Serbia, un mercato del lavoro ingiusto nella rabbia degli studenti

Disoccupazione dilagante, contratti precari, emigrazione. Oltre al declino degli standard democratici nel Paese, i giovani serbi "hanno motivi reali di insoddisfazione". Intervista a Nina Vujanović (Bruegel), autrice di un’analisi su un angolo poco analizzato delle proteste

07/07/2025, Federico Baccini Bruxelles

Serbia-un-mercato-del-lavoro-ingiusto-nella-rabbia-degli-studenti

Belgrado, Serbia, durante le proteste del 28 giugno 2025 - Foto D. Nenadić

Oltre sette mesi di proteste a oltranza degli studenti contro il regresso democratico e le tendenze autoritarie del presidente Vučić stanno evidenziando che il malessere e la rabbia sociale in Serbia è una questione reale, tutt’altro che passeggera.

Proteste che, mentre sono in aumento la repressione e la violenza delle forze di polizia, non perdono di intensità e portano ancora decine di migliaia di persone in piazza a chiedere il rispetto dei principi dello stato di diritto e nuove elezioni anticipate.

C’è però un fattore che, nell’analizzare le motivazioni e il significato di una delle mobilitazioni di massa più grandi della storia del Paese, rimane troppo spesso tra le righe.

"Abbiamo voluto indagare su altre questioni sistemiche che danno motivo ai giovani serbi di essere arrabbiati, come il mercato del lavoro, che è un aspetto importante per la vita delle persone", spiega così Nina Vujanović, Affiliate Fellow presso il think tank Bruegel, le ragioni che hanno spinto lei e la collega Nina Ruer a studiare le implicazioni economiche e sociali di un mercato del lavoro "ingiusto" nei confronti della popolazione giovanile.

In un’intervista per OBCT Vujanović evidenzia come l’analisi  parta "proprio dalle richieste" degli studenti stessi. Perché, nonostante il focus principale delle proteste sia l’erosione degli standard democratici, la mancanza di trasparenza e la corruzione, sono gli stessi manifestanti – spesso poco più che ventenni – a sottolineare che "vogliono un Paese che valorizzi la conoscenza e l’istruzione, non l’obbedienza". Ovvero le basi di un mercato del lavoro equo e che non li costringa a emigrare all’estero per trovare condizioni migliori.

In che modo le condizioni del mercato del lavoro in Serbia contribuiscono alla disillusione e alla rabbia dei giovani?

Questa è proprio la questione che ci ha spinte a indagare su questi temi. La Serbia è un Paese che molte persone stanno lasciando. Secondo il Regional Cooperation Council, il 41% dei serbi considera la possibilità di trasferirsi all’estero per lavoro.

È una percentuale significativa della popolazione, trascinata soprattutto dai giovani. Quando abbiamo esaminato questi dati, abbiamo visto che c’è più di un elefante nella stanza.

In primis il tasso di disoccupazione. Nel 2023 era pari al 9,4% a livello generale, ma quasi il doppio per i giovani tra i 20 e i 29 anni—il 17,9%. Sebbene la disoccupazione giovanile sia un problema anche in altri Paesi europei, il divario tra il tasso di disoccupazione giovanile e quello complessivo in Serbia è particolarmente ampio.

A questo si aggiunge un notevole divario generazionale nel livello di istruzione, forse dovuto ai cambiamenti nel sistema educativo degli ultimi decenni: la percentuale di persone con un’istruzione terziaria tra i 20 e i 29 anni è di circa un terzo, rispetto al solo 18% tra gli over 55. Tuttavia, i giovani sono anche più esposti a contratti precari, con oltre il 70% di loro che accetta lavori temporanei semplicemente perché non riesce a trovare un’occupazione permanente.

Un altro dato preoccupante è che una persona su cinque nella fascia 20-29 anni non lavora, non studia e non segue alcuna formazione. Di questi, il 23% non crede che ci sia un mercato del lavoro equo. Si tratta di un livello significativo di disimpegno.

Guardando al quadro più ampio del mercato del lavoro serbo, con un alto tasso di disoccupazione e un salario medio pari a circa 900 euro al mese, è comprensibile che ci sia sfiducia nel fatto che la conoscenza e l’istruzione possano essere effettivamente valorizzate.

Chi sono esattamente questi "giovani" che avete analizzato?

È importante ricordare che stiamo parlando della Gen Z, una generazione cresciuta in modo diverso da quelle precedenti. Quelli che oggi hanno tra i 20 e i 29 anni hanno avuto accesso a Internet e a una vasta gamma di fonti mediatiche.

È molto difficile per un governo ingannarli, perché possono basare le proprie opinioni su diversi tipi di informazioni. E sono anche meno tolleranti nei confronti di ciò che non condividono, o se hanno motivi reali di insoddisfazione.

La Gen Z, insieme ai Millennial, è destinata a costituire in poco tempo i due terzi della forza lavoro e avranno un ruolo sempre più decisivo nell’economia del Paese. Anche per questo è essenziale ascoltare e rispondere alle loro esigenze. Grazie alle loro competenze digitali, sempre più importanti anche in Serbia, entrambe le generazioni saranno molto richieste sul mercato del lavoro.

Quali potrebbero essere le conseguenze per la società e l’economia serba, se queste criticità continueranno ad aumentare?

La Serbia – come l’Unione europea – sta attraversando una doppia transizione, digitale e verde, che richiede competenze specializzate. Spesso la forza lavoro deve essere riqualificata affinché queste transizioni possano essere attuate con successo, ma in ogni caso ci sarà un aumento della domanda in alcuni settori dell’economia europea.

Considerata questa domanda di lavoratori specializzati nel settore digitale e l’evidente malcontento tra i giovani in Serbia, esiste il rischio reale che il Paese possa perdere questa quota di forza lavoro vitale.

Se questi giovani non cambieranno la Serbia – che è il loro obiettivo finale – la abbandoneranno per un altro Paese. Si tratta di una preoccupazione reale, considerato che il 40% dei cittadini valuta la possibilità di lavorare all’estero.

Le potenziali conseguenze sono gravi. La Serbia ha bisogno di capitale umano per riuscire nella doppia transizione, anche considerato il suo status di Paese candidato all’adesione all’UE e la nuova priorità europea di una crescita economica guidata da innovazione radicale e capitale umano. I candidati all’adesione devono tenere conto della Bussola per la competitività dell’UE.

Ma attualmente la Serbia è in ritardo in termini di innovazione. Rimane un’economia basata sulla produzione, in cui le imprese innovano in modo incrementale – acquistando nuovi macchinari, attrezzature o know-how esterno – piuttosto che attraverso un’innovazione radicale più costosa e basata sulla ricerca e su investimenti sostanziali in capitale umano.

In una prospettiva a lungo termine, trattenere questa generazione più istruita e con competenze digitali non è solo importante, ma essenziale.

Cosa potrebbe accadere se le proteste studentesche dovessero fallire?

Nel nostro studio abbiamo sottolineato che si tratta delle proteste più grandi mai viste in Serbia, e forse anche nei Balcani.

Credo che il cambiamento avverrà, perché questa giovane generazione avrà un peso sempre maggiore nella società e costituirà una quota più consistente della popolazione e della forza lavoro serba. Ha accesso a diverse fonti e può informarsi facilmente.

Anche se in questo momento particolare le proteste non dovessero avere successo, si tratta di un cambiamento generazionale che non può essere fermato.