Serbia: il controverso legame tra la famiglia Karić e il regime di Lukašenko
Nel 2020 più del 90% dei nuovi progetti di edilizia residenziale nella capitale bielorussa è stata realizzata da investitori privati. Tra chi ha guadagnato di più da questi progetti c’è anche la famiglia Karić, ovvero le sue aziende operanti in Bielorussia. Un’inchiesta spiega i rapporti tra il presidente Lukašenko e i Karić
(Originariamente pubblicato da KRIK, il 27 maggio 2021)
Il progetto “Faro di Minsk”, che nel 2008 vinse un concorso di progettazione indetto dalla città di Minsk, avrebbe dovuto dare un volto futuristico alla capitale della Bielorussia. La rappresentazione grafica del progetto è dominata da un grattacielo alto 300 metri, avvolto da una spirale di vetro, che spunta tra blocchi di edifici residenziali, separati da canali su cui galleggiano gondole simili a quelle che si possono vedere a Venezia.
Il progetto venne elaborato dall’azienda Zomex Investment di proprietà di una nota famiglia di imprenditori serbi, la famiglia Karić, che intrattiene stretti legami con il presidente bielorusso Aleksandr Lukašenko. I fratelli Bogoljub e Sreten Karić avviarono diverse attività in Bielorussia dopo essere fuggiti dalla Serbia dove erano stati accusati di appropriazione indebita di denaro ai danni di un’azienda pubblica. Alla fine del 2016 tutte le inchieste nei confronti dei fratelli Karić furono archiviate e poco dopo i fratelli tornarono in Serbia.
L’azienda Zomex Investment aveva ottenuto notevoli agevolazioni fiscali e aiuti finanziari dal governo bielorusso per la realizzazione del progetto “Farro di Minsk” e con un decreto del presidente Lukašenko all’azienda era stato concesso in uso gratuito un terreno ubicato in pieno centro di Minsk. Tuttavia, il progetto non è mai stato realizzato.
Tre anni dopo l’aggiudicazione della gara da parte dell’azienda Zomex, sul terreno destinato al “Faro di Minsk” – ovvero a torri, grattacieli e quello che era stato annunciato come uno dei più grandi parchi acquatici in Europa – sorsero alcuni edifici residenziali in cemento, simili a quelli che si possono vedere in diverse parti di Minsk.
Il “Faro di Minsk” non è l’unico progetto promosso dalle aziende di proprietà della famiglia Karić in Bielorussia a non essere stato portato a termine. Anche alcuni altri progetti delle aziende legate alla famiglia Karić, accompagnati da grandi promesse e sostenuti con generosi finanziamenti da parte del governo bielorusso, non sono mai stati realizzati. Ciononostante, le aziende dei fratelli Karić continuano a vincere i concorsi pubblici di progettazione architettonica in Bielorussia.
Nel 2020 la compagnia Zomex ha cambiato nome in Emirates Blues Sky e oggi, insieme ad altre due aziende ad essa affiliate, è impegnata in almeno undici progetti architettonici nei dintorni di Minsk. Queste aziende – come emerge da un’inchiesta condotta da OCCRP, Belsat e KRIK – sono i principali investitori nel settore edilizio a Minsk e ad oggi hanno ottenuto in concessione circa 400 ettari di terreni, per un valore complessivo pari a circa 800 milioni di euro.
L’inchiesta giornalistica realizzata da OCCRP, Belsat e KRIK ha inoltre messo in luce come i fratelli Karić siano riusciti ad aggirare le sanzioni imposte dall’Unione europea ad una delle loro aziende, continuando a trarre vantaggi dalla collaborazione con il presidente bielorusso.
Fino a dicembre 2020 tutte e tre le aziende della famiglia Karić operanti in Bielorussia sono state gestite dalla compagnia Dana Holdings con sede a Cipro, di proprietà di Nebojša Karić, figlio di Bogoljub Karić. Nel dicembre 2020 l’Unione europea ha incluso la compagnia Dana Holdings nella “lista nera” di persone e aziende sospettate di essere legate al regime di Lukašenko che nell’agosto 2020 aveva represso con violenza le proteste pacifiche contro i risultati ufficiali delle elezioni presidenziali, ritenute truccate.
