Serbia, l’inverno del malcontento civile
Da settimane migliaia di persone si radunano nelle vie centrali della capitale serba per manifestare il proprio dissenso contro il governo e lo strapotere del presidente Aleksandar Vučić, il quale annuncia elezioni anticipate
Ogni sabato sera, nonostante il freddo e la neve, migliaia di persone marciano nel centro di Belgrado per protestare contro il governo e il presidente serbo Aleksandar Vučić. Si tratta di una sorta di rivolta dei gruppi sociali scontenti, soprattutto della classe media, ovvero di quella parte più istruita della popolazione urbana che sostiene fortemente i valori europei e l’ingresso della Serbia nell’Unione europea. Il movimento di rivolta è privo di una (visibile) organizzazione solida, non ci sono arrivi organizzati di manifestanti da altre città, mentre i principali media serbi praticamente tacciono sulle proteste. Gli oppositori del governo si radunano perlopiù in modo spontaneo e si informano sulle manifestazioni soprattutto tramite i social network.
Questi cittadini che protestano sono stati particolarmente marginalizzati dopo l’arrivo al potere di Aleksandar Vučić e del suo Partito progressista serbo (SNS) nel 2012. Chiedono il rafforzamento dello stato di diritto e la fine della partitocrazia, e con la partecipazione massiccia alle proteste hanno dimostrato volontà e prontezza a impegnarsi per il cambiamento. Finora sono state organizzate cinque manifestazioni di protesta, ognuna più massiccia della precedente.
Uno dei motivi per cui la rivolta cresce rapidamente risiede nel fatto che le autorità reagiscono alle proteste in modo molto duro e offensivo. “Siete venuti così numerosi in risposta all’invito di Aleksandar Vučić”, ha detto l’attore Branislav Trifunović rivolgendosi ai manifestanti durante una delle proteste, alludendo al fatto che il modo offensivo in cui le autorità parlano dei manifestanti ha spinto molte persone a scendere in strada.
Subito dopo l’inizio delle proteste, il presidente Vučić ha dichiarato che non verrà incontro alle richieste dei manifestanti nemmeno se ci fossero cinque milioni di persone in strada. Questa dichiarazione ha spinto gli oppositori di Vučić a creare lo slogan “Uno dei cinque milioni”, scritto sui cartelli e badge portati dai manifestanti.
Il ministro dell’Interno Nebojša Stefanović durante una conferenza stampa ha cercato di convincere l’opinione pubblica serba che alle proteste stiano partecipando solo 3500 persone. Dal momento però che in occasione di ogni manifestazione di protesta le strade nel centro di Belgrado sono invase dai dimostranti e che le fotografie e i video mostrano una folla di persone in marcia, la dichiarazione del ministro è stata accolta da chi protesta come un “segnale di panico” in seno alla coalizione al governo.
Le autorità hanno ben presto rinunciato ai tentativi di scoraggiare le proteste presentandole come un capriccio di “una manciata di scontenti” manipolati dall’opposizione (e probabilmente anche dai servizi segreti stranieri) perché questo approccio, come già dimostrato in passato, di solito porta alla crescita del movimento di protesta. Tuttavia, i manifestanti continuano a essere duramente criticati sui media mainstream, senza avere la possibilità di difendersi ed esprimere la propria posizione. Delle proteste i media parlano poco, perlopiù nell’ultima parte dei notiziari televisivi e sulle pagine interne dei giornali.
Pressioni
Dall’affermazione secondo cui non avrebbe reagito nemmeno se cinque milioni di persone dovessero scendere in strada, attraverso il tentativo di sminuire la portata delle manifestazioni, Vučić è arrivato al punto di ridurre la protesta alla richiesta di elezioni anticipate. “A me interessa la legittimità. La legalità c’è, ma se qualcuno ha dubbi sulla legittimità, non c’è nessun problema, sono sempre pronto per una verifica”, ha dichiarato Vučić.
“Se il governo dovesse scegliere, sicuramente preferirebbe andare subito alle elezioni, piuttosto che aspettare sei mesi, perché nel frattempo l’opposizione si sarebbe rafforzata sull’onda delle proteste. E’ quindi logico sia quello che sta facendo l’opposizione sia che il governo paventi elezioni anticipate. Staremo a vedere se si terranno davvero”, sottolinea l’analista politico Dragomir Anđelković.
Abbandonata la strategia di contare i manifestanti e cercare di dimostrare che sono pochi, la leadership al potere ha ora adottato un approccio diverso: sostiene che si tratti di raduni politici organizzati dai partiti di opposizione, e li accusa di aver derubato la Serbia quando erano al potere. Gli esponenti dell’opposizione non hanno avuto occasione di rispondere a queste accuse sui media mainstream, che invece danno ampio spazio alle dichiarazioni dei rappresentanti del potere. Nonostante l’opposizione non abbia mai menzionato le elezioni, al governo affermano che i partecipanti alle proteste chiedono elezioni anticipate che, secondo quanto annunciato in via ufficiosa, potrebbero tenersi già in primavera.
