Serbia: la sottile linea fra criminalità e politica
Il premier serbo Ivica Dačić si è trovato di recente sotto i riflettori per presunti legami con la criminalità organizzata. Per ora le reazioni del vice premier e ministro della Difesa Aleksandar Vučić – assurto alle cronache come castigatore dei criminali – sono caute. Non si escludono però elezioni anticipate
Il premier e ministro degli Interni serbo Ivica Dačić è riuscito a superare, per ora, tutta una serie di accuse sui legami con esponenti della malavita, benché lui stesso abbia riconosciuto pubblicamente di aver frequentato Rodoljub Radulović, sopranominato Miša Banana, collaboratore di Darko Sarić a capo del più potente narco-clan della Serbia.
Il “segreto” di questo successo sta nel fatto che in questo momento il Partito progressista serbo (SNS) e il suo leader Aleksandar Vučić – partner della coalizione di governo assieme ai socialisti di Dačić – non vogliono la caduta del governo, e l’opposizione è troppo debole per fare pressione sulla coalizione di governo per destituire il premier.
In attesa della decisione dell’UE
Un governo stabile guidato da Dačić è necessario per almeno altri quattro mesi, cioè fino a giugno quando l’Unione europea dovrebbe decidere sulla data di avvio dei negoziati con la Serbia. La data dipende quasi esclusivamente dai progressi dei colloqui con il Kosovo, e Dačić è a capo del team dei negoziatori. Siccome in questi colloqui Belgrado deve accettare dolorose concessioni, a Vučić starebbe bene rimanere nell’ombra e mandare allo scoperto il premier.
Gli scandali che vengono messi in relazione con il premier saranno “congelati” fino al termine di una vasta indagine già avviata, lasciando che il premier possa continuare a fare il suo lavoro. Le indagini su corruzione e criminalità sono, sia formalmente che sostanzialmente, sotto il controllo di Vučić, il quale è vice premier, ministro della Difesa e il coordinatore dei Servizi di sicurezza serbi, posizione che lo rende l’uomo più potente del paese. In questo momento, il premier Dačić in realtà dipende completamente dalla volontà di Vučić che tiene letteralmente in pugno il destino politico del premier e, se volesse, potrebbe influenzare l’accelerazione o il rallentamento di qualche indagine.
I primi risultati della nuova divisione del potere sono visibili. Dačić ha dovuto, senza potersi opporre, accettare di lasciare Milorad Veljović all’importante carica di direttore della polizia, pur avendone chiesto le dimissioni appena entrato in carica. Veljović è stato direttore della polizia anche nel governo precedente, dove Dačić era ministro degli Interni. Attraverso lui il Partito democratico (DS) di Boris Tadić, allora al governo, si garantiva il controllo sul lavoro della polizia e limitava l’influenza di Dačić sulle strutture di quest’ultima.
Vučić ha posto come sua missione politica la lotta alla corruzione e alla criminalità e su questo sta costruendo la sua popolarità. Il vicepremier ha capito subito che Veljović aveva a disposizione importanti informazioni sulla corruzione e che sarebbe stato in grado di portare risultati sia a lui che alla procura. Inoltre, anche Vučić è dell’idea di non permettere a Dačić di mettere alla direzione della polizia qualcuno vicino al suo Partito socialista della Serbia (SPS). Alla fine, Veljović, anche grazie all’esperienza avuta con Dačić, è riuscito a imporsi come "soluzione ottimale", riuscendo a cambiare la lealtà al DS e a Tadić con la lealtà all’SNS e a Vučić.
Dačić e i legami con il sottobosco criminale
L’aver ammesso di essersi incontrato almeno una volta con lo stretto collaboratore di Sarić non è certo la minaccia più grossa che aleggia sopra la testa di Dačić. All’opinione pubblica sono trapelate informazioni secondo le quali il suo caro amico e consigliere per la sicurezza Ivica Tončev sarebbe molto vicino a clan mafiosi coi quali avrebbe fondato varie aziende a Vienna. Della sua attività si sono occupate sia la polizia austriaca sia quella tedesca. Nonostante questo Dačić l’ha insistentemente promosso prima attraverso la struttura del suo SPS e poi anche attraverso gli organi statali.
Se, dunque, può anche dire di aver pranzato per puro caso con Radulović, l’uomo di Sarić, ignorando che lui fosse un criminale, gli sarà molto difficile spiegare come e perché a Tončev, che invece conosce da molto tempo, ha affidato funzioni così importanti e perché non ha svolto prima determinati accertamenti. Per chi è ministro degli Interni da cinque anni, tali questioni, per loro natura, sono parecchio scomode.
Siccome si tratta di informazioni che hanno letteralmente invaso i media serbi, anche l’opposizione può facilmente usarle come arma contro Vučić e la coalizione di governo. In questo momento Vučić non ha paura, perché i partiti di opposizione sono troppo deboli e disorganizzati, ma sa comunque che possono anche diventare più forti.
Sono inoltre in corso indagini su rilevanti malversazioni finanziarie nelle imprese pubbliche serbe e, in molte di queste imprese, il ruolo guida lo avrebbero avuto i quadri dell’SPS di Dačić. Dal momento che coordina i Servizi segreti serbi, Vučić questo lo ha ben presente. Adesso che ha fatto passare Dačić attraverso una sorta di linciaggio pubblico e lo ha mantenuto nella posizione di premier, Vučić ha a sua disposizione una potente leva che renderà possibile che l’SPS, senza obiezioni, accetti i risultati delle indagini sulle malversazioni finanziarie, previste nei prossimi mesi.
Possibili elezioni in autunno
Se questi risultati si avvicineranno anche di poco a quello che adesso circola sui media serbi sotto forma di congetture, per Vučić l’alleanza con l’SPS potrebbe diventare nel tempo molto scomoda. La soluzione del problema potrebbero essere elezioni anticipate, che però Vučić ha già detto non ci saranno nei prossimi mesi. Ma, né Vučić né i suoi stretti collaboratori rifiutano esplicitamente la possibilità che le elezioni vengano indette per quest’autunno, dunque quando si saprà definitivamente se la Serbia otterrà la data di avvio dei negoziati con l’Unione europea.
Quest’autunno Vučić, molto probabilmente, avrà in mano risultati tangibili dalle indagini sulla corruzione e la criminalità, e forse anche le sentenze di alcuni casi importanti, come il processo contro il più ricco uomo della Serbia, Miroslav Mišković, che si trova in custodia cautelare con l’accusa di aver riciclato denaro di Sarić guadagnato col traffico di cocaina. Questo garantirebbe a Vučić il successo elettorale e di poter scegliere lui stesso, a seconda dei risultati che otterranno gli altri partiti, chi sarà il nuovo partner di coalizione.
A ben guardare gli scandali di corruzione, inclusi quelli dove è immischiato il premier Dačić, fanno parte dei preparativi per ricomporre la scena politica serba in accordo coi nuovi rapporti di forza. Oltre ad impegnarsi sinceramente per concludere i casi che ha aperto, Vučić per adesso riesce ad usare il potere che ha a disposizione per mettere in riga gli avversari politici. Perché, non bisogna dimenticarlo, gli scandali di corruzione riguardano anche il DS, il maggiore partito di opposizione della Serbia nonché candidato credibile come futuro partner di coalizione dell’SNS.
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