Serbia, le proteste non si placano

Da dieci mesi ormai non si placano in Serbia le proteste scoppiate dopo il tragico crollo della tettoia di Novi Sad, che ha provocato sedici morti. A metà agosto la dura reazione della polizia ha causato feriti e arresti. Il presidente Vučić nel frattempo ha annunciato misure economiche

26/08/2025, Danijela Nenadić - Belgrado

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Serbia, 16 agosto 2025 - © krsmanovic/Shutterstock

Le proteste di massa in Serbia sono iniziate, e continuano, a causa della corruzione e della criminalità, fenomeni che la maggior parte dell’opinione pubblica associa alla compagine di governo, in particolare al Partito progressista serbo (SNS) e al presidente Vučić.

Contrariamente a quanto si aspettava, o perlomeno auspicava il regime, le iniziative studentesche e civiche non si sono fermate nemmeno durante l’estate.

Con l’acuirsi della crisi politica, il regime ha deciso di fare ricorso a misure repressive, con brutali interventi della polizia, arresti di massa e campagne denigratorie contro gli oppositori politici.

A metà agosto si è assistito a episodi spiacevoli in molte città serbe, tanto che il paese sembrava essere sull’orlo di una guerra civile. Si è speculato anche sulla possibilità che venisse proclamato lo stato di emergenza.

In diverse città, durante le proteste, i manifestanti hanno raggiunto le sedi dei comitati locali dell’SNS.

Episodi analoghi si erano verificati anche in passato, concludendosi però quasi sempre in modo pacifico, coi manifestanti che gettavano spazzatura davanti alle sedi dell’SNS oppure le prendevano di mira lanciando uova. I membri del partito di solito si fermavano davanti ai locali, sventolando bandiere serbe e gridando “Aco, serbo” e “Non cederemo la Serbia”.

Lo scorso 14 agosto, in alcune città gli studenti e i cittadini in protesta hanno invece demolito i locali dell’SNS. Ben presto gravi disordini si sono riversati nelle strade.

La situazione più critica si è registrata Valjevo, nella Serbia centrale, dove si è tenuta una manifestazione per denunciare la demolizione della pizzeria “Korner”, il cui proprietario sostiene gli studenti. La sera prima della protesta, alcuni uomini incappucciati hanno fatto irruzione nel locale, danneggiandolo gravemente. Reagendo a questo episodio di violenza, gli abitanti di Valjevo hanno organizzato una protesta sfociata in scontri con la polizia.

Quella notte Valjevo sembrava una zona di guerra. Sin dall’inizio delle proteste a novembre 2024 non si è mai visto un tale livello di brutalità delle forze dell’ordine.

Perquisizioni invasive, irruzioni negli edifici e nei bar dove erano sedute persone che non avevano nulla a che vedere con la protesta, pestaggi e manganellate, sono solo alcune immagini di quella notte. L’episodio più sconcertante è stato il pestaggio di un ragazzo di quindici anni mentre giaceva sull’asfalto senza opporre alcuna resistenza.

Scontri violenti tra polizia e sostenitori del governo da una parte e manifestanti dall’altra hanno portato ad arresti di massa. Stando ai dati ufficiali, solo nella notte tra il 14 e il 15 agosto sono state arrestate quarantasette persone, circa ottanta manifestanti e trenta agenti di polizia sono rimasti feriti.

Nei giorni successivi, si è assistito ad una nuova ondata di proteste e violenze. I manifestanti hanno continuato a recarsi davanti alle sedi dell’SNS, e i cordoni di polizia hanno protetto i sostenitori del partito.

A segnare le proteste di agosto è stato anche il caso della studentessa Nikolina Sinđelić, arrestata nella notte tra il 14 e il 15 agosto durante una protesta davanti alla sede del governo a Belgrado.

Alcuni membri di un’unità speciale della polizia hanno portato Nikolina – come affermato da lei stessa – e alcuni dei suoi compagni in un garage appartenente al governo, dove il comandante Marko Kričak l’ha presa a schiaffi, sbattendole la testa contro il muro e minacciandola di stupro. Subito dopo essere stata rilasciata, Nikolina ha raccontato quanto accaduto e in tutta la Serbia si sono tenute manifestazioni di sostegno con lo slogan “Siamo tutti Nikolina”.

