Serbia: l’incoronazione del nuovo presidente

Il 31 maggio scorso Aleksandar Vučić ha lasciato l’incarico da premier per assumere quello di capo dello Stato. La cerimonia, a molti, ha ricordato un’incoronazione

07/06/2017, Antonela Riha - Belgrado

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Aleksandar Vučić

Dopo cinque anni trascorsi al governo, di cui gli ultimi tre in veste di premier, la vittoria di Aleksandar Vučić alle elezioni presidenziali del 2 aprile scorso è senz’altro il coronamento della sua carriera politica. Essendone probabilmente consapevole, il 31 maggio scorso ha organizzato una cerimonia di giuramento che a molti cittadini serbi è apparsa come un’incoronazione.

Vučić ha prestato giuramento poggiando la mano su una copia della costituzione realizzata appositamente per l’occasione, sotto la quale, e questa è un’assoluta novità rispetto ai giuramenti dei suoi predecessori, stava il Vangelo di Miroslav . Volendo interpretare questo gesto, probabilmente significa che, oltre alle leggi, il nuovo presidente rispetterà anche la tradizione e genealogia reale serba, la fede ortodossa e le reliquie come il più prezioso manoscritto del patrimonio culturale serbo appena citato.

Al termine della cerimonia di giuramento, tenutasi presso il palazzo del Parlamento, Vučić si è incamminato, lungo un vialetto asfaltato appositamente per l’occasione, verso il suo nuovo luogo di lavoro, il palazzo della presidenza della Repubblica. Lì, diversamente dal normale protocollo del passaggio di consegne, lo ha aspettato il capo di Stato maggiore per fargli rapporto, mentre il presidente uscente Tomislav Nikolić gli ha consegnato il sigillo dello stato, un’altra eccezione alla prassi abituale.

Rivolgendosi alla platea dei suoi sostenitori, che non smettevano di acclamarlo, Vučić ha detto, con toni paterni, che li ama e che “proteggerà i loro figli come se fossero suoi“.

Così il neo-incoronato leader, solo un’ora dopo le sue dimissioni dalla carica di premier, si è trovato al vertice dello stato, dal quale comanderà le forze armate, coordinerà tutti i servizi di sicurezza (una funzione piuttosto inusuale che svolgeva anche da premier) e controllerà l’operato del governo e del parlamento. Quest’ultimo compito non è previsto dalla Costituzione, ma a giudicare dalle parole dei suoi più stretti collaboratori, non vi è dubbio che Vučić si spingerà ai limiti estremi del suo potere per allargare le relativamente ristrette competenze presidenziali.

Premier in veste di presidente

Oltre al fatto di aver ottenuto il 55,08% dei voti alle elezioni presidenziali, Aleksandar Vučić è leader del partito guida della coalizione che detiene una netta maggioranza in parlamento. Godendo di un sostegno così ampio, Vučić potrebbe aspettarsi di governare tranquillamente per i prossimi cinque anni.

A turbargli la serenità sono le elezioni comunali a Belgrado che dovrebbero tenersi entro la primavera 2018. Proprio nella capitale c’è la più forte resistenza al potere di Vučić. L’irrisolto scandalo Savamala, avvenuto oltre un anno fa, che ha visto un gruppo di uomini mascherati fermare i cittadini mentre veniva eseguita la demolizione di una zona del centro di Belgrado, potrebbe costargli numerosi voti.

Ed è per questo che si specula sul fatto che Vučić potrebbe decidere di indire elezioni parlamentari straordinarie contemporaneamente alle elezioni a Belgrado. Sarebbe la terza volta in tre anni che Vučić chiede ai cittadini di, per riprendere la sua espressione preferita, “ribadire la propria fiducia nel corso riformatore“ della sua politica.

Il primo passo da compiere in veste di presidente è quello di nominare il nuovo primo ministro e di formare il “nuovo“ governo. La scelta del nuovo premier potrebbe cadere su un funzionario del suo Partito progressista serbo (SNS); uno dei partner di coalizione, tra i quali spunta il nome di Ivica Dačić, l’attuale ministro degli Esteri e leader del Partito socialista serbo (SPS); oppure su un esperto indipendente, come quelli che fanno parte del governo uscente.

Si suppone che la scelta del premier anticiperà la decisione sulle elezioni parlamentari straordinarie. Se Vučić dovesse scegliere di non affidare la carica di premier a un funzionario del suo partito, ci si potrebbe aspettare che la Serbia ottenga un capo di governo “provvisorio“ da sfruttare fino al voto anticipato.

Quel che è certo è che il futuro premier, a prescindere da dove provenga, sarà totalmente sottomesso al volere del presidente Vučić. Il modo in cui finora ha governato, preso le decisioni, soggiogato i suoi partner di coalizione, eliminato gli avversari, controllato i media, dimostra che Vučić non permette mai a niente e nessuno di minacciare il suo potere.

Pilastro di stabilità nei Balcani

Negli ultimi anni Vučić ha fatto di tutto affinché i cittadini della Serbia nonché i suoi partner internazionali dimenticassero il lato oscuro del suo passato politico. L’ultimo incarico ricoperto prima di diventare un sostenitore fanatico dell’integrazione europea della Serbia fu quello di ministro dell’Informazione ai tempi di Slobodan Milošević.

Fu un periodo in cui i media non disposti ad assecondare la politica di Milošević venivano puniti con sanzioni draconiane. Un periodo in cui, proprio durante il mandato di Vučić come ministro dell’Informazione, fu ucciso il giornalista Slavko Ćuruvija , uno dei più strenui oppositori del regime. L’omicidio avvenne in pieno giorno, la domenica di Pasqua 1999, mentre erano in corso i bombardamenti della NATO.

A partire dall’inizio degli anni Novanta, come il più stretto collaboratore dell’autoproclamato voivoda (duca) cetnico e leader del Partito radicale serbo Vojislav Šešelj, Vučić istigava alla guerra contro bosgnacchi, croati e albanesi, tracciando i confini della Grande Serbia.

Eppure, il giorno prima dell’insediamento alla presidenza della Repubblica, mentre teneva il suo ultimo discorso da premier, Vučić ha dispiegato una mappa del tutto diversa dei Balcani, dicendo: “Questo l’ho disegnato io, personalmente. Mentre gli altri disegnavano certi confini, io cercavo di tracciare autostrade e corridoi ferroviari“.

Queste parole non sono da intendersi come un distanziarsi dal passato, bensì come una sorta di raccomandazione, rivolta alla cancelliera tedesca Angela Merkel e ai funzionari di Bruxelles, con cui Vučić ha voluto proporsi come principale attore di una nuova coesione tra i paesi dei Balcani occidentali.

Vučić spera che i suoi interlocutori occidentali si dimentichino del recente intromettersi di Belgrado nelle vicende legate alla formazione del nuovo governo macedone, ma anche del continuo innalzamento delle tensioni nei rapporti con il Kosovo, e ogni tanto anche con la Bosnia Erzegovina e con la Croazia.

Il suo obiettivo principale è quello di guadagnarsi la reputazione di un politico capace di incidere maggiormente sulla stabilità dei Balcani, ormai da decenni teatro di tensioni.

L’ultima rocca di difesa

“Pace e stabilità“, lo ha ripetuto più volte Aleksandar Vučić, sia prima che dopo l’insediamento da presidente. I media da lui controllati ormai da mesi parlano di nemici che si preparano ad attaccare la Serbia da tutte le parti, di servizi stranieri che stanno creando la “Grande Albania“, di colpi di stato complottati da “traditori interni“ e di uno “scenario macedone“ orchestrato dall’opposizione.

Molti dei cittadini serbi, impauriti da tali costanti minacce, vedono in Vučić l’unico garante di sicurezza. Dal canto loro, i funzionari dell’Unione europea parlano apertamente della Serbia come di un pilastro di stabilità nei Balcani. Considerano Vučić un partner con cui negoziare, patteggiare e da cui aspettarsi che, alla fine, esaudisca tutte le loro richieste.

E le richieste dell’Occidente vanno tutte nel senso di una maggiore stabilità dei Balcani, che implica anche il venir meno dell’ostruzionismo nei confronti dell’adesione del Kosovo all’Ue e all’Onu. Finché continuerà a collaborare al raggiungimento di tale obiettivo strategico, Vučić rimarrà un partner gradito a Bruxelles e Washington.

In una Serbia in cui l’opposizione è impotente e disorientata, i media controllati dal potere, le istituzioni distrutte, i cittadini impoveriti, esausti da una transizione di cui non si vede la fine, l’unica cosa di cui Aleksandar Vučić dovrebbe preoccuparsi è di come mantenere la sua stabilocrazia.

Perciò viene da chiedersi se qualcuno dei suoi alleati occidentali si sia accorto che a qualche centinaia di metri dal palazzo del Parlamento, mentre Vučić proclamava “pace e stabilità“, alcune persone in borghese, presumibilmente le guardie incaricate di vigilare sulla sicurezza della cerimonia di insediamento, stavano maltrattando, sotto gli occhi della polizia, i cittadini riunitisi per protestare e i giornalisti che volevano intervistarli.

Ben pochi media hanno riportato questa notizia, e solo rari giornalisti si sono azzardati a parlare di una “polizia di partito“ di Vučić che ormai da anni “sta introducendo l’ordine“ in Serbia. Tutti gli altri continuano a ripetere coralmente il mantra del loro leader: “pace e stabilità… pace e stabilità…“.

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