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Serbia: la battaglia ecologista
L’impegno verde di Ivan Zafirović, sociologo e specialista di eco-management, è figlio dei primi movimenti ecologisti nati in Jugoslavia, negli anni ’70. E di un sogno: che Pančevo, dove è nato, non sia più tra le città più inquinate d’Europa. Un’intervista
Da quanto tempo si occupa di ambiente?
Pančevo era, ed è ancora nonostante la situazione sia oggi migliore rispetto a 30 o 40 anni fa, una delle città più inquinate d’Europa. E’ stato uno dei motivi che mi hanno spinto ad occuparmene ai tempi dell’ex-Jugoslavia all’interno dell’organizzazione Zelena Pega, gruppo ecologista di Pančevo. Negli anni ’80 la nostra, fondata nel 1987, fu una delle prime assieme alla Zelena Zvezda (Stella Verde, ndr) di Novi Sad e la Svarun di Zagabria, famosa per le sue battaglie antinucleari.
Poi, sempre a metà degli anni ’80, mi sono iscritto a filosofia. Il piano di studi prevedeva materie legate allo sviluppo sostenibile che mi hanno ulteriormente spinto a seguire questa strada.
E quale la sensibilità ambientale tra i cittadini?
Una passione e un impegno cresciuti anche grazie a testi che mi hanno segnato, come i libri di André Gorz ed Herbert Gruhl ma anche l’eccezionale libro di Gian Antonio Gilli “Come si fa ricerca” che allora ha rappresentato una grande novità nel settore.
Quali sono state le battaglie portate avanti dalla vostra associazione?
Zelena Pega contava circa 50 iscritti ma riusciva ad avere una grande influenza sull’opinione pubblica: eravamo gli unici in città ma eravamo soprattutto radicali, incorruttibili e amanti della verità. Finalmente si discuteva con i cittadini di temi quali l’inquinamento dell’aria e le conseguenze sulla salute e sull’ambiente, l’industrializzazione selvaggia, il traffico deregolato e l’abusivismo edilizio. Cercavamo inoltre di far emergere la questione importante delle informazioni che venivano nascoste all’opinione pubblica e di sostenere le – quasi inesistenti – attività di sensibilizzazione ambientale.
Con gli anni ’90 e il processo di dissoluzione del paese, cosa è accaduto?
Con la nascita del sistema multipartitico sono entrato nel partito verde Zelena Stranka che in seguito è convogliato nel Vojvođanska Zelena Stranka (Partito Verde della Vojvodina, ndr). All’inizio il partito contava a Pančevo 150 iscritti, diverse migliaia in tutta la Serbia.
Eravamo contro il regime di Milošević, contro il nazionalismo, la dissoluzione violenta del paese e quindi contro lo scontro civile e la guerra. Non siamo riusciti a incidere sull’opinione pubblica perché la propaganda di Milošević, ma anche di chi governava in altre repubbliche ex-jugoslave, era troppo forte. Basti pensare che il regime aveva inserito nel nostro partito alcuni suoi uomini per creare divisioni, sospetti e scontri.
Ciò detto, ho ricoperto il ruolo di deputato verde – di Zelena Stranka prima e Vojvođanska Zelena Stranka poi – tra il 1996 e il 2008 nel parlamento locale di Pančevo: un’assemblea formata da deputati che rappresentano i 77.000 abitanti della città e i 43.000 abitanti dei paesini che fanno parte della municipalità. Nel frattempo ho cominciato a collaborare – e lo faccio tutt’ora – con l’Ekološki pokret (Movimento verde, ndr) di Novi Sad.
Ma ho fatto parte anche di organizzazioni che non si occupavano prettamente di ecologia, come il Pokret za mir (Movimento per la pace, ndr) nato a Pančevo il 3 agosto del 1991 con l’inizio del conflitto in Croazia, su iniziativa di semplici cittadini che erano contro la guerra in ex-Jugoslavia.
Poi ha interrotto il suo percorso politico?
Durante e dopo la dissoluzione della Federazione jugoslava molte associazioni verdi sono morte e i collegamenti trai i vari paesi della regione si sono interrotti. Nel 2008, a causa della nuova legge nazionale sui partiti, Zelena Stranka ha chiuso. Perché per registrare un partito si dovevano raccogliere almeno 10.000 firme che poi dovevano essere certificate dagli organi statali. Ma ogni certificazione costava 5 euro e quindi si doveva avere ben 50.000 euro da spendere… ma non li avevamo.