Altri due casi paradigmatici illustrano la decadenza morale dell’attuale regime.

Il caporedattore del famigerato tabloid di regime Informer ha pubblicato alcune foto esplicite della studentessa maltrattata, accompagnandole con commenti odiosi.

Poi durante una manifestazione di protesta davanti alla sede della formazione speciale di cui sopra, a sorvegliare l’edificio è stata un’unità composta esclusivamente da poliziotte – un chiaro messaggio e un’offesa a tutte le donne in Serbia.

Non è stato facile osservare i volti di quelle poliziotte, visibilmente imbarazzate. Per l’opinione pubblica serba si è trattato dell’ennesimo tentativo di strumentalizzare le donne.

Il ministero dell’Interno ha respinto le accuse relative all’incidente, affermando che la polizia avrebbe agito nel rispetto della legge.

Trascorsi alcuni giorni, gli scontri si sono attenuati, però le proteste, seppur più pacifiche, sono proseguite in tutto il paese. Con gli slogan “Dove ci siamo fermati”, “State scoppiando”, “Non siamo sacchi da boxe”, “La Serbia non si fa zittire”, gli studenti hanno nuovamente invitato i cittadini a scendere in piazza ogni giorno per protestare.

Avendo capito che le proteste non si sarebbero placate, il regime ha cambiato tattica.

L’SNS ha invitato i suoi accoliti a scendere in piazza per protestare pacificamente contro i blocchi, annunciando di voler dimostrare che i sostenitori del governo sono molti di più dei blokaderi [termine spregiativo utilizzato dal regime per indicare studenti e cittadini in protesta, ndt].

Lo scorso 20 agosto, in quarantanove città serbe si sono tenute proteste dei sostenitori della leadership al potere. Stando ai dati ufficiali del ministero dell’Interno, all’iniziativa hanno preso parte 33 mila persone, ovvero poco più di seicento persone in media per città. I ​​manifestanti hanno sventolato striscioni con le scritte “Vogliamo la pace”, “Voglio studiare”, “Voglio lavorare”.

Pochi giorni dopo, sono state organizzate altre manifestazioni, questa volta in settantacinque città della Serbia. Secondo le stime della polizia, ai raduni in tutto il paese hanno partecipato circa 70 mila persone e non è stato registrato alcun incidente.

Seguendo lo stesso copione, con bandiere serbe e slogan sulla voglia di studiare, lavorare e vivere in pace, in una piccola città, agli abitanti scesi in strada si è unito il presidente Vučić, annunciando nuovi raduni in cento località diverse per sabato 30 agosto.

Tuttavia, la nuova tattica del presidente e dei suoi collaboratori sembra essere destinata a fallire, come dimostra l’appello che Vučić ha rivolto agli studenti.

In un video pubblicato sul suo account Instagram, il presidente ha dichiarato: “La Serbia deve affrontare i problemi attraverso il dialogo, non con la violenza. Invito i rappresentanti del movimento di protesta ad un dialogo e a un dibattito pubblico sulle visioni, per discutere i nostri progetti e programmi per il futuro e per condannare tutti insieme la violenza nelle nostre strade”.

Vučić, che non ha partecipato ad un solo confronto pubblico da quando è salito al potere, ha proposto a tutte le emittenti televisive e a tutti i portali di ospitare un dibattito, chiedendo agli studenti in blocco di scegliere tre o quattro persone che la pensano diversamente dal governo per presentare il proprio programma, in modo che i cittadini possano valutare quali progetti per il futuro della Serbia siano migliori.

La reazione degli studenti non si è fatta attendere. Gli studenti della Facoltà di Filosofia dell’Università di Belgrado hanno scritto: “Il presidente ci ha invitato ad un dibattito pubblico. A quanto pare non ha una risposta alla rivolta popolare, e ora vuole parlare con noi, anche se da mesi ci chiama terroristi”.

Anche la Facoltà di Ingegneria ha reagito, chiedendo polemicamente: “Perché ci chiami se godiamo del sostegno del 5% della popolazione, che te ne importa?”. Per la Facoltà di Arti Drammatiche “chi mente così tanto [come Vučić] non ha bisogno di un avversario”.

Ad ogni modo, la maggior parte dei commenti degli studenti può essere riassunta in una frase: “Accettiamo un dibattito, prima però bisogna convocare elezioni”.

