Serbia, la speranza dei giovani di Novi Pazar

Un gruppo di studenti di Novi Pazar, Serbia, si è messo in marcia lo scorso 16 ottobre per raggiungere Novi Sad per l’anniversario della tragedia che ha dato il via alle proteste di piazza. Sono bosgnacchi. Portano la bandiera della loro città e quella della Serbia

30/10/2025, Danijela Nenadić Belgrado
L'arrivo e l'accoglienza dei giovani di Novi Pazar a Valjevo, Serbia - foto D. Nenadić

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L'arrivo e l'accoglienza dei giovani di Novi Pazar a Valjevo, Serbia - foto D. Nenadić

Gli studenti di tutta la Serbia si sono messi nuovamente in marcia verso Novi Sad, dove il prossimo primo novembre si terrà una grande manifestazione per commemorare il primo anniversario della tragedia in cui hanno perso la vita sedici persone.

Questa non è la storia di tutti gli studenti che marciano chiedendo giustizia e responsabilità, anche se tutti meritano enorme rispetto e ammirazione. Questa è la storia di un gruppo di studenti di Novi Pazar che lo scorso 16 ottobre ha intrapreso una marcia di oltre 400 chilometri. “16 per 16” è il nome simbolico della loro iniziativa: sedici giorni di cammino per sedici vittime di Novi Sad.

Otto studenti dell’Università Statale di Novi Pazar da giorni ormai camminano, attraversando la Serbia, con orgoglio e dignità, senza paura e senza pregiudizi, guidati dall’idea che siamo tutti cittadini dello stesso paese e abbiamo tutti il diritto di vivere, quindi anziché ignorarci, dobbiamo cercare di capirci e accettarci a vicenda.

Sono bosgnacchi. Portano la bandiera della loro città e quella della Serbia. Portano anche la bandiera della Palestina. Portano striscioni con i nomi dei bambini che hanno bisogno di cure mediche. Prima di tutto, portano amore.

La loro marcia va oltre il numero di passi e chilometri che dovranno percorrere per raggiungere Novi Sad. Va oltre le vesciche ai piedi e il dolore, oltre la pioggia che inzuppa gli impermeabili, le salite che persino gli atleti professionisti supererebbero con difficoltà, ben oltre qualsiasi parola detta o scritta su di loro.

Per me, il loro viaggio è libertà. Dopo decenni di oscurità, odio, xenofobia in Serbia, come nel resto del mondo, i giovani di Novi Pazar portano una nuova speranza. Dove l’hanno trovata? Ne siamo degni? Da chi hanno imparato a sperare? Non trovo risposte a questi interrogativi.

Abbiamo fatto di tutto, la mia generazione e quelle più anziane, per scoraggiare questi giovani, facendo loro perdere ogni speranza di poter vivere in un paese che rispettasse tutti i suoi cittadini e dove anche loro potessero avere pari diritti e opportunità.

Abbiamo lasciato loro un paese in cui viviamo gli uni accanto agli altri, con una mera parvenza di uguaglianza e inclusione. Li abbiamo rinchiusi in un ghetto, sostenendo che le nostre leggi siano le migliori in Europa e che le minoranze nazionali abbiano tutti i diritti che desiderano. Li abbiamo lasciati alla mercé dei politici locali che si nutrono di divisioni, al contempo continuando ad arricchirsi conquistando posizioni di potere. Siamo rimasti in silenzio di fronte agli insulti e al disprezzo per la loro identità. Abbiamo osservato, tacendo, le ingiustizie che hanno subito.

Eppure, loro hanno deciso di alzare la voce per denunciare l’ingiustizia che ha causato la morte di sedici persone. Per la prima volta, i giovani bosgnacchi partecipano ad una mobilitazione studentesca (e civica) in Serbia. Hanno bloccato la loro università nonostante le minacce e i ricatti arrivati dall’amministrazione locale.

L'arrivo e l'accoglienza dei giovani di Novi Pazar a Valjevo, Serbia - foto D. Nenadić

L’arrivo e l’accoglienza dei giovani di Novi Pazar a Valjevo, Serbia – foto D. Nenadić

Qualche mese fa avevano organizzato una grande protesta a Novi Pazar, a cui si erano uniti i cittadini di tutto il paese, molti dei quali non erano mai stati a Novi Pazar prima. Erano giunti a Belgrado anche per sostenere una protesta davanti alla Radiotelevisione della Serbia in modo che i loro colleghi studenti [di fede ortodossa] potessero celebrare la Pasqua con le loro famiglie.

Hanno fatto di più per i bosgnacchi di tutti i “loro” politici messi insieme. Hanno fatto di più per la Serbia di tutti i “nostri” politici insieme. I giovani di Novi Pazar, in particolare il gruppo che ora sta marciando verso Novi Sad, sono un toccasana per le anime intrise di dolore.

Hanno contribuito al dialogo interreligioso più di tutti i capi di tutte le religioni di questo paese. Quando i rappresentanti dello stato hanno rifiutato di fornire loro alloggi nei luoghi di passaggio, i giovani di Novi Pazar hanno trovato un riparo nei dormitori delle chiese e dei monasteri della Chiesa ortodossa serba.

Quando la polizia non ha voluto accompagnarli durante le varie tappe del loro viaggio, mentre attraversavano tratti estremamente pericolosi, i cittadini si sono organizzati per seguirli con le proprie auto, per proteggerli.

Quando, poco prima di raggiungere Kosjerić – una cittadina della Serbia centrale, tradizionale roccaforte dei partiti serbi di destra – gli agenti li hanno fermati per perquisire il furgone che li scortava, gli studenti di Novi Pazar non hanno detto una sola parola. Hanno sopportato un’altra pressione con calma e dignità, proseguendo poi la loro marcia. Gli abitanti dell’area – che, come molti, ammirano e rispettano gli sforzi degli studenti – sono accorsi per aiutarli.

So che sentono amore ad ogni passo. In ogni città e villaggio attraversati sono stati accolti con abbracci, gioia e orgoglio, mentre le esperienze negative, come confermano loro stessi, sono così poche che le dimenticano in fretta.

Non so quante persone, se ce ne sono, provino vergogna abbassando lo sguardo davanti alla dignità di questi giovani.

Non so quante persone li sostengano, ma tacciono e restano a casa, perché non hanno tempo per esprimere quel supporto. Né tanto meno so in quanti ammirino i giovani di Novi Pazar, ma non possono sostenerli perché, dopotutto, sono musulmani.

Non so quanti siano i delusi e quelli che pensano che “siamo tutti uguali”.

Non so quante siano le persone che – pur essendo apatiche e apolitiche, tanto che provano disgusto per la politica – vorrebbero comunque respirare aria pulita, avere accesso ad una sanità e un’istruzione di qualità, e la possibilità di lavorare e vivere del proprio lavoro.

Non so quanti saranno quelli che il giorno, sempre più vicino, in cui vedremo la fine dell’attuale regime, affermeranno di essere sempre rimasti al fianco degli studenti.

Non so quanti siano quelli che li disprezzano perché praticano una fede diversa e li considerano inferiori, un male necessario che dobbiamo sopportare nel paese che condividiamo.

Non so quanto sia cambiata la Serbia nell’ultimo anno.

So però che non è diventata improvvisamente un paese in cui il nazionalismo e lo sciovinismo sono stati sconfitti. Noi, che crediamo che questo paese appartenga a tutti i suoi cittadini, non siamo diventati la maggioranza. Non ci dobbiamo illudere. La strada è ancora lunga.

Forse però, grazie agli studenti, grazie ai giovani di Novi Pazar, siamo un passo più vicini a questo obiettivo.