Serbia: il regime vuole mettere a tacere ogni voce critica

L’ennesimo caso in Serbia di gogna mediatica. Sotto il mirino dei tabloid belgradesi, legati agli appartati di governo, è finito il giornalista della Tv N1 Miodrag Sovilj. La sua "colpa"? Aver fatto domande pertinenti al presidente Vučić

29/11/2019, Saša Kosanović -

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Miodrag Sovilj

(Originariamente pubblicato dal portale Novosti , il 24 novembre 2019)

Miodrag Sovilj, giornalista dell’emittente televisiva N1 Serbia, è recentemente finito nel mirino dei tabloid serbi dopo aver fatto una domanda al presidente Aleksandar Vučić sul presunto coinvolgimento di Branko Stefanović, padre del ministro dell’Interno Nebojša Stefanović, nel traffico illecito di armi. Lo scandalo del traffico di armi è scoppiato quando si è saputo che l’azienda privata GIM, legata a Branko Stefanović, aveva acquistato armamenti a prezzi di favore dall’azienda statale Krušik, per poi venderli agli Emirati Arabi Uniti. I tabloid serbi, ma anche alcuni rappresentanti del potere, hanno insinuato che il presidente Vučić si sia sentito male, avvertendo un improvviso dolore al petto, propria a causa della domanda rivoltagli da Sovilj. Vučić è stato poi trasferito all’ospedale dove è stato trattenuto in osservazione per qualche giorno. La gogna mediatica contro Miodrag Sovilj è parte integrante di una campagna denigratoria che ormai da anni viene condotta contro l’emittente N1, uno dei pochi media serbi che non sono controllati dal partito di governo.

Come commenta le accuse secondo cui la sua domanda sul presunto coinvolgimento del padre del ministro dell’Interno nel traffico illecito di armi avrebbe portato il presidente Aleksandar Vučić sull’orlo dell’infarto?

Questa è probabilmente l’affermazione più bizzarra che io abbia mai sentito sui media di regime, e non è cosa da poco perché il mio lavoro consiste, tra l’altro, nel leggere i tabloid serbi, e devo ammettere che ho letto davvero tante interpretazioni diverse dell’accaduto. Le accuse che mi sono state rivolte sono completamente assurde – per usare un eufemismo – e sarebbe stato più appropriato se fossero state pubblicate su un portale satirico, ma purtroppo non è uno scherzo, bensì la realtà che dovranno essere pronti ad affrontare tutti quelli che intendono porre domande di interesse pubblico al presidente. Tuttavia, la manipolazione mediatica è un fenomeno complesso e, per quanto possa rappresentare un insulto all’intelligenza, in questo specifico caso ha raggiunto il suo obiettivo iniziale: distogliere l’attenzione dell’opinione pubblica dalle domande che avevo rivolto al presidente riguardanti il sospetto coinvolgimento del padre del ministro dell’Interno nel traffico di armi.

Quanto è pericoloso occuparsi di giornalismo oggi in Serbia per quei giornalisti che sono presi di mira dal regime? Lei teme per la propria incolumità?

Non è certo una sensazione piacevole, perché ormai da giorni, dalla mattina alla sera, ovunque mi giri sento citare il mio nome nei più vari contesti. In un paese come la Serbia, la cui storia è segnata da orribili omicidi di giornalisti, la prudenza non è mai troppa. Ciò a cui assistiamo qui è un classico attacco, questo è più che evidente. Tuttavia, a prescindere dal fatto che si tratti di una mia strategia anti-stress o meno, in questo momento non sono tanto intimorito quanto stupefatto nel constatare fin dove sono disposte a spingersi “le unità speciali” del regime.

 

Oltre a questa gogna mediatica contro di lei, ormai da anni viene portata avanti una campagna denigratoria contro l’emittente N1 e altri media critici nei confronti del governo. Secondo lei, qual è l’obiettivo principale di questa offensiva mediatica intrapresa dal Partito progressista serbo (SNS)?

La gogna mediatica contro l’emittente N1 è iniziata subito dopo la sua fondazione cinque anni fa, ed è diventata una costante. Ma ciò non significa che ci siamo abituati a questa situazione, anzi è una fonte di frustrazioni quotidiane per me e i miei colleghi. Cerchiamo solo di svolgere il nostro lavoro rispettando le regole deontologiche della professione. L’obiettivo finale degli attacchi ai media non allineati è quello di sopprimere o almeno indebolire ogni voce critica nei confronti del partito di governo. Questo progetto viene portato avanti con successo ormai da molti anni e temo che i media che si rifiutano di piegarsi saranno sottoposti a pressioni sempre più forti.

Qualche tempo fa lei ha invitato il presidente Vučić a smettere di attaccare l’emittente N1 e di smettere di bollarla come “emittente di Đilas”. Pare che la sua richiesta non abbia sortito alcun effetto…

Tecnicamente sì, perché da allora il presidente, pur con qualche eccezione, generalmente si astiene dall’usare suddetta espressione. Nella sostanza, però, non è cambiato nulla perché Aleksandar Vučić e i suoi più stretti collaboratori hanno semplicemente trovato nuove espressioni per screditare l’emittente N1. Prima eravamo un’emittente “americana”, “della CIA”, “di Đilas”, ora ci chiamano un’emittente “lussemburghese”. Sui volantini che alcune persone che indossavano mascherine chirurgiche sul viso hanno recentemente lasciato nel cortile davanti alla sede dell’emittente N1 c’erano scritte alcune frasi che alludevano proprio agli epiteti che i più alti funzionari dello stato usano per screditare la nostra emittente.

È d’accordo con l’affermazione secondo cui i tabloid serbi come Informer, Kurir, Telegraf, fungerebbero da portavoce del regime, nonché da sorta di fanteria d’assalto che la leadership al potere usa per attaccare tutti gli oppositori politici?

È difficile non essere d’accordo con questa affermazione. Le campagne denigratorie lanciate da questi tabloid sono sempre sincronizzate, con contenuti quasi identici, con interviste agli stessi interlocutori, e persino con l’identica veste grafica, e vengono condotte esclusivamente contro gli individui, le organizzazioni e i media che hanno un atteggiamento critico nei confronti del partito al governo. Ma non si tratta solo di tabloid. Dopo il recente acquisto di diverse emittenti televisive a copertura nazionale da parte di alcune persone vicine all’SNS, i telegiornali di queste emittenti sono diventati quasi identici, con la stessa organizzazione del programma, e a volte persino con gli stessi servizi firmati da diversi giornalisti. Analizzando i programmi di approfondimento informativo di queste emittenti, sembra che tutti siano creati dalla stessa persona.

La Serbia ha lo status di paese candidato all’adesione all’UE. Vi siete rivolti alle organizzazioni internazionali per chiedere aiuto? Avete ricevuto l’appoggio da qualcuno?

N1 informa costantemente le associazioni internazionali delle minacce e pressioni ricevute e tutte le maggiori organizzazioni di tutela dei giornalisti ci hanno sempre fornito il loro sostegno, compresi Reporter senza frontiere, Freedom House, il Comitato per la protezione dei giornalisti (CPJ) e molti altri. Le parole di sostegno certamente contano, ma viene da chiedersi se possano produrre alcun effetto concreto perché gli attacchi alla nostra redazione non accennano a fermarsi.

 

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