Serbia-Macedonia, tensioni diplomatiche

Con una decisione senza precedenti, la Serbia ha ritirato per alcuni giorni il personale della propria ambasciata a Skopje. Varie le ipotesi sui motivi della crisi, che al momento sembra però essere rientrata

28/08/2017, Ilcho Cvetanoski - Skopje

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Incontro a Niš tra i ministri Dačić e Dimitrov

La sera di domenica 20 agosto, con una decisione del tutto inaspettata e senza alcuna spiegazione, il governo serbo ha ritirato l’intero personale dall’ambasciata nella Repubblica di Macedonia, provocando lo stupore nell’opinione pubblica di entrambi i paesi. Lo stesso governo macedone era rimasto all’oscuro di tutto. L’escalation ha portato la tensione tra i due paesi a livelli mai visti negli ultimi anni, ma sembra essere rapidamente rientrata dopo incontri ad alto livello tra i due governi, culminati col ritorno a Skopje del personale dell’ambasciata.

La spiegazione ufficiale

Stando a quanto dichiarato lunedì 21 agosto da Aleksandar Vučić, la controversa decisione è stata presa dopo che Belgrado ha ottenuto "prove di attività di intelligence altamente offensive contro alcuni organismi e istituzioni della Serbia". In una dichiarazione per l’agenzia di stampa serba Tanjug, il ministro degli Affari esteri Ivica Dačić ha affermato che il "fattore straniero" è stato "certamente presente nello scandalo".

D’altra parte Nikola Dimitrov, ministro degli Esteri macedone, ha dichiarato che "il governo della Repubblica di Macedonia non ha mai inteso, ordinato o eseguito attività di controspionaggio contro paesi confinanti, compresa la Repubblica di Serbia. Non abbiamo mai pensato o agito in questa direzione". Nel frattempo, il ministro degli Interni macedone ha dichiarato che, secondo la Convenzione di Vienna e su richiesta della Serbia, la sicurezza intorno all’ambasciata è stata rafforzata.

Le reazioni

La repentina decisione, che ha sconcertato molti, è stata definita da ex diplomatici e analisti di entrambi i paesi "senza precedenti", avventata e ingiustificata nella moderna diplomazia bilaterale europea. Vuk Jeremić, ex ministro degli Esteri serbo e in passato presidente dell’Assemblea generale delle Nazioni Unite, l’ha descritta come "dilettantismo diplomatico e squallore da repubblica delle banane".

Nel frattempo, in assenza di informazioni chiare e significative, i media di entrambi i paesi hanno fornito le loro interpretazioni delle parole di Vučić e Dačić. A fronte della cautela dei media macedoni, i media serbi hanno in gran parte sostenuto la decisione del proprio governo. Anzi, diversi quotidiani sono andati oltre, attaccando il nuovo governo macedone e il primo ministro Zoran Zaev. Al centro delle prime pagine campeggiavano titoli come: "Zaev dichiara guerra alla Serbia", "Nuovo attacco alla Serbia dal governo macedone", "I macedoni intercettano i funzionari serbi", "Scandalo: i macedoni intercettano persino Vučić", "I servizi segreti macedoni hanno pedinato e intimidito i diplomatici serbi", "Il ‘fratello Zaev’ ci ha pugnalato alla schiena".

Consapevoli della complessità del quadro, giornalisti, analisti ed ex diplomatici hanno ipotizzato diversi scenari. Da entrambe le parti, i due più gettonati puntano su presunte intercettazioni e un altrettanto presunto sostegno macedone ad una nuova richiesta di adesione all’UNESCO da parte del Kosovo come possibili motivazioni di quanto avvenuto. Altri scenari proposti dai media macedoni ipotizzano un collegamento con la disputa sul nome con la Grecia e con la reazione all’accordo di buon vicinato con la Bulgaria.

Intercettazioni

Vučić e Dačić sostengono di avere prove di "attività di intelligence altamente offensive" contro le istituzioni della Serbia. I media hanno interpretato queste dichiarazioni come un riferimento a presunte intercettazioni dei funzionari serbi a Belgrado e in ambasciata. È stato implicato anche il coinvolgimento di un paese occidentale non meglio specificato.

Anche se questo è uno degli scenari più plausibili, i media vi hanno rilevato due incongruenze. Innanzitutto, il nuovo governo macedone è in carica da meno di tre mesi, e quindi non è credibile che possa avere avviato un’operazione così massiccia contro un paese più potente.

