Serbia: Hitler, un caricaturista e la libertà dei media

Continua a peggiorare la situazione dei media in Serbia. Recenti fatti di cronaca mostrano come l’accanimento del potere contro i pochi media non allineati sia ormai quotidiano. Per RSF la Serbia rischia la maglia nera della regione

21/11/2018, Antonela Riha - Belgrado

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Immagine del quotidiano Danas

Parlando di libertà dei media nei Balcani, Pauline Adès-Mével, responsabile dell’area Unione europea-Balcani di Reporter senza frontiere, ha dichiarato che “in Serbia la situazione è peggiore rispetto agli altri paesi della regione”. Stando infatti all’ultima classifica di Reporter senza frontiere sulla libertà di stampa nel mondo, pubblicata nell’aprile 2018, la Serbia è scesa di 10 posizioni rispetto all’anno precedente, posizionandosi al 76mo posto su un totale di 180 paesi presi in considerazione.

A giudicare da alcuni episodi verificatisi nell’ultimo mese, in Serbia la libertà di espressione e la professionalità (della maggior parte) dei mezzi di informazione sono effettivamente “in caduta libera”, e i prossimi rapporti delle organizzazioni internazionali probabilmente evidenzieranno un ulteriore deterioramento della libertà dei media nel paese.

I pochi media indipendenti fanno sempre più fatica a sopravvivere, essendo costantemente sottoposti a pressioni da parte della leadership al potere che, attraverso i mezzi di informazione sotto il suo controllo, tra cui molte emittenti televisive a copertura nazionale, conduce una campagna di repressione contro tutte le voci dissenzienti.

“Le caricature delle nostre vite”

Non si è ancora placata la bufera suscitata dalle caricature di uno dei più noti caricaturisti serbi Predrag Koraksić Corax, pubblicate sulla prima pagina del quotidiano belgradese Danas. A dare il via alla polemica è stato il capogruppo dei deputati del Partito progressista serbo (SNS) Aleksandar Martinović, il quale, durante una seduta del parlamento, ha accusato il quotidiano Danas di condurre “una campagna denigratoria contro l’SNS e contro persone innocenti” che, stando alle sue parole , “non si è mai vista sin dai tempi di Goebbels e Hitler”. Anche il vice capogruppo dell’SNS Vladimir Orlić ha attaccato i giornalisti di Danas, definendoli “una vergogna per il giornalismo serbo”.

Corax ha replicato con un’altra caricatura rappresentante Hitler e Goebbels che tengono in mano, rispettivamente, Orlić e Martinović, e li nutrono col biberon. Pubblicando questa caricatura, la redazione di Danas ha risposto ai numerosi attacchi da parte della leadership politica che reagisce ad ogni testo critico pubblicato da questo quotidiano e da pochi altri media che non sono sotto il controllo del partito al potere.

Ne è seguita una dura reazione del ministero della Cultura e dell’Informazione che ha condannato la caricatura di Corax, affermando che con essa i deputati Martinović e Orlić, nonché il presidente serbo Aleksandar Vučić, sono stati “associati, direttamente o indirettamente, a un contesto inaccettabile e moralmente inammissibile”.

Tuttavia, il presidente Vučić non compare in nessuna delle caricature in questione, per cui la “lettura” del loro contenuto da parte del ministero della Cultura è stata accolta con derisione da una parte dell’opinione pubblica serba, che ha osservato come al ministero non distinguano ormai più Hitler da Vučić.

Il giorno successivo è stata censurata la mostra di caricature di Corax e Dušan Petričić, intitolata “Le caricature delle nostre vite”, allestita nella biblioteca di Lazarevac, nei pressi di Belgrado. La mostra è stata inaugurata lo scorso 9 novembre, nell’ambito delle celebrazioni della Giornata mondiale contro il fascismo e l’antisemitismo, ma già il giorno successivo le caricature sono state rimosse. La spiegazione fornita dalla direttrice della biblioteca è che la mostra è stata politicizzata dato che alla tavola rotonda organizzata in occasione della sua inaugurazione hanno partecipato anche alcuni esponenti dell’opposizione.

“I cani sono stati sguinzagliati”

Il ministero della Cultura e dell’Informazione, che ha duramente condannato il quotidiano Danas e le caricature di Corax, non ha però reagito a un recente numero del settimanale Ilustrovana politika che titolava in prima pagina “I cani sono stati sguinzagliati”, accompagnando il titolo con la fotografia di un cane con le fauci spalancate e, sullo sfondo, le copertine di alcuni media indipendenti, tra cui i settimanali Vreme e NIN e il quotidiano Danas. Sullo stesso numero di Ilustrovana politika è stato pubblicato un articolo di sei pagine in cui i summenzionati media indipendenti vengono accusati di agire contro la Serbia.

L’Associazione indipendente dei giornalisti della Serbia (NUNS) e l’Associazione indipendente dei giornalisti della Vojvodina (NDNV) hanno definito la copertina di Ilustrovana politika e l’articolo in questione come “un classico invito al linciaggio dei giornalisti e media indipendenti, ma anche di tutti coloro che si esprimono criticamente nei confronti della leadership al potere in Serbia”.

