Serbia: sale la tensione politica
Si intensificano le proteste in Serbia, oltre cinquanta città coinvolte e decine di migliaia di cittadini. Governo e presidente minimizzano e pensano al voto anticipato, elezioni però che oggi l’opposizione boicotterebbe
Da circa due mesi decine di migliaia di persone marciano una volta alla settimana in un pacifico corteo di protesta per le vie di Belgrado e di altre città della Serbia, chiedendo le dimissioni dei vertici del governo, il rafforzamento della democrazia e dello stato di diritto e la fine della partitocrazia.
Secondo i funzionari dell’esecutivo e i principali media serbi – che danno ampio risalto alle loro dichiarazioni – si tratterebbe solo di "una manciata di violenti che odiano la Serbia e il presidente serbo Aleksandar Vučić", pronti "a compiere tradimenti e imbrogli di ogni tipo".
La polarizzazione tra opposizione e governo cresce di giorno in giorno, provocando un drammatico aumento di tensione nella società serba che, se questa situazione dovesse persistere, potrebbe sfociare in atti di violenza.
Finora le proteste sono state organizzate in più di 50 città della Serbia e alcuni indizi suggeriscono che questo numero potrebbe aumentare. La manifestazione tenutasi lo scorso sabato a Belgrado, dove i cittadini protestano ormai da otto settimane, è stata finora la più massiccia. Decine di migliaia di persone (le stime non ufficiali parlano di circa 50mila) hanno sfilato in un lungo, denso corteo per le vie centrali della capitale.
Diverse migliaia di persone si sono radunate anche a Kragujevac, Novi Sad e in altre città serbe, e le manifestazioni hanno avuto un grande risalto sui social network che stanno diventando sempre più popolari e influenti in Serbia. Le forze di opposizione e i movimenti civici ritengono che aumenterà non solo il numero delle città aderenti alla protesta, ma anche il numero dei partecipanti alle manifestazioni.
Alcuni tabloid vicini al governo hanno riportato che alla manifestazione organizzata lo scorso sabato a Belgrado avrebbero partecipato solo 1.500 persone, nonostante tutte le immagini delle proteste pubblicate sui social network e su quei pochi media che non sono sotto l’influenza del governo mostrino una folla di persone.
I tentativi di sminuire il numero dei partecipanti alle manifestazioni non fanno altro che alimentare il malcontento e, in ultima analisi, contribuiscono alla costante crescita del movimento di protesta contro la leadership al potere.
L’impressione generale è che il cuore delle proteste a Belgrado sia costituito da membri della classe media, professori, studenti e artisti, quindi da persone istruite che dispongono di competenze e mezzi tecnologici necessari per giungere a informazioni oggettive.
La coalizione di governo e il presidente Vučić non hanno ancora trovato un’adeguata risposta alle proteste. Attualmente stanno conducendo una dura campagna finalizzata a presentare i manifestanti come violenti.
La polizia ha arrestato alcuni ragazzi che durante le proteste dello scorso sabato a Belgrado sventolavano dei cappi da impiccagione. Ora, gli esponenti del governo i media filo governativi affermano che questo episodio dimostra in modo inequivocabile che il malcontento di chi protesta, compresa l’opposizione, è fondato sull’odio e sulla violenza.
Il caso è ancora oggetto di indagine, ma è chiaro che i rappresentanti del potere hanno cercato di manipolare la notizia. Le “installazioni” come repliche di una forca compaiono spesso durante le proteste e non significano necessariamente che chi le porta abbia davvero intenzione di impiccare qualcuno, né tanto meno riflettono l’atteggiamento generale dei partecipanti e degli organizzatori della protesta.
Campagna
La campagna finalizzata a presentare gli esponenti dell’opposizione e i partecipanti alle proteste come inclini alla violenza ha effetti limitati, ma probabilmente trova terreno fertile tra i sostenitori del partito al governo, il Partito progressista serbo (SNS).
Tra gli oppositori del governo questa campagna suscita ulteriori preoccupazioni e timori che le divisioni presenti nella società serba potrebbero ulteriormente approfondirsi, alimentando la convinzione, diffusa tra le forze di opposizione, che il dialogo con il governo non sia più possibile.
L’opposizione cerca di compattarsi e unire le forze, sperando che prima o poi otterrà il sostegno di Bruxelles e Washington. Gli incontri tra i rappresentanti di diversi partiti di opposizione sono sempre più frequenti e ci sono stati anche tentativi di stabilire un dialogo e qualche forma di collaborazione con i movimenti civici e le organizzazioni non governative che partecipano attivamente alle proteste.
Il presidente Vučić in un primo momento aveva annunciato la possibilità di indire elezioni parlamentari anticipate, probabilmente ritenendo che la coalizione di governo ne sarebbe uscita vincitrice dal momento che, oltre ad avere accesso a tutte le risorse pubbliche, controlla le principali istituzioni statali e i media più influenti del paese.
Tuttavia, Vučić non ha ancora intrapreso alcuna azione concreta in tale direzione e ha buoni motivi per temere che indire elezioni anticipate possa rivelarsi una mossa rischiosa, sia per quanto riguarda i rapporti con i paesi vicini sia tenendo conto dell’attuale situazione sulla scena politica serba.
Il primo motivo per cui Vučić esita a sollecitare elezioni anticipate è legato all’atteso proseguimento dei negoziati sulla normalizzazione delle relazioni tra Serbia e Kosovo.