Essendosi reso conto che anche l’invito al dibattito non ha prodotto i risultati sperati, il presidente Vučić domenica 24 agosto ha tenuto una conferenza stampa per presentare una serie di misure economiche “spettacolari” da adottare nelle prossime settimane.

In parole povere, lo stato limiterà i margini commerciali, portandoli dal 40% al 20-22%, sperando così di portare ad una riduzione significativa dei prezzi dei prodotti alimentari di base e dei tassi di interesse sui prestiti, ma anche a sconti sulle bollette elettriche, prezzi più favorevoli della legna da ardere, nonché all’adozione di una nuova legge sulla tutela dei diritti dei consumatori.

Secondo l’analista politico Dušan Milenković, Vučić ha ammesso per la prima volta i propri errori, affermando ad esempio che “il governo non è riuscito a risolvere il problema dell’inflazione”.

“Il presidente – come spiega Milenković – ha riconosciuto l’esistenza di un forte divario all’interno della società” e ha parlato per la prima volta della differenza tra il salario mediano e quello medio. Vučić ha affermato che alcune persone percepiscono stipendi molto elevati che incidono sull’ammontare dello stipendio medio, creando un’immagine distorta dei guadagni reali in Serbia e del potere d’acquisto dei cittadini.

Molti economisti hanno criticato le misure annunciate, sottolineando che l’intervento non avrà effetti positivi di vasta portata. Un altro aspetto, sottolineato dagli esperti, riguarda le catene di vendita al dettaglio, che sarebbero maggiormente colpite da un’eventuale riduzione dei margini, e quindi troverebbero rapidamente un modo per “aggirare” le misure e salvare i guadagni, naturalmente a scapito dei lavoratori.

Una catena di vendita al dettaglio ha già annunciato di voler ridurre i salari ai propri dipendenti. Considerando che un cassiere di un negozio di quella catena nel centro storico di Belgrado – dove il potere d’acquisto è più alto rispetto alle altre parti della città – percepisce uno stipendio netto mensile di 500 euro, non vi è dubbio che l’adeguamento degli stipendi avrà un impatto diretto sul tenore di vita dei lavoratori del settore commerciale.

È chiaro dunque che a pagare le conseguenze della riduzione dei margini commerciali – che dovrebbe durare sei mesi – non saranno tanto le catene di vendita al dettaglio, quanto i lavoratori, già sfruttati. Da sottolineare poi che la riduzione dei margini non include i prezzi dell’elettricità e del carburante, quindi due ambiti da cui lo stato trae maggiori profitti diretti.

Le nuove misure sono state presentate come un intervento volto a ridurre le disuguaglianze sociali. Tuttavia, molti economisti prevedono scenari tutt’altro che rosei, parlando dell’acuirsi del divario tra ricchissimi e poveri, con la progressiva scomparsa del cosiddetto ceto medio.

Durante la presentazione delle misure, Vučić sembrava piuttosto impreparato, cosa per lui insolita. Si è fermato più volte, spiegando poi di non aver avuto abbastanza tempo per prepararsi nei dettagli. Ha risposto solo ad alcune domande dei media allineati per poi concludere la conferenza affermando di essere “stanco per non aver dormito la notte prima pensando a fantastiche misure economiche”. Il presidente ha promesso che nei prossimi giorni risponderà alle altre domande, annunciando misure ancora migliori per settembre.

Al termine della conferenza, gli studenti della Facoltà di Giurisprudenza hanno ricordato ancora una volta che “le misure economiche non sono una questione di competenza del presidente”.

È curioso notare come alla conferenza stampa non siano interventi né il premier né il ministro delle Finanze, né alcun altro funzionario che si occupa di questioni economiche.

Gli studenti e i cittadini si preparano per l’autunno. Lo slogan “Jesen stiže, huljo moja” [L’autunno sta arrivando, mascalzone”], parafrasando il verso di Đorđe Balašević, famoso musicista serbo, “Jesen stiže, dunjo moja” [L’autunno sta arrivando, cara mia”], risuona in tutta la Serbia. È stata già annunciata una grande protesta degli studenti delle scuole superiori per il prossimo primo settembre e sono previste anche nuove iniziative promosse da studenti e cittadini.