Le associazioni dei giornalisti hanno inoltre ricordato che Đorđe Martić, autore del controverso articolo, è stato caporedattore di un giornale che nel 1999, durante i bombardamenti della Nato, aveva pubblicato un vero e proprio invito al linciaggio del giornalista Slavko Ćuruvija che cinque giorni dopo è stato ucciso nel centro di Belgrado.

“Quello che spaventa è che – similmente a quanto accadeva sul finire degli anni Novanta, quando Vučić era ministro dell’Informazione – i rappresentanti del potere non si limitano a un testo, bensì continuano a discuterne in televisione, con la chiara intenzione di favorire la disseminazione di questo scandaloso invito al linciaggio”, si legge nel comunicato emesso da NUNS e NDNV.

La polemica si è in parte placata solo quando, sotto la pressione dell’opinione pubblica, Suzana Vasiljević, consigliere del presidente Vučić per l’informazione, si è dimessa da membro del Consiglio di supervisione di “Politika spa”, società editrice di Ilustrovana politika, e quando il presidente Vučić ha pubblicamente condannato la controversa copertina.

Nessun rappresentante del potere politico ha però condannato né tanto meno ha cercato di corroborare con i fatti le dichiarazioni pronunciate da Marko Parezanović, membro della BIA [servizi segreti serbi, ndt], nel corso di una conferenza alla quale ha partecipato seduto accanto alla premier serba Ana Brnabić. Parezanović ha affermato che la più grande minaccia per la Serbia è “l’azione nascosta di un fattore esterno che, il più delle volte, si avvale di meccanismi dei suoi servizi speciali”, e che “nel suo interesse agiscono” alcuni individui appartenenti ai partiti di opposizione e “alcuni media”.

La falsa diretta da Parigi e il vero criminale di guerra dall’Aja

Un’altra immagine, questa volta trasmessa dalla Radio televisione della Serbia (RTS), ha messo in evidenza la mancanza di professionalità e l’accondiscendenza dei media filogovernativi. Nella diretta del discorso tenuto dal presidente francese Emanuel Macron durante la cerimonia di commemorazione del centenario dell’armistizio della Prima guerra mondiale è stato inserito, per ben tre volte, un fermo immagine del presidente Vučić , presente tra gli ospiti. Benché sia del tutto insolito che in diretta televisiva si intervenga in questo modo, la RTS si è giustificata dicendo che è stata “una valutazione sbagliata del redattore di turno”.

Rimane tuttavia la netta impressione che la RTS abbia voluto enfatizzare l’importanza della presenza del presidente serbo a questo evento. Durante la cerimonia di Parigi il presidente Vučić è stato in un certo senso marginalizzato, dal momento che gli è stata assegnata una posizione defilata rispetto ai principali invitati, tra i quali c’erano anche alcuni leader dei paesi dei Balcani, compreso il presidente kosovaro Hashim Thaçi e la presidente croata Kolinda Grabar Kitarović.

Le autorità avrebbero invece dovuto intervenire – ma non lo hanno fatto – in merito a una trasmissione televisiva a cui ha partecipato, tramite collegamento telefonico, Ratko Mladić, il comandante dell’esercito della Republika Srpska, condannato in primo grado all’ergastolo dal Tribunale dell’Aja per diversi crimini, tra cui il genocidio di Srebrenica.

Ad una trasmissione mattutina di TV Hepi, un’emittente televisiva a copertura nazionale, condotta dal direttore dell’emittente Milomir Marić, hanno partecipato il leader del Partito radicale serbo (SRS) Vojislav Šešelj, Darko Mladić, figlio di Ratko Mladić, e il deputato della Duma Pavel Dorohin. Nel corso della trasmissione in diretta, Darko Mladić ha chiamato suo padre, mettendolo in vivavoce, e Ratko Mladić ha chiacchierato con gli ospiti in studio senza essere interrotto da alcuna domanda.

Ci si aspetterebbe che l’Organo regolatore dei media elettronici (REM) inviasse un ammonimento, oppure sanzionasse il canale TV Hepi per aver dato spazio a un criminale di guerra. Ma in Serbia cose del genere non solo non vengono sanzionate, ma sono addirittura considerate accettabili.

Stando alle parole di Olivera Zekić , membro del Consiglio del REM, “le chiamate telefoniche non sono regolate da nessuna legge, e chi tiene all’etica se ne vada in chiesa”. Alla domanda se ritiene opportuno che un’emittente televisiva a copertura nazionale dia spazio a un criminale di guerra, la Zekić ha risposto con una contro-domanda: “Lei non ha mai sentito parlare della lotta per il mercato e per l’audience?”.

Questa pubblicazione è stata prodotta nell’ambito del progetto European Centre for Press and Media Freedom, cofinanziato dalla Commissione europea. La responsabilità sui contenuti di questa pubblicazione è di Osservatorio Balcani e Caucaso e non riflette in alcun modo l’opinione dell’Unione Europea. Vai alla pagina del progetto

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