Serbia: una giornata quasi normale
Le lotte interne alla coalizione del governo serbo sono sfociate nelle dimissioni del ministro delle Finanze Mlađan Dinkić. Il governo del premier Cvetković per ora sta in piedi, ma non si sa ancora per quanto. Un ironico commento sulle recenti vicissitudini dell’esecutivo di Belgrado
Il premier serbo Mirko Cvetković ha recentemente dimissionato il ministro dell’Economia Mlađan Dinkić. Dinkić si è detto sorpreso dalla notizia. Il governo cade. Il governo non cade. Dinkić intanto dà le dimissioni “per rendere a Cvetković il compito meno gravoso” e promette appoggio al governo fino alla fine del mandato. Ma quando sarà, nessuno lo sa.
Così, grosso modo, è apparsa la scena politica serba dal 7 febbraio scorso quando è stata data la notizia dell’allontanamento di Dinkić. Di sicuro non c’è stato nessuno che non sia rimasto sorpreso dalla decisione del premier di destituire il ministro “più pericoloso” e “meno ubbidiente”, a causa del quale sono caduti del resto i due governi precedenti all’attuale.
Da un lato il premier è sempre stato considerato come uno che non si immischia più di tanto nemmeno nei suoi affari, figurarsi in quegli degli altri, dall’altro Dinkić ha sempre avuto il carattere del signor “untouchable”. E poi abbiamo l’alfa e l’omega della “democrazia” serba (leggi il presidente Tadić) che sino ad ora ha accettato di tutto pur di salvare la grande macchina denominata Governo serbo.
Siedo in ufficio, una giornata tranquilla. Non c’è niente di particolare in agenda. Eccetto gli scioperi degli insegnati, dei poliziotti e degli impiegati nel sistema sanitario. Di nuovo sono venuti quelli del Fondo Monetario Internazionale, per la celebrazione del sessantesimo giro di colloqui sull’enorme debito della Serbia. Tomislav Nikolić e il suo Partito del progresso serbo (SNS) hanno riunito 60.000 persone insoddisfatte e, dicono, chiedono elezioni anticipate. Dopo un paio di giorni veniamo a sapere che glielo avrebbe consigliato William Montgomery, ex ambasciatore americano a Belgrado, al quale intanto vanno 7.500 dollari al mese per consulenze … o meglio, rettifico … nessuno glieli dà, perché l’SNS è un partito onesto, non ha soldi così come non ne ha il cittadino medio serbo, tanto che il buon William offre consulenze gratis… e che altro se no? Ci sono qui anche quelli dell’Unione europea, venuti per l’ennesima volta a dire che la riforma della giustizia è necessaria e che ci sono anche altre cosette che non funzionano. Come dicevo, una giornata come le altre.
Un collega mi dice che Cvetković ha mandato a casa Dinkić. Ma non è possibile! Da quando Cvetković si mette a fare queste cose?! Accendiamo la tv, quando il premier sta davvero annunciando la decisione di destituire il ministro Dinkić e il segretario di Stato del ministero delle Finanze Slobodan Ilić. Il governo è stabile e continua a svolgere il suo lavoro, annuncia Cvetković. Alcuni minuti di incredulità. Si tratta forse dell’ouverture di nuove elezioni oppure i democratici al governo hanno già pensato a qualche scenario alternativo in cui il governo comunque sopravvivrà ancora qualche mese?
La sera del 7 febbraio la seduta della presidenza del G17 plus. Dinkić, che ne fa parte, dice di accogliere l’invito alle dimissioni. Ed in più afferma che non butterà giù il governo. Le dimissioni vengono date anche da Verica Kalanović, ministro per il Piano di investimento nazionale, sempre in quota G17. Dinkić sostiene che appoggerà il governo fino alla fine del mandato, e che proporrà nuovi ministri. Dice che Cvetković, e soprattutto Tadić, devono pensare bene cosa conviene loro fare, perché il governo non sta andando molto bene. Il giorno successivo dà le dimissioni: il parlamento non dovrà votargli la sfiducia e il buon Cvetković si è risparmiato la fatica di un confronto con i deputati.
