Serbia: eurottimismo

Per Belgrado il rapporto della Commissione europea è il migliore mai ricevuto sino ad ora. Riconosciuti i progressi compiuti dal Paese, finalmente si attenuano gli ostacoli e aumentano le certezze. Ma non tutti i membri dell’Ue sulla Serbia la pensano allo stesso modo

21/10/2009, Aleksandra Mijalković - Belgrado

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Belagrado (jaime.silva/flickr.com)

Il rapporto della Commissione europea sullo stato di avanzamento delle riforme europee in Serbia e la proposta di scongelare l’Accordo commerciale provvisorio – già impostato mesi fa ma poi bloccato – hanno rinvigorito la fiducia dei cittadini serbi nell’Ue. E anche quella dei politici locali, i quali di anno in anno annunciano "una più rapida integrazione nell’Ue" senza però sino ad ora raccogliere risultati tangibili in questa direzione. Questa volta pare però che sia Belgrado che Bruxelles siano pronte a discutere della prospettiva europea della Serbia con meno "se" e più "quando".

L’ottimismo si diffonde anche grazie alla sempre più certa adozione del Trattato di Lisbona – dopo l’esito positivo del referendum irlandese – che renderà possibile istituzionalmente la continuazione del processo di allargamento.

Riconosciuto il progresso della Serbia

"La Serbia ha realizzato positivi progressi nell’ultimo periodo", si legge nel rapporto della Commissione europea. "La Serbia ha dimostrato il desiderio di avvicinarsi all’Ue, applicando le norme dell’Accordo provvisorio con l’Unione e realizzando delle riforme sostanziali". Tenendo inoltre presente "l’esistenza di una collaborazione della Serbia con il Tribunale penale internazionale per la ex Jugoslavia", la Commissione ritiene che ora l’Ue potrebbe far entrare in vigore l’Accordo commerciale provvisorio.

Nel rapporto di Bruxelles si ribadisce che lo scorso anno il governo di Belgrado ha dimostrato di essere orientata all’avvicinamento all’Unione, assumendo una serie di iniziative, compresa l’applicazione unilaterale dell’Accordo provvisorio commerciale. Il governo serbo si è dimostrato relativamente stabile ed ha avuto un ruolo attivo nella preparazione della legislazione in vari ambiti e nell’adeguamento dei programmi nazionali sull’integrazione europea.

Nel documento si legge inoltre che la Serbia "gode di buone capacità nell’amministrazione statale", l’Ufficio per l’integrazione europea del governo di Belgrado funziona bene ed è stato rilevato "un avanzamento nella lotta alla corruzione", nonostante siano ancora "rare le condanne nei processi per corruzione". La Commissione indica inoltre che sono "necessari ulteriori sforzi nella lotta alla criminalità organizzata e a favore della garanzia di indipendenza, responsabilità ed efficacia della magistratura". Alla Serbia viene rimproverato anche di non aver compiuto sufficienti sforzi nell’introduzione di un’economia di mercato, pertanto ci si attende che faccia passi più energici in quella direzione, "per potersi confrontare con la concorrenza e con le forze di mercato all’interno dell’Ue".

Lo "scongelamento" e la candidatura

Il vicepremier Božidar Ðelić si aspetta ora che l’applicazione dell’Accordo provvisorio commerciale con la Serbia venga "scongelato" a dicembre. Ðelić ha dichiarato che questo "è il rapporto più positivo che la Serbia abbia mai ricevuto, in cui è evidente il progresso conseguito, soprattutto nell’efficacia del parlamento, ma anche nelle riforme della magistratura e del sistema di