I rappresentanti del potere continuano a ripetere che sono disposti a parlare con i cittadini, ma non con l’opposizione, affermando implicitamente che i membri dell’opposizione non sono cittadini, negando così uno dei principi fondamentali della democrazia. La leadership al potere ha scelto di rispondere alle proteste con elezioni politiche anticipate, di cui però non c’è alcun reale bisogno dato che la maggioranza di governo è molto stabile.
Le elezioni sono un terreno su cui la coalizione al governo ha un dominio assoluto, dal momento che controlla gli organi statali e i principali media del paese, dispone di mezzi finanziari necessari per condurre la campagna elettorale e non esita a usare risorse pubbliche per l’autopromozione politica.
Le elezioni anticipate inevitabilmente sposterebbero l’attenzione sui partiti di opposizione, lasciando così ampio spazio ai tentativi di stemperare il crescente malcontento, alimentando disaccordi tra diversi gruppi politici e altre organizzazioni che, direttamente o indirettamente, sostengono i manifestanti e prendono parte alle proteste. La spontaneità, che tuttora caratterizza le proteste, è evidentemente un grande nemico del potere populista fondato sull’autorità del leader e del partito al governo e sulla marginalizzazione dello stato di diritto.
Resta tuttavia il fatto che tra quei gruppi sociali che in teoria dovrebbero dare un grande contributo al progresso e allo sviluppo del paese, inesorabilmente cresce il malcontento, che non svanirà facilmente, a prescindere dall’esito delle eventuali elezioni anticipate. Qualora l’opposizione non mostrasse maturità e prontezza a organizzarsi e unirsi in un unico fronte contro un regime populista e incline all’autoritarismo, i cittadini scontenti sicuramente cercheranno un altro modo per esprimere resistenza. Quindi, se il governo dovesse decidere di organizzare elezioni anticipate, guadagnerebbe tempo ma non riuscirebbe a “pacificare” la classe media che sta cominciando a svegliarsi.
Elezioni
La protesta civile è uno dei più potenti mezzi di cui attualmente dispongono gli oppositori del governo. Finora sono state organizzate cinque proteste. La prima manifestazione ha visto la partecipazione di alcune migliaia di persone. Il secondo sabato il numero di partecipanti è raddoppiato, mentre la terza e la quarta volta decine di migliaia di persone si sono riversate nelle strade di Belgrado. La quinta manifestazione, tenutasi lo scorso 5 gennaio, ha visto riunirsi circa 10mila persone. Bisogna tuttavia tener presente che è stata una giornata molto fredda e che le festività natalizie erano ancora in corso, per cui molte persone erano fuori città. Quel giorno per la prima volta sono state organizzate proteste anche a Niš, Kragujevac e in altre città della Serbia.
A scatenare le proteste è stato l’aggressione violenta da parte di ignoti a Borko Stefanović, leader della Sinistra serba (LS) e uno dei fondatori dell’Alleanza per la Serbia (SZS, al momento la più forte coalizione dei partiti di opposizione in Serbia), avvenuto lo scorso 23 novembre a Kruševac. Da allora le proteste si svolgono sotto lo slogan “Contro la violenza – stop alle camicie insanguinate” perché Stefanović è stato colpito alla testa con un’asta in ferro, perdendo molto sangue, per cui la sua camicia era tutta insanguinata.
Lo slogan “Uno dei cinque milioni” è stato aggiunto in un secondo momento, dopo la summenzionata affermazione di Vučić secondo cui non accetterebbe le richieste dei manifestanti nemmeno se fossero in cinque milioni. Gli esponenti dell’opposizione partecipano alle proteste, ma restano mescolati alla folla e non tengono discorsi, mentre in primo piano ci sono attori, intellettuali e giovani attivisti.
Tuttavia, questa situazione non può durare a lungo, soprattutto se le autorità decidono di indire elezioni anticipate a primavera. L’opposizione è consapevole del fatto che la coalizione di governo è avvantaggiata nella campagna elettorale e nelle elezioni, per cui dovrà scegliere tra due opzioni: boicottare le elezioni o parteciparvi pur sapendo in anticipo che si svolgeranno in condizioni ad essa sfavorevoli e che una vittoria delle forze di opposizioni rappresenterebbe un vero e proprio miracolo politico. Entrambe le opzioni richiedono l’ideazione di un’ampia piattaforma politica, la creazione di un’organizzazione forte e capillare e il mantenimento della “temperatura politica” con le proteste come espressione del malcontento degli oppositori del governo.
Al momento non c’è alcuna intesa solida tra i partiti di opposizione, ma è evidente che, per la prima volta dall’arrivo al potere di Vučić e del suo SNS, si è aperto uno spazio per una seria azione politica dell’opposizione. Il primo ostacolo che i partiti di opposizione devono superare è quello di raggiungere un accordo sulla scelta di partecipare alle elezioni anticipate o boicottarle attivamente. Nessuna delle due opzioni è particolarmente favorevole all’opposizione, da tempo fortemente indebolita, ma semplicemente non c’è una terza via.