Nel 2008 ho dato le dimissioni dal parlamento locale e ho deciso di non occuparmi più direttamente di politica. Innanzitutto perché ritenevo che il Fondo per la tutela ambientale non venisse speso in maniera adeguata: è stato usato per asfaltare le strade o per l’acquisto di autobus, per pagare gli stipendi degli addetti alle municipalizzate, oppure per finanziare lavori infrastrutturali della città che non avevano a che vedere con la tutela ambientale.
E il suo impegno ecologista?
La consulenza che offro oggi nel Servizio pianificazione e progettazione ambientale e urbanistica presso la Direzione urbanistica ed edilizia di Pančevo, mi permette di continuare a perseguire il mio sogno: che Pančevo divenga una città normale in cui vivere. Con tanto verde, con la riconversione industriale e la costruzione di fabbriche cosiddette “zero waste production”. Cerco di proporre una progettazione urbanistica basata sul principio dell’industria ecologica o, come la definisco alcuni, “simbiosi industriale”. Per dirla in parole semplici, di fabbriche i cui “rifiuti” diventano risorsa primaria di altre fabbriche, come è stato fatto ad esempio in Danimarca dove esistono industrie collegate tra loro come fossero un unico organismo.
Continuo a collaborare con l’Ekološki pokret di Novi Sad il cui presidente, Nikola Aleksić, è stato di recente definito dal quotidiano Vesti “Don Chisciotte” dell’ambiente, per le sue battaglie contro gli alimenti OGM nel paese… Inoltre, faccio parte dell’organizzazione internazionale “Balkan Net” fondata a metà degli anni 2000 dall’ente tedesco GIZ – Deutsche Gesellschaft für Internationale Zusammenarbei che si occupa di formazione di quadri e specialisti di settore. Balkan Net è formata da 30 membri di tutti i paesi della ex-Jugoslavia più Albania, Romania e Bulgaria: lavoriamo in rete su progetti di ricerca e studi di fattibilità legati alla tutela ambientale e allo sviluppo eco-sostenibile nella regione.
Qual è oggi la situazione generale in Serbia in merito alla rappresentanza delle istanze ecologiste?
Per quanto riguarda il panorama politico nazionale c’è il partito ZS – Zeleni Srbije (Verdi di Serbia, ndr) che si è costituito nel 2007 su aiuto dei DS (Partito Democratico). Alle elezioni politiche del 2012 i Verdi si sono presentati coalizione con loro, ma hanno ottenuto un solo deputato – Ivan Klarić – che però è rimasto isolato e non ha alcun potere.
Tra i giovani esistono singoli o piccoli gruppi che tentano di occuparsene seriamente, ma la loro voce è limitata. La mia generazione – e quella un poco più giovane – aveva una maggiore sensibilità su questi temi mentre i giovanissimi di oggi non ce l’hanno per nulla. Soprattutto perché la forte crisi economica e sociale spinge le persone a concentrarsi sulla pura sopravvivenza.
Inoltre, manca un’informazione chiara ed approfondita sui temi ambientali. Non solo nel sistema scolastico ma anche sui media. Ad esempio, quando ero membro del parlamento locale ero l’unico deputato dei verdi su un totale di 70 deputati. Eppure in quei 4 anni sono stato chiamato a parlare in tv una volta sola e ho ottenuto spazio per affrontare temi ambientali solo in occasione di conferenze stampa ufficiali.
E’ molto difficile far emergere sui media temi come la produzione di energia nucleare, la produzione di cibo geneticamente modificato, le conseguenze del bombardamento Nato del 1999 e il problema vecchio di trent’anni del trattamento dei rifiuti nucleari.
Come uscire da una situazione che mi sembra lei descriva bloccata?
In questo panorama, ritengo che l’UE possa avere una forte e positiva influenza sul paese, sebbene io sia convinto che molto dipenda soprattutto da noi. Non solo dobbiamo aumentare i nostri sforzi nella soluzione dei problemi ma dobbiamo anche fare molto lavoro politico perché migliori la sensibilità verso il tema e si capiscano gli aspetti positivi anche per l’economia del paese.
E a questo proposito, ritengo importante che le direttive europee non vengano ratificate “copia incolla” ma siano adattate alle nostre necessità per renderle praticabili secondo step precisi. Altrimenti rischiano di rimanere sulla carta e non portare la Serbia verso uno sviluppo eco-sostenibile.