Sembra che la famiglia Karić abbia intuito quello che sarebbe successo perché pochi giorni prima della pubblicazione della “lista nera” dell’UE la compagnia Dana Holdings ha ceduto la proprietà delle tre aziende operanti in Bielorussia alla società Enterprise Developments Holding Limited registrata negli Emirati Arabi Uniti.
Secondo la documentazione aziendale, il direttore e proprietario della società Enterpise Developments Holding Limited è Mustafa el Tobgi. Un certo Mustafa el Tobgi fu citato anche come direttore dell’azienda Dana Holdings in una pubblicità comparsa nel 2013 sul noto sito web bielorusso TUT.by.
Dal momento che non sono più ufficialmente gestite dalla compagnia Dana Holdings, le tre aziende bielorusse della famiglia Karić sono riuscite a sottrarsi alle sanzioni dell’UE, continuando a trarre vantaggi da legami intrattenuti con il presidente bielorusso.
Nella sua risposta scritta alle domande rivoltegli dai giornalisti di KRIK; Vibor Mulić, presidente del consiglio di amministrazione dell’azienda Dana Holdings, ha affermato che il team legale di Dana Holdings ha presentato un ricorso contro la decisione dell’UE di imporre sanzioni all’azienda.
“Tutte le decisioni che abbiamo preso prima delle sanzioni, compreso il passaggio di proprietà, sono state motivate da ragioni prettamente economiche”, ha precisato Vibor Mulić.
Mulić ha respinto le accuse secondo cui la famiglia Karić godrebbe di un rapporto privilegiato con Lukašenko, affermando che le aziende della famiglia Karić si sono aggiudicate tutti i lavori di costruzione a Minsk partecipando a gare pubbliche e che le agevolazioni fiscali di cui godono sono previste dalla normativa bielorussa.
“C’è solo un legame tra Dana Astra e il Comitato olimpico nazionale”, ha dichiarato Mulić, riferendosi al fatto che Dana Astra, una delle tre aziende della famiglia Karić con sede a Minsk, è sponsor del Comitato olimpico nazionale bielorusso. Uno dei figli di Lukašenko è vicepresidente del Comitato olimpico di Minsk.
Dal comunismo alla cleptocrazia
Le istituzioni internazionali ormai da più di un decennio sollecitano la Bielorussia ad abbandonare il modello di economia di stato instaurato all’epoca sovietica e di aprirsi all’economia di mercato. Tuttavia, in Bielorussia ha preso piede un “capitalismo degli amici” da cui traggono vantaggio alcune aziende private legate all’élite politica. I funzionari statali e i loro stretti collaboratori godono di una posizione privilegiata che consente loro di arricchirsi e di trasferire soldi all’estero tramite società offshore.
Questo emerge chiaramente anche nel settore edilizio in Bielorussia che negli ultimi dieci anni ha subito notevoli cambiamenti. Stando alle parole di Nataša Litovskaja, esperta immobiliare di Minsk, nel 2011 la maggior parte dei progetti di edilizia residenziale nella capitale bielorussa è stata finanziata dallo stato, mentre nel 2020 più del 90% dei nuovi progetti è stata realizzata da investitori privati.
Tra gli investitori che hanno guadagnato di più da questi progetti c’è anche la famiglia Karić, ovvero le sue aziende operanti in Bielorussia: Zomex Investment, Dana Astra e Belinte Robe. La famiglia Karić è evidentemente riuscita a trarre i massimi vantaggi dagli stretti rapporti intrattenuti con Lukašenko che è al potere ininterrottamente dal 1994 e viene spesso definito “l’ultimo dittatore d’Europa”.
La famiglia Karić giunse in Bielorussia nel 2006 dopo che in Serbia era stata avviata un’inchiesta nei confronti di alcuni membri della famiglia, compreso Bogoljub Karić, sospettati di essersi arricchiti illegalmente, grazie anche al fatto di aver goduto di una posizione privilegiata durante il regime di Slobodan Milošević.