D’altra parte, è più realistico che il nuovo governo abbia avviato alcune misure di controspionaggio all’ambasciata serba a Skopje dopo che Goran Živaljević, ex vice direttore dell’agenzia di intelligence della Serbia (BIA) che lavorava presso l’ambasciata di Skopje, è stato notato all’interno del Parlamento a Skopje durante il violento raid della notte del 27 aprile.

Un altro possibile sotto-scenario è che i materiali intercettati e diffusi da Zaev su Gruevski e i suoi alleati più vicini potrebbero contenere informazioni sensibili su alcuni alti funzionari serbi. Ma per i diplomatici in pensione che hanno analizzato la situazione, se questo scenario fosse vero, la reazione serba sarebbe inopportuna perché tutti questi problemi potrebbero essere risolti attraverso i canali bilaterali.

Unesco

Un altro scenario molto gettonato in entrambi i paesi fa riferimento ad un presunto sostegno macedone – non solo in forma di voto favorevole, ma di sponsorship – alla richiesta di adesione all’UNESCO da parte del Kosovo, stato che la Serbia non riconosce e che considera ancora come una propria provincia. Lo stesso Dačić ha affermato in più occasioni che, se Skopje sosterrà il Kosovo, Belgrado riconsidererà la decisione di comunicare con la Repubblica di Macedonia sotto il suo nome costituzionale.

Questo scenario è abbastanza equivoco, poiché la posizione del nuovo governo macedone non è chiara. Durante la campagna elettorale, Zaev ha affermato che se fosse diventato primo ministro la Repubblica di Macedonia si sarebbe astenuta dal futuro voto all’UNESCO. Mesi più tardi, la posizione ufficiale è che durante la votazione "terrà conto delle posizioni della maggioranza degli stati membri dell’UE".

Denko Maleski, primo ministro degli Esteri della Repubblica di Macedonia e professore presso la facoltà di Diritto dell’Università di Skopje, ha dichiarato a diversi media macedoni e serbi che lo stato deve occuparsi dell’interesse del cittadino. Considerando la vasta comunità albanese in Macedonia, non sorprende che il governo abbia modificato la propria posizione a favore del Kosovo.

Questo scenario potrebbe essere convincente, ma qualcosa non quadra. Perché la Serbia non ha reagito in modo analogo nel 2015, quando il governo di Gruevski ha votato perché il Kosovo diventasse membro dell’UNESCO? Nel 2015, questa posizione non aveva provocato alcuna reazione drastica. Inoltre, in questo scenario un ipotetico evento futuro viene utilizzato per giustificare un’azione attuale.

"House of Cards"

Ulteriori elementi proposti dai media macedoni fanno riferimento ai giochi di potere regionali. In particolare, la Serbia avrebbe lanciato un segnale alla Repubblica di Macedonia dopo che quest’ultima ha firmato l’accordo di buon vicinato con la Bulgaria, che Belgrado considera propria sfera di interesse. Qui si inserisce il secondo elemento.

Secondo alcuni analisti di Skopje, Belgrado starebbe giocando a favore dell’alleato ellenico. Mentre il nuovo governo di Zaev sta lavorando per portare il paese il più possibile verso la NATO e l’UE, rilanciandone le aspirazioni euro-atlantiche, la questione del nome fra Repubblica di Macedonia e Grecia è il prossimo problema da risolvere. In questo scenario, la mossa serba crea un pretesto per revocare o mettere in discussione l’uso del nome costituzionale della Macedonia, dando quindi alla Grecia una leva extra in futuri negoziati.

Molto rumore per nulla?

Alla fine nulla è certo, poiché Belgrado non ha fornito alcuna spiegazione ufficiale. Tutto si basa su speculazioni e voci dai piani alti. Per 3-4 giorni la notizia ha dominato i media della regione, suscitando anche l’ironia di Twitter: "Subaffittasi ambasciata completamente arredata a Skopje, codice Dačić 007".

Dopo una telefonata tra Zaev e Vučić, la tensione sembra essere rapidamente scemata: la settimana scorsa il personale dell’ambasciata serba è tornato a Skopje, mentre Dimitrov e Dačić si incontravano a Niš. Anche l’ambasciatrice, Dušanka Divjak, dovrebbe tornare presto in Macedonia. Su proposta di Vučić, poi, i due governi dovrebbero tenere una seduta congiunta a Belgrado entro la fine del 2017. Alla fine, forse, sarà stato solo un caso di "molto rumore per nulla".

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