Bruxelles e Washington chiedono che i negoziati vengano ripresi e conclusi il più presto possibile, ma se Belgrado dovesse indire elezioni anticipate non sarebbe possibile compiere alcun passo in avanti nei negoziati prima della pausa estiva del parlamento, e forse nemmeno prima dell’autunno.
Il secondo motivo dell’esitazione nell’indire elezioni anticipate è legato al fatto che il malcontento degli oppositori del governo sta crescendo e al momento non vi è alcun indizio che un’eventuale decisione di indire elezioni anticipate sarebbe sufficiente per fermare le proteste. Anzi, le forze di opposizione, i movimenti civici e altri oppositori del governo che manifestano per le strade di Belgrado e di altre città della Serbia potrebbero decidere di rafforzare la resistenza durante la campagna elettorale.
A prescindere dal fatto che i partiti di opposizione decidano di partecipare alle elezioni anticipate e di boicottarle, è chiaro che oggi si trovano in una posizione più avvantaggiata rispetto a quella in cui erano alla vigilia delle ultime elezioni politiche.
In queste circostanze, Vučić con tutta probabilità preferirebbe evitare elezioni anticipate e riprendere i negoziati con Pristina, nei quali, a dire il vero, dovrà fare grandi e spiacevoli concessioni, ma ogni sua decisione in merito probabilmente riceverebbe il via libera del parlamento serbo, dal momento che la coalizione di governo gode di una maggioranza parlamentare di quasi due terzi. Inoltre, se Vučić dovesse compiere importanti passi in avanti nei negoziati con Pristina, sicuramente otterrebbe un maggiore sostegno di Bruxelles e Washington.
In questo caso, probabilmente, il presidente serbo riuscirebbe a mantenersi al potere fino alla scadenza naturale del mandato dell’attuale parlamento e, con un maggiore sostegno finanziario dell’Occidente, a intraprendere azioni volte a migliorare la situazione sociale ed economica del paese.
Boicottaggio
Bruxelles e Washington, pur essendo meno entusiaste rispetto al passato, continuano a riporre fiducia nella capacità di Vučić di giungere alla normalizzazione dei rapporti con il Kosovo. Ne è prova il fatto che l’appello che il presidente serbo ha recentemente rivolto all’Unione europea e agli Stati Uniti – chiedendo loro di esercitare maggiore pressione sul governo di Pristina affinché vengano revocati i contestati dazi doganali imposti sui prodotti serbi – è stato accolto positivamente, e sia Bruxelles che Washington hanno intensificato i loro sforzi al riguardo.
Tuttavia, non vi è alcuna garanzia che il problema dei dazi sarà risolto a breve né che il presidente Vučić, qualora dovesse assumere un atteggiamento costruttivo nei confronti della questione del Kosovo, potrà continuare indisturbato a scagliarsi contro l’opposizione e a rafforzare l’attuale sistema di governo basato sulla sua autorità personale piuttosto che sulla credibilità delle istituzioni.
Poco organizzate e prive di qualsiasi sostegno finanziario e di ogni altro tipo, le forze di opposizione e i movimenti civici non si preparano a una vittoria elettorale veloce, bensì a una lunga resistenza al potere.
Secondo fonti ben informate, i principali partiti di opposizione già da qualche tempo discutono della possibilità di boicottare eventuali elezioni anticipate, convinti che il presidente Vučić non accetterà le loro richieste relative al rispetto di alcune condizioni indispensabili per il corretto svolgimento delle consultazioni, compresa la parità di accesso ai mezzi di informazione durante la campagna elettorale.
Gli esponenti dell’opposizione ritengono che, se decidessero di partecipare alle elezioni alle condizioni attuali, potrebbero subire umiliazione e una vera e propria débâcle, per cui sarebbe più vantaggioso, dal punto di vista politico, lasciare che Vučić e la coalizione di governo organizzino le elezioni alle loro condizioni.
Le principali forze di opposizione contano anche sul fatto che alcuni partiti fuori dalla compagine governativa – come l’ultranazionalista Partito radicale serbo (SRS), il Partito liberaldemocratico (LDP) e altre piccole formazioni – probabilmente parteciperanno alle eventuali elezioni anticipate e che l’attuale governo cercherà di sfruttare tale situazione per dimostrare che il processo elettorale vede coinvolte diverse opzioni politiche.
I leader dei partiti di opposizione sarebbero consapevoli del fatto che il boicottaggio delle elezioni potrebbe comportare l’assenza di qualsiasi controllo sul processo elettorale e, di conseguenza, la coalizione di governo potrebbe manipolare il numero degli effettivi votanti nonché il risultato delle elezioni.
L’opposizione spera di riuscire a convincere una parte dell’opinione pubblica serba e la comunità internazionale che le elezioni alle quali non partecipano i principali partiti antigovernativi non sono da ritenersi pienamente legittime.
Gli esponenti dell’opposizione probabilmente partono dal presupposto che Bruxelles e Washington potrebbero interpretare un’eventuale decisione di indire elezioni anticipate come un tentativo di rinviare la soluzione della questione del Kosovo, e questo potrebbe implicare un indebolimento della posizione di Vučić e della coalizione di governo.
Anche molti movimenti civici e organizzazioni non governative che giocano un ruolo importante nell’organizzazione e diffusione delle proteste sono favorevoli al boicottaggio delle elezioni e probabilmente criticherebbero l’opposizione se decidesse di partecipare alle elezioni in condizioni non eque.