Serbia, salvaguardare il patrimonio vinicolo di Rajac
La regione di Negotin è una delle aree vinicole più apprezzate in Serbia. Un’associazione di giovani entusiasti si impegna per preservare le cantine tradizionali, note come pivnica, vero monumento alle tradizioni e alla cultura locali. Un reportage

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Foto - Filip Paraskević
(Originariamente pubblicato dalla rivista Vina Kultura Journal )
Qui a Rajac, vicino a Negotin, nella Serbia orientale, le cantine tradizionali (note come "pivnica") sono parte integrante della cultura e del patrimonio vinicolo locale. Ci sono circa duecento case in pietra, la maggior parte delle quali vanta una cantina.
Grazie ad una nuova associazione, Mladi sa Rajačkih pivnica ("Giovani per le pivnica di Rajac"), il loro futuro è in buone mani. Jelena (pivnica Zagorac), Marko (Tenuta Est), Smiljana (vinarija Raj), Nemanja (pivnica Butke) e Kristina (vinarija Dalia), le menti e l’ispirazione dell’Associazione, parlano con una sola voce. "Ci siamo ispirati alle pivnica stesse e al fatto che siano rimaste dimenticate e abbandonate al tempo", raccontano, aggiungendo che "la nostra regione è una zona vitivinicola da generazioni, e negli ultimi anni la tradizione ha iniziato a scomparire".
Negotinska Krajina è una delle regioni vinicole più apprezzate della Serbia, con una tradizione che risale all’epoca romana. Le pivnica furono costruite all’inizio del XIX secolo a Beli brega, sopra il villaggio di Rajac, un villaggio che l’Associazione descrive come l’unico "in Serbia costruito come se ci vivesse solo il vino".
Molti le chiamano "pimnica" in contrapposizione a "pivnica", poiché quest’ultima può anche riferirsi a un luogo in cui si produce la birra. Inoltre, gli abitanti del posto spesso "macellavano" le lettere "v" e "m", per usare la terminologia dell’Associazione, aumentando la confusione. Tuttavia, insiste l’Associazione, "il nome originale è con la v".
"Le pivnica erano costruite con l’arenaria che gli abitanti del posto estraevano dalle cave intorno al villaggio", spiega l’Associazione, "ogni casa del villaggio costruiva la propria pivnica sulla collina". Lo scopo era chiaro: "la produzione e la conservazione del vino". La loro unicità è tale che da tempo sono considerate candidate a diventare Patrimonio dell’Umanità UNESCO.
L’età dell’oro della pivnica fu durante la fillossera, che devastò i vigneti in tutta Europa. I viticoltori alla ricerca di un’area simile a Bordeaux si imbatterono infine nella regione incontaminata di Negotin. "Si ritrovarono nelle cantine di Rajac, pagando una botte da 50 litri di vino con un ducato di Napoleone", ricorda la memoria collettiva dell’Associazione, descrivendola come una "prosperità che non si è più ripetuta fino ad oggi".
Che siano i giovani a dimostrare tale intraprendenza può sorprendere alcuni, finché non si sente il forte senso del territorio che guida la loro filosofia e il loro approccio. "Siamo cresciuti con il vino e i vigneti, era naturale per noi sentire il bisogno e il dovere di fare qualcosa per preservarli dall’oblio e, allo stesso tempo, sfruttare l’enorme potenziale del terroir", riflettono.
Sebbene molte pivnica siano state abbandonate o riconvertite, alcune esistono ancora oggi. E anche se "oggi non svolgono più il loro scopo primario, rappresentano un monumento culturale di un popolo", insiste l’Associazione. Per i suoi membri, preservare tali monumenti culturali è considerato essenziale per sostenere l’identità e la cultura del Paese e del suo popolo. Nel loro caso, è "l’identità del popolo da cui provengono" che temono di perdere. "I giovani devono conoscere le proprie origini", concludono.
Perché queste sono più che semplici costruzioni, sono luoghi con uno scopo e un significato. Un senso di tradizione permea ogni singola pietra. È un’atmosfera di autenticità che favorisce il consumo di vino. In questi spazi ho assaggiato, in compagnia di buoni amici, bottiglie che raramente avevano lo stesso sapore una volta aperte a Belgrado.
Le pivnica hanno una nuova funzione grazie all’impegno dei membri dell’Associazione nella produzione vinicola, con la riqualificazione della viticoltura nella Serbia orientale tra gli obiettivi principali. "I giovani sono qui per continuare la viticoltura, l’arte della vinificazione e la conservazione delle birrerie stesse", dichiarano con decisione.
Lo sviluppo di vigneti sostenibili può fornire mezzi di sostentamento in quella che definiscono "una parte un po’ dimenticata della Serbia". L’Associazione prevede di piantare il maggior numero possibile di vigneti, concentrandosi su varietà locali dimenticate.
"Il dott. Miroslav Nikolić dell’Università di Belgrado, originario delle pivnica di Rajac, sta attualmente conducendo una ricerca molto interessante sull’antica varietà locale Prokupac, in collaborazione con la facoltà di Rioja, dove hanno fatto scoperte affascinanti", raccontano i giovani con contagioso entusiasmo.
Si stanno anche svolgendo ricerche su altre varietà uniche come Bagrina, Crna Tamjanika e Začinjka, e si stanno sperimentando nuovi e vecchi approcci alla vinificazione, tra cui "champagneizzazione, petnat, vini carbonici e miscele bizzarre". Propongono etichette giocose e artistiche e sono aperti alla collaborazione con altri viticoltori.
"L’idea è anche quella di attrarre più giovani a dedicarsi alla viticoltura e alla vinificazione, alla produzione biologica e anche all’esportazione di vini per rappresentare la nostra regione all’estero", concludono. È una visione tangibile e realistica. Se gran parte del patrimonio culturale serbo è lasciato al degrado, l’esempio di Mladi sa Rajačkih pivnica può dare ispirazione, si spera, a molti altri.












