “per facilitare la relazione anche percettiva tra la città e il mare”. Coste come territori da riscrivere, parafrasando Romeo Farinella che in conclusione del libro sottolinea come occorra misurarsi con una “polisemia di significati quando si affrontano i problemi ambientali e urbanistici delle coste”.
Una polisemia narrata anche per immagini, quelle che impreziosiscono il volume, selezionate nel Concorso “Erosioni”, del 2021 promosso da Legambiente e curato dall’Osservatorio Paesaggi Costieri Italiani. Fotografie che restituiscono la gravità del fenomeno ma che, attraverso il loro lirismo, insegnano a guardare e invitano a curare.
Se a partire dal Novecento abbiamo assistito e, consapevolmente o inconsapevolmente, siamo stati partecipi a quella che Edoardo Zanchini e Michele Manigrasso hanno chiamato la “conquista della prima fila”, cioè una grande corsa, di famiglie e ombrelloni, case e stabilimenti, per portarsi il più possibile vicino al mare, pulsione mercificata da enormi speculazioni immobiliari e finanziare, nei prossimi decenni dovremmo cercare di riorganizzare, rinaturalizzare, rivitalizzare questa “prima fila”. Processi che, ci piaccia o meno, i cambiamenti climatici rendono urgenti, perché insistiamo, le rive sono ambienti particolarmente fragili. Ma l’urgenza dovrebbe nascere pure dalla consapevolezza che è inutile stare in prima fila se non si hanno occhi, orecchi e naso per godersi lo spettacolo del mare. Senza dimenticare che il mare è un abbraccio e un sapore, perciò bisogna tuffarsi e nuotare, rinnovando una relazione sana con il cibo. Perché un waterfront non sia uno shopping center o una zona residenziale esclusiva. Perché una riva urbana sia una piazza aperta al mare, alle sue grazie, alle sue gioie, alle sue pratiche.
Spunti adriatici
L’Osservatorio dei Paesaggi Costieri www.paesaggicostieri.org di Legambiente, con la collaborazione scientifica dell’Università di Pescara e di tante altre università ed enti di ricerca, svolge un monitoraggio su più fronti sulle aree costiere e sulle loro trasformazioni. Un’attività di stimolo e raccordo tra la ricerca, le amministrazioni, le associazioni ambientaliste e gli operatori economici. Diverse sono le iniziative promosse, tra cui un importante concorso fotografico, da cui sono tratte le immagini dell’articolo visibili anche online https://www.paesaggicostieri.org/tutti-al-mare . Dal 12 novembre 2022 sono disponibili le foto premiate nell’ultima edizione del concorso. Da segnalare anche il concorso letterario, in collaborazione con Primiceri Editore – Libri dell’Arco, e le Conferenza Internazionali "Coste in movimento", l’ultima delle quali si è svolta a Pescara, nell’ottobre scorso. E’ inoltre da poco stato pubblicato il primo numero della rivista Seascape (in versione cartacea e digitale www.seascape.it), dedicata al fenomeno dell’erosione costiera.