Finisce così la più grave lite accaduta finora tra i democratici (DS) e il G17 plus, lite che dura dall’inizio di questa legislatura. Dinkić e Tadić si sono scontrati molte volte, ma mai con questa intensità, che ha avuto come esito l’”eliminazione” di Dinkić. Si sono scontrati così tante volte che non ci si ricorda più i tempi in cui andavano d’amore e d’accordo. Ogni volta su questioni di denaro. Dinkić ha preso per il G17 plus tutti i ministeri dove ci sono i soldi, ha scelto per se stesso la poltrona del ministero dell’Economia e per la sua suddetta collega quello del Piano di investimento nazionale. Il denaro è finito perlopiù nelle città e nei comuni dove sono è al potere il G17 plus o le Regioni unite della Serbia, gruppo di partiti locali fondato da Dinkić stesso.
Intanto, alcuni mesi fa, l’opinione pubblica è venuta a sapere che i cittadini a cui sono state distribuite gratuitamente azioni di aziende pubbliche riceveranno, al posto dei 1000 euro promessi, solo un centinaio di euro. Una balla, propagandata durante l’ultima campagna elettorale dal leader del G17, per la quale Dinkić ha accusato Tadić: sarebbe stato a suo avviso il presidente della Repubblica a dirgli di illudere senza problemi gli elettori, in modo da vincere insieme le elezioni. Si, per Dinkić almeno parte dei problemi attuali sarebbero dovuti anche alla crisi economica mondiale, ma il principale colpevole resta comunque Boris Tadić. Quest’ultimo, naturalmente, non ha gradito il modo con cui è stato chiamato in causa e ha definito Dinkić, in modo educato, un bugiardo.
Dinkić intanto – che negli ultimi due anni ha viaggiato in lungo e in largo per la Serbia con una schiera di media al seguito, inaugurando fabbriche su fabbriche, impianti su impianti, presentando investitori su investitori (chi avrebbe mai detto che nel periodo del suo mandato la disoccupazione sarebbe salita ad oltre 700.000 unità) – ha reso noto che la fabbrica slovena Gorenje aprirà un nuovo impianto in Serbia.
Non preoccupa affatto che la Gorenje stenti a funzionare in Slovenia, quello che gli dà fastidio è che questa fabbrica abbia già un impianto a Valjevo, e Dinkić ha pensato di aprirne uno nuovo a Zaječar. Ma perché provare fastidio? Il sindaco di Valjevo è del Partito democratico, mentre il sindaco di Zaječar e delle Regioni unite. Anche stavolta Dinkić ha dimostrato di giocare da solo e di non preoccuparsi molto dei suoi colleghi di governo.
Coraggioso è stato il segretario di stato del ministero delle Finanze (che tra l’altro è di Valjevo), suddetto Ilić che ha attaccato frontalmente il ministro. Il segretario di Stato Ilić ha accusato pubblicamente il ministro Dinkić di ordinare secondo un principio di partito dove si dovrà investire in Serbia
Il ministro si è offeso, lo ha accusato di tradire il governo e ha chiesto le sue dimissioni. Così come le dimissioni del premier. Dinkić ha detto di aver parlato con “l’amico Tadić” dicendogli che Cvetković ha ormai perso autorità e che le cose devono immediatamente cambiare altrimenti i partiti al potere saranno sconfitti alle elezioni. Al premier non è passato nemmeno per l’anticamera del cervello di dare le dimissioni. L’amico Tadić è rimasto zitto.
Il ministro dell’Economia ha fatto il passo più lungo della gamba. Cvetković (leggi Tadić) ha deciso che era abbastanza. Per la prima volta qualcuno ha preso di sorpresa Dinkić, cosa che tra i comuni mortali è stata accolta con un applauso. Cvetković in modo dimostrativo ha dimissionato Dinkić, e per tanto ha dovuto fare lo stesso con il segretario Ilić, non tanto per disaccordi con le posizioni di quest’ultimo, ma piuttosto per dimostrare che non tollererà nessun disordine interno. Ilić pertanto è diventato una vittima collaterale.
Il governo per adesso non è caduto. Le passioni sono momentaneamente rientrate. Dinkić mentre formalmente appoggia il governo, prepara i piani tattici per le elezioni. Sul collo di Tadić intanto soffiano i progressisti di Nikolić.
Tadić si è lanciato nelle dimissioni di Dinkić perché ormai ritiene sia meglio che i democratici si trovino alleati sin da ora, ed anche tra gli altri partiti. Nel frattempo il governo “aspetta” la candidatura per l’ingresso della Serbia nell’Unione europea. Ed anche noi aspettiamo giorni migliori.