La procura aveva dimostrato, tra l’altro, che la famiglia Karić aveva danneggiato le casse dello stato sottraendo denaro all’azienda di telecomunicazioni Mobtel – di cui possedeva una quota di capitale, mentre la quota restante apparteneva allo stato – attraverso contratti e progetti fittizi. Nel 2006 venne emesso un mandato di cattura nei confronti di Bogoljub e Sreten Karić, ma dieci anni dopo tutte le inchieste nei loro confronti vennero archiviate e i fratelli Karić tornarono in Serbia.
Durante la loro latitanza, i fratelli Karić trovarono rifugio in Russia e in Bielorussia, stringendo stretti rapporti con il presidente bielorusso Aleksandr Lukašenko. Nel 2009 Dragomir Karić, fratello di Bogoljub e Sreten Karić, invitò Lukašenko a partecipare al Business Forum di Kopanik. Nel 2010 Dragomir Karić divenne direttore responsabile di un grande progetto edilizio denominato “Città di Minsk” la cui realizzazione fu successivamente affidata all’azienda Dana Astra.
Da alcuni documenti aziendali relativi all’anno 2017 emerge che la famiglia Karić aveva assunto Lilia Lukašenko, nuora del presidente bielorusso, come vicedirettrice dell’azienda Dana Astra. Interpellato dai giornalisti di OCCRP, Vibor Mulić ha dichiarato che Lilia Lukašenko non lavora più presso l’azienda Dana Astra.
La famiglia Karić trae enormi vantaggi dai legami intrattenuti con l’élite al potere in Bielorussia.
Solo nel 2019 l’azienda Zomex Investment ha registrato un fatturato di circa 28 milioni di euro. Stando ad un accordo stipulato con il governo bielorusso, Zomex Investment non è tenuta a pagare alcuna imposta sul reddito d’impresa.
Nonostante tutte le agevolazioni di cui gode in Bielorussia – o forse proprio grazie ad esse – Zomex Investment non porta mai a termine i suoi progetti.
Tre anni dopo essersi aggiudicata la gara indetta dal comune di Minsk, ricevendo inoltre una sovvenzione statale per la realizzazione del progetto “Faro di Minsk”, è diventato chiaro che l’azienda Zomex Investment non avrebbe mai costruito i grattacieli di vetro e i canali percorsi da gondole inizialmente previsti.
“Minsk World” è un altro progetto promosso dalle aziende della famiglia Karić a non essere mai stato portato a termine. Nel 2014 il presidente Lukašenko ha concesso all’azienda Dana Astra circa 300 ettari di terreno (il cui valore è stimato in circa 650 milioni euro) per la realizzazione di questo progetto. Dana Astra ha inoltre ottenuto notevoli agevolazioni fiscali, nonché la possibilità di usufruire delle risorse messe a disposizione dal comune di Minsk.
Tali aiuti concessi all’azienda Dana Astra furono motivati dal fatto che l’investitore aveva promesso di realizzare un progetto molto ambizioso, ovvero di costruire un centro finanziario internazionale che avrebbe dovuto attrarre investitori stranieri in Bielorussia. Tuttavia, ad oggi nell’ambito del progetto “Minsk World” sono stati costruiti solo alcuni edifici residenziali in cemento.
Vibor Mulić, presidente del consiglio di amministrazione della compagnia Dana Holding, ha dichiarato che l’azienda Dana Astra era subentrata nel contratto per la realizzazione di “Minsk World” al posto di un’azienda russa che aveva rinunciato al progetto, precisando che gli aiuti statali erano previsti nel contratto originario.
“Tutti gli aiuti vengono concessi sulla base della normativa bielorussa in materia di investimenti, dopo una trattativa con il consiglio comunale di Minsk, il ministero dell’Edilizia e altre istituzioni competenti”, ha affermato Mulić.
Come accaduto già nel caso del progetto “Faro di Minsk”, anche le risorse per la realizzazione degli edifici residenziali previsti nell’ambito del progetto “Minsk World” sono state raccolte attraverso l’emissione di obbligazioni immobiliari, ovvero vendendo immobili non ancora costruiti a prezzi inferiori a quelli di mercato.
