Serbia, l’ora della rabbia contro la violenza di Stato

I tentativi di soffocare le proteste degli studenti con una "brutalità della polizia mai vista finora" mettono in luce la strategia del presidente Vučić per evitare le richieste di elezioni anticipate. Intervista a Srđan Cvijić, presidente del Comitato consultivo internazionale del Centro per la politica di sicurezza di Belgrado

27/08/2025, Federico Baccini -

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© - Mini Onion/Shutterstock

Da Belgrado a Novi Sad e Valjevo, la violenza si sta diffondendo nelle strade della Serbia. Dopo mesi di proteste pacifiche contro la corruzione e le violazioni dello stato di diritto, in molte città sono scoppiati scontri tra manifestanti antigovernativi, gruppi violenti di sostenitori del presidente Aleksandar Vučić e polizia antisommossa, causando decine di arresti e pestaggi e l’incendio degli uffici vuoti del partito al potere, il Partito Progressista Serbo (SNS).

"Vučić sta cercando di porre fine alle proteste e ha scelto una strategia violenta. Ci aveva già provato, ma senza molto successo", spiega Srđan Cvijić, presidente del Comitato consultivo internazionale del Centro per la politica di sicurezza di Belgrado (BSCP), in un’intervista per OBC Transeuropa.

Da settimane il presidente serbo ha cercato di seguire una nuova strategia per rimanere aggrappato al potere e non farsi travolgere dalle proteste organizzate dagli studenti. "Probabilmente sperava di avere successo perché alle manifestazioni estive c’è meno partecipazione e che, con questa brutalità mai vista finora, avrebbe fatto paura alla gente", spiega ancora Cvijić. "Non ha funzionato e ora vediamo ancora più rabbia".

In che modo è aumentato il livello di violenza durante le proteste in Serbia?

La violenza dei manifestanti è stata in realtà una risposta alla violenza governativa. Tutto è iniziato in tre città del nord della Serbia – Bačka Palanka, Vrbas e Bački Petrovac – dove il governo ha inviato squadroni di criminali che hanno attaccato con i manganelli i manifestanti, fiancheggiati dalla polizia, che non interviene mai contro gli aggressori ma contro le vittime.

Questo ha provocato proteste in tutto il Paese. Abbiamo visto bruciare le sedi del partito di Vučić in risposta a un’aperta criminalizzazione attuata dalla polizia e alle aggressioni del governo.

Vučić può utilizzare ora la scusa della violenza per tentare di legittimare la repressione?

Sì, Vučić sta cercando di legittimare la repressione delle proteste quotidianamente sui media che controlla, che sono quasi la totalità nel Paese: sta cercando di creare un’immagine di securitizzazione della politica nel Paese, di muoversi proprio nell’ambito della sicurezza e di dipingere i manifestanti come violenti.

Ci sono anche speculazioni per cui potrebbe introdurre lo stato di emergenza, ma quando ha cercato di farlo durante il Covid non ha funzionato. In conferenza stampa ha ammesso pubblicamente che le forze dell’ordine non hanno capacità di coprire tutto il Paese, se ci sono manifestazioni contemporaneamente.

Ha anche annunciato che, dopo una settimana di pausa, vedremo tutta la potenza e la forza del governo. Rappresentanti dell’opposizione hanno avvertito che potrebbe cercare di portare l’esercito sulle strade.

Quale può essere una soluzione alla crisi politica e sociale?

Un modo per mettere fine alla crisi è sia elezioni anticipate sia ciò che hanno chiesto alcuni partiti dell’opposizione, cioè un governo di transizione che avrà come scopo di liberare i media dalle ingerenze del partito al potere e creare le condizioni per elezioni libere ed eque. Solo questo tipo di elezioni potrà porre fine alla crisi politica.

Finora le elezioni non sono mai state davvero libere ed eque, e comunque nemmeno queste lo saranno. Saranno convocate se Vučić sentirà che può vincere le elezioni attraverso le frodi elettorali come in passato.

Uno scenario possibile è che invece si sbagli: che non ha i numeri, ma se ne renda conto solo nel giorno delle elezioni. Se prima aveva una maggioranza "alla Corea del Nord" con il 90% dei consensi, ora è sceso sotto il 50% e, per tenere il potere in due municipalità [Zaječar e Kosjerić, ndr] alle amministrative di giugno, ha inviato un esercito di criminali per far paura ai cittadini anche nel giorno delle elezioni.

Se era pronto a fare questo per due piccole municipalità, non troppo significative, ci si può immaginare cosa sarà disposto a fare a livello nazionale.

Cosa si aspetta per le prossime settimane?

I manifestanti stanno seguendo la linea degli studenti, che hanno chiamato le elezioni anticipate. Il governo non vuole cedere, perché il partito di Vučić è dato molto male nei sondaggi e anche per questo cerca di soffocare le manifestazioni con la repressione. Continuerà a cercare di farlo, ma non avrà successo, e questo periodo di instabilità politica proseguirà.

Negli ultimi 13 anni del suo regime, ogni anno la situazione è peggiorata dal punto di vista democratico, ed è ciò che stiamo vivendo durante queste manifestazioni. Vediamo arresti di massa e immagini degli studenti nelle caserme di polizia, inginocchiati con la testa china verso il muro. C’è da aspettarsi uno scenario molto serio in Serbia.

Come si stanno preparando gli studenti?

Gli studenti hanno definito una lista di propri candidati, hanno intervistato tante persone che sentivano di potersi candidare. Al momento la lista non è pubblica. Si sa però che hanno chiesto ai partiti di opposizione di astenersi e che questa lista non conterrà nessuno che in passato abbia ricoperto posizioni di governo o dirigenziali nei partiti politici.

È rimasta qualche minima aspettativa da parte dei manifestanti nei confronti dell’Unione Europea, in particolare con la Russia che sostiene apertamente la repressione di Vučić?

Mentre la Russia sostiene la repressione di Vučić dall’inizio, secondo me la popolazione serba ora non si aspetta nulla dall’Unione Europea. Non solo gli studenti, ma tutti i cittadini sanno che l’unico modo di combattere per la democrazia è di appoggiarsi solo sulle proprie forze.

Quando parliamo dei governi e delle istituzioni dell’Unione europea, vediamo molte critiche nei confronti dei modi di Vučić, ma non la volontà di aiutare direttamente il processo democratico in Serbia.