Serbia: potere, media e complotti

Peggiora sempre più lo stato di salute dei media in Serbia. La recente destituzione del ministro della Difesa per offese sessiste ad una giornalista non deve far pensare ad un miglioramento. I tentativi di disciplinare i media critici nei confronti del governo sono all’ordine del giorno

11/12/2015, Dragan Janjić - Belgrado

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Il ministro della Difesa serbo Bratislav Gašić ha perso la poltrona a causa del suo atteggiamento nei confronti dei giornalisti. Ma non per le pressioni fate sui media durante il suo mandato ma per una frase volgare e sessista detta ad una giornalista davanti alle telecamere. Gašić, guardando una giornalista di Tv B92 che durante la registrazione di sue dichiarazioni si era inginocchiata per non entrare nell’inquadratura delle telecamere, ha detto: “Amo le giornaliste che si inginocchiano così facilmente”.

Il solo fatto che il ministro si senta talmente potente e libero di esprimere in pubblico un’offesa così primitiva, non fa che illustrare l’effettiva relazione in Serbia del potere nei confronti dei media e dei giornalisti. Questi da anni sono visti come strumento per mantenere posizioni politiche e sfere di influenza, e questo comportamento ora sta raggiungendo il suo culmine. Gašić viene destituito solo per aver pronunciato quella frase e ciò non va inteso come una prova che i rapporti coi media siano sostanzialmente cambiati.

La frase del ministro giunge in un momento in cui la campagna governativa contro chi – media, giornalisti e alti funzionari delle organizzazioni internazionali – critica l’atteggiamento del governo nei confronti dei media sta raggiungendo l’apice.

Una campagna che si è sovrapposta al summit dei ministri dell’OSCE, tenutosi la scorsa settimana a Belgrado, dove la libertà dei media era uno dei temi in discussione. La forte insoddisfazione sullo stato dell’arte della libertà dei media in Serbia espressa in quell’occasione dalla rappresentante dell’OSCE per i media Dunja Mijatović è stata criticata dal premier Vučić in una conferenza stampa tenuta congiuntamente al capo della diplomazia russa Sergej Lavrov, una mossa che di sicuro non aiuta la Serbia ad accelerare l’integrazione europea.

Tabloid contro tabloid

Le associazioni dei giornalisti in Serbia sono sul piede di guerra contro i media vicini al potere, nello specifico il tabloid Informer e la TV Pink, per via delle loro gravi violazioni del codice deontologico.

I due media recentemente hanno scatenato un’ampia campagna in cui si accusava alcuni membri dell’attuale governo, alcuni tycoon e un altro tabloid, Kurir di far parte di una non ben definita e poco convincente cospirazione contro le istituzioni statali.

Kurir – tabloid noto per le sue drastiche violazioni della deontologia giornalistica e per attacchi senza scrupoli contro organizzazioni, istituzioni, aziende e personalità di vario profilo – nelle ultime settimane aveva puntato la sua lama contro il governo rendendo noto che l’ex direttore del giornale, Aleksandar Kornic, avrebbe ricevuto pressioni da parte del premier Vučić e da suo fratello Andrej. Il tutto per dimostrare il condizionamento che il governo cerca di avere sui media. Il tabloid Informer, su posizioni fortemente governative, ha ribattuto accusando il proprietario e il direttore di Kurir di minare addirittura alla stabilità del paese.

Un’accusa poi appoggiata apertamente da alcuni membri del governo, compreso il ministro dell’Interno Nebojša Stefanović, che ha denunciato Kurir per turbamento dell’opinione pubblica: e la magistratura serba ha subito comunicato che esistono elementi per avviare un procedimento. Tutto è stato poi bloccato perché lo stesso ministro, il giorno dopo aver depositato la denuncia, ha comunicato a sorpresa che il suo ministero l’ha poi ritirata, pur ribadendo che a suo avviso ci sia stato effettivamente un turbamento dell’opinione pubblica.

Dietrofront

Balza agli occhi che l’inatteso cambio di rotta sia accaduto dopo che Vučić e Lavrov hanno unito le forze per criticare Dunja Mijatović e l’OSCE, cosa che alimenta le speculazioni sul fatto che la Serbia abbia ricevuto severi avvertimenti da Bruxelles e Washington.

Nonostante la ritirata denuncia Informer e il suo proprietario e direttore Dragan Vučićević non hanno subito alcuna critica da parte del governo anche se sono stati proprio loro a pompare sulla storia del colpo di stato e sulla presunta minaccia alla stabilità del paese. Vučićević ha persino letto pubblicamente alcune analisi psichiatriche dell’ex direttore di Kurir Aleksandar Kornic.

Intanto l’Associazione dei giornalisti indipendenti della Serbia (NUNS) ha espresso preoccupazione per il fatto che il premier faccia pubblicamente le lodi di quei giornalisti e media che brutalmente infrangono le regole della professione giornalistica.

E’ certo comunque che Kurir se continua a discostarsi dalla linea dettata dal governo, resterà al centro di futuri attacchi. Il problema sta proprio nel fatto che Kurir ha una grande tiratura e si rivolge allo stesso pubblico a cui si rivolgono i partiti di governo, motivo per cui viene considerato un “rivale” particolarmente pericoloso.

Resistenza

Tutto quel che è accaduto in relazione ai supposti preparativi per il colpo di stato e la destabilizzazione del paese, suona come una conferma di precedenti valutazioni espresse da Dunja Mijatović, secondo la quale il governo serbo ha fatto sì passi in avanti nell’ambito della legislazione sui media, ma le cose nella pratica procedono molto male.

Nel caso specifico del presunto tentativo di colpo di stato tutti i media che Informer, TV Pink e i membri del governo hanno accusato di voler destabilizzare la Serbia sono critici nei confronti del governo. Inoltre il premier e i ministri hanno sostenuto di essere addirittura vittime di una brutale campagna mediatica. E i principali media del paese hanno dato grande risalto a queste affermazioni senza analizzarle con spirito critico. Si tratta di media dominanti, mentre la tiratura e l’audience dei media critici nei confronti del governo sono decisamente inferiori.

I media che non sono sotto le ali del governo prestano comunque una forte resistenza, con l’impiego diffuso dei social network e altre piattaforme internet. La recente ondata di pressioni l’hanno subita “in piedi” e ciò li incoraggerà a continuare sulla stessa strada su cui hanno marciato finora, e siccome la campagna del governo non ha sortito grandi risultati, può accadere anche che paradossalmente invece di limitare l’influenza dei media critici del governo la si aumenti.

È certo che l’attenzione di Bruxelles, Washington e delle organizzazioni internazionali come l’OSCE, resterà focalizzata sui media e ostacolerà seriamente il governo nel tentativo di volerli “disciplinare”. Da notare infine che contro l’atteggiamento del governo nei confronti dei media si sono espressi pubblicamente anche i responsabili di istituzioni indipendenti della Serbia, quali l’Ombudsman Saša Janković e il Revisore delle informazioni di pubblico interesse Rodoljub Šabić.

Questa pubblicazione è stata prodotta nell’ambito del progetto European Centre for Press and Media Freedom, cofinanziato dalla Commissione europea. La responsabilità sui contenuti di questa pubblicazione è di Osservatorio Balcani e Caucaso e non riflette in alcun modo l’opinione dell’Unione Europea. Vai alla pagina del progetto

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