Gran parte delle obbligazioni emesse per finanziare il progetto “Minsk World” è stata acquistata da BPS-Sberbank, la filiale bielorussa del gigante finanziario russo Sberbank. Ad oggi BPS-Sberbank ha acquistato dall’azienda Zomex Investment obbligazioni immobiliari per un valore complessivo di circa 115 milioni di euro, una cifra che corrisponde grossomodo a metà del patrimonio aziendale di Zomex Investment. BPS-Sberbank ha acquistato obbligazioni in questione anche grazie ad un prestito che le è stato concesso da un’altra banca russa, Belgazprombank, per un importo complessivo di circa 45 milioni di euro.
Le aziende gestite dalla compagnia Dana Holding sono coinvolte anche in alcuni progetti più piccoli, ma non meno lucrosi.
L’azienda Zomex aveva ottenuto un terreno per la costruzione di un edificio residenziale a pochi passi dal centro storico di Minsk. Stando ai registri catastali analizzati dai giornalisti di OCCRP, si tratta di un terreno di quasi 26 ettari, il cui valore è stimato in circa 65 milioni di euro. L’azienda Dana Astra invece aveva ottenuto un terreno per la realizzazione di 14 blocchi di edifici residenziali. In uno di questi blocchi, tra le ville di lusso, è stata collocata una statua di Sreten Karić, morto nel 2017, interamente rivestita d’oro. Recentemente questa statua è stata rimossa.
Oltre agli edifici residenziali, Dana Astra ha costruito anche due centri commerciali. In uno di questi centri si trova la galleria “Art Haos”, gestita da Lilia Lukašenko, nuora del presidente bielorusso. Lilia Lukašenko non ha voluto rispondere alle domande dei giornalisti che nell’aprile di quest’anno si sono recati nella sua galleria. Evidentemente era troppo impegnata a presentare, insieme a Bogoljub Karić, i dipinti esposti ad un piccolo gruppo di visitatori.
Inchieste, fuga e ritorno dei fratelli Karić in Serbia
Il successo raggiunto dalla famiglia Karić in Bielorussia sembra essere basato sullo stesso modello già sperimentato in Serbia, dove i membri della famiglia Karić per anni hanno intrattenuto stretti legami con il regime di Slobodan Milošević.
Dopo i cambiamenti democratici dell’ottobre 2000, gli esponenti del regime e molti collaboratori di Milošević furono colpiti da sanzioni internazionali, compresi cinque membri della famiglia Karić, che vennero inclusi nella lista nera dell’UE e degli Stati Uniti.
Il nuovo governo democratico aveva adottato una legge sull’imposta sui sovraprofitti, allo scopo di riscuotere le tasse evase da aziende e individui che si erano arricchiti durante il regime di Milošević godendo di vari privilegi. I membri della famiglia Karić furono tra i primi ad essere colpiti dalla nuova misura, versando, nel 2004, 35 milioni di euro a titolo di imposta sui sovraprofitti.
Sempre nel 2004 Bogoljub Karić si candidò alle elezioni presidenziali in Serbia, sostenuto da una lista civica, per poi fondare un partito politico denominato Movimento Forza Serbia (PSS).
Poi nel 2006 fu avviata un’inchiesta sulle attività di alcune aziende di proprietà della famiglia Karić, i cui membri furono sospettati di appropriazione indebita. Poco dopo l’apertura dell’inchiesta, Sreten e Bogoljub Karić fuggirono dalla Serbia.
Da alcuni documenti che i giornalisti di KRIK hanno ottenuto dalla procura di Belgrado emerge che nei confronti dei fratelli Karić furono avviate tre inchieste. Bogoljub, Sreten, Dragomir e Zoran Karić, nonché loro sorella Olivera Nedeljković furono indagati dalla procura di Belgrado per sospetto trasferimento di profitti maturati dalla compagnia Mobtel sui propri conti privati. La procura aveva stabilito che i fratelli Karić erano riusciti a sottrarre oltre 65 milioni di euro alla Mobtel, spendendo inoltre diversi milioni di euro generati dall’azienda per le loro esigenze personali.
Vibor Mulić sostiene che le inchieste nei confronti dei fratelli Karić fossero state avviate per vendetta. Secondo Mulić, l’allora premier serbo Vojislav Koštunica voleva vendicarsi perché al secondo turno delle elezioni presidenziali del 2004, che vide sfidarsi Koštunica e Boris Tadić, Bogoljub Karić aveva appoggiato Tadić. Mulić ha inoltre affermato che il reato di abuso d’ufficio, di cui furono accusati i fratelli Karić, veniva spesso usato dal potere come mezzo di estorsione ai danni degli uomini d’affari.
“La Jugoslavia all’epoca disponeva di una legge comunista, sulla base della quale ogni proprietario di un’azienda privata poteva essere arrestato senza alcun motivo particolare”, ha dichiarato Mulić, aggiungendo di essere stato lui a consigliare a Bogoljub Karić di lasciare la Serbia.
“Era andato in Spagna, poi in Francia, e dopo un lungo periodo trascorso in Gran Bretagna, dopo che i servizi segreti britannici gli avevano detto di non poter garantire la sua incolumità, aveva deciso di trasferirsi in Ucraina”, ha precisato Mulić.
Nel 2006 la procura di Belgrado emise un mandato di cattura contro Sreten e Bogoljub Karić che all’epoca vivevano tra Russia e Bielorussia, aspettando che cambiasse il clima politico in Serbia.
E il clima cambiò a favore dei fratelli Karić nel 2012, quando il Partito progressista serbo uscì vincitore dalla elezioni politiche. Il Movimento Forza Serbia (PSS) guidato da Bogoljub Karić entrò a far parte della nuova coalizione di governo. All’epoca Bogoljub Karić era ancora latitante, ma ciò non impedì al PSS di eleggere sua moglie Milanka e suo fratello Dragomir come deputati dal parlamento serbo.
Le inchieste nei confronti di Bogoljub e Sreten Karić rimasero aperte per diversi anni, nonostante i loro legami con la leadership al potere. L’ex presidente serbo Tomislav Nikolić aveva più volte incontrato Bogoljub Karić nel periodo in cui quest’ultimo era latitante e aveva visitato i cantieri dei progetti portati avanti dalle aziende della famiglia Karić in Bielorussia.
Nel 2013, durante una visita ufficiale in Bielorussia, Tomislav Nikolić pose la prima pietra del “Faro di Minsk”. Due anni dopo – secondo quanto riportato dai media bielorussi – Nikolić, insieme a Bogoljub Karić e il presidente bielorusso Lukašenko, pose una capsula del tempo nelle fondamenta del complesso “Minsk World”.
Lo stesso Nikolić ha affermato di essersi incontrato con Bogoljub Karić anche in Russia nel 2016, sottolineando però di non avergli mai promesso niente perché, stando alle parole di Nikolić, Karić fu “perseguitato per motivi politici”, e lui non poteva intromettersi nell’operato della magistratura.
Tuttavia, alla fine del 2016 tutte e tre le inchieste nei confronti dei fratelli Karić furono archiviate: la prima per prescrizione del reato, la seconda per la presunta dispersione degli elementi di prova e la terza perché sarebbero comparse nuove prove a dimostrazione dell’innocenza degli imputati.
Nel dicembre 2016, dopo un decennio di latitanza, Bogoljub e Sreten Karić tornarono in pompa magna a Belgrado con il loro aereo privato decollato dall’aeroporto di Minsk. Durante la latitanza, i fratelli Karić avevano stretto forti legami con il presidente bielorusso Aleksandr Lukašenko.
Nel 2019, nel corso di una visita ufficiale in Serbia, Aleksandr Lukašenko è stato ospite di Dragomir Karić, allora deputato del parlamento serbo e console onorario della Repubblica di Bielorussia a Belgrado.
Durante una conferenza stampa congiunta con il presidente serbo Aleksandar Vučić, Lukašenko ha dichiarato che i fratelli Karić erano stati accolti in Bielorussia dopo essere fuggiti dalla Serbia a causa delle accuse mosse nei loro confronti. Lukašenko si è inoltre complimentato con l’azienda Dana Astra, definendola “una delle aziende più prestigiose e ricche del mondo che crea miracoli nel settore edilizio”.