Serbia: quando il salario è minimo
In Serbia sindacati e datori di lavoro negoziano ogni anno il salario minimo. Quest’anno non hanno trovato un accordo ed alla fine è stato il Presidente Aleksandar Vučić a decidere. Preoccupante il fatto che una fetta rilevante dei lavoratori percepisca salari vicini a quello minimo
Con il nuovo minimo salariale netto annunciato per il 2021 di circa 32 mila dinari (272 euro variabili in base al numero di giorni lavorativi mensili, +6,6% rispetto all’anno scorso), la Serbia non fa passi avanti rispetto agli altri paesi della regione balcanica. E preoccupa che la forbice tra il salario minimo e la maggior parte di quelli percepiti dai lavoratori della Serbia si stia sempre più assottigliando e non a causa dell’aumento del tenore di vita di chi si trova in fondo, ma del fatto che siano sempre di più quelli sulla soglia di povertà.
Un’analisi che confronta i salari minimi nella regione balcanica, pubblicato sul sito web dell’Associazione serba dei sindacati Indipendenza “UGS Nezavisnost ”, rivela che in Serbia un dipendente su sei riceve il salario minimo, addirittura la stessa percentuale vive con solo il 10% in più, mentre più del 60% del totale dei lavoratori porta a casa una busta paga più povera della media nazionale. Percentuali costanti da anni.
In Serbia gli imprenditori hanno una sola associazione rappresentativa a livello nazionale, l’Unione dei datori di lavoro della Serbia – Unija poslodavaca Srbije – mentre i sindacati si dividono in due organi: i Sindacati del ramo unito Indipendenza (UGS) – Ujedinjene granske sindikate Nezavisnost – e la Federazione dei sindacati indipendenti della Serbia (SSSS) – Savez samostalnih sindikata Srbije. È bene subito rimarcare che le posizioni negoziali di questi attori politici in tutti i paesi dell’ex Jugoslavia, si sono negli anni notevolmente indebolite, dando spazio sempre più a un intervento governativo dall’alto; questa debolezza si è vista anche quando gli abituali colloqui e negoziati sul salario minimo sono proseguiti verso fine agosto per giorni senza portare a un accordo sostanziale. Gli imprenditori proponevano il “congelamento” del salario minimo o un aumento del 4% massimo, fino al rinvio di ogni decisione onde verificare l’andamento di un’economia devastata dalla pandemia; i sindacati puntavano all’equiparazione del minimo con il paniere di consumo (ridotto ormai su livelli di povertà a circa 37.000 dinari, 317 euro) che avrebbe significato un aumento del 15%.
Si è arrivati senza un nulla di fatto alla data del 15 settembre, termine di legge massimo per l’accordo, e la patata bollente è passata al Presidente della Serbia Aleksandar Vučić che, pur non avendone l’autorità e dando ordini a un governo uscente e quindi a poteri limitati (a seguito delle politiche dello scorso giugno non è stata creata alcuna nuova compagine governativa) ha definito l’importo del prossimo salario minimo: da un minimo netto di 29.428,80 a un massimo di 33.843,12 dinari, a seconda delle ore lavorative mensili , (aumento di 2000 dinari rispetto al 2019). Stando alle cifre dell’anno scorso, l’adeguamento riguarderà 350.000 lavoratori a salario minimo su un totale di 2,16 milioni di lavoratori in totale (il 15%), percentuale secondo molti anche superiore quest’anno visti gli effetti della pandemia sull’economia mondiale.
Ora ci si aspetta, come successo negli anni precedenti, che in autunno i sindacati chiedano di nuovo almeno l’equalizzazione tra il minimo sindacale e il paniere di consumo minimo (il che significherebbe alcune migliaia di dinari in più, cosa poco probabile) mentre i datori di lavoro concederanno forse delle minime correzioni giocando sulla parte non tassata dei salari (tutti, non solo i minimi). Ma rimaniamo ben lontani dalla promessa di uno stipendio medio di 900 euro nel 2025 , fatta proprio da Vučić in persona.
Salario medio e mediano
A preoccupare è il fatto che in Serbia la differenza tra le due entrate di riferimento, minima e mediana, sia sempre meno marcata e non perché si sia alzato lo stipendio minimo ma perché sono aumentate le famiglie vicine alla soglia di povertà. Dal luglio 2018 l’Ufficio di statistica serbo ha implementato il metodo della retribuzione mediana per le proprie analisi (medijalna zarada), che si differenzia sostanzialmente da quello classico della retribuzione media (prosečna zarada) offrendo un quadro più completo della situazione. La retribuzione mediana è fondamentalmente la cifra esatta che divide la metà dei lavoratori che guadagna di più e la metà che guadagna di meno di quella somma. Il salario mediano non va confuso con il salario medio, che si calcola facendo appunto una semplice media matematica tra tutte le retribuzioni dei dipendenti di un’azienda.
Venendo quindi agli ultimi dati, lo stipendio mediano netto in Serbia a luglio 2020 si aggirerebbe sui 45000 dinari (380 euro). Il 50% dei lavoratori arriva a guadagnare questa cifra o di più; l’altra metà in busta paga trova di meno. Una ricchezza quindi molto meno distribuita di quanto potrebbe far pensare l’insistenza del governo sui 60000 dinari di stipendio medio netto (508 euro).
Non conforta che simili misere cifre si registrino in Macedonia, Bosnia Erzegovina, Montenegro, Albania e Kosovo, paesi da cui la Serbia vorrebbe scostarsi. Esempi regionali virtuosi e da inseguire sono invece Slovenia e Croazia, paesi UE, dove tra l’altro raramente ci si attiene al solo salario minimo sindacale, se non a breve termine e solo per una piccola percentuale di dipendenti. La Slovenia registra un salario minimo lordo di 940,58 euro, (700 netti). In Croazia, il minimo si aggira sui 430 euro netti (3.250 kune), quindi superiore addirittura allo stipendio mediano in Serbia.
Salari, panieri ed Europa
Se guardiamo poi a cosa si può comprare con il minimo salariale, in Serbia la cifra non raggiunge nemmeno il valore di un paniere di consumo ridotto di circa 37000 dinari (317 euro), traguardo più basso a cui puntavano i sindacati. Ma che cosa include il paniere serbo? Per una famiglia di 3 persone viene calcolato un chilo e mezzo di fagioli, 400 gr. di carne di manzo, un chilo e mezzo di pomodori… per attività ricreative, cultura, istruzione e vacanze sono a disposizione 1600 dinari (13 euro), per l’istruzione 124 dinari (1 euro)… tutto questo al mese.
Non solo, ma come denunciato dal presidente dell’Associazione nazionale per la tutela dei consumatori, Goran Papović, il calcolo sarebbe completamente sbilanciato poiché non tiene conto per esempio se la famiglia vive in città o in campagna, se ha una casa di proprietà o un affitto da pagare. Da questa constatazione è partita la richiesta di pochi giorni fa da parte degli stessi sindacati, di un adeguamento al rialzo del minimo salariale almeno per i residenti della capitale Belgrado, dove il costo della vita è più alto che nel resto del paese e in cui “beneficiano” del misero guadagno 120.000 lavoratori, 1/3 del totale.
Secondo Eurostat, ad eccezione di Danimarca, Italia, Cipro, Austria, Finlandia e Svezia, tutti i membri dell’Unione europea prevedono un salario minimo nazionale garantito, così come tutti i paesi candidati all’adesione all’UE. La gamma dei salari minimi nei paesi dell’UE a gennaio 2020 variava dai poco meno di 250 euro dell’Albania, dove da pochi mesi sono iniziati i negoziati per l’adesione, ai 2000 euro e oltre del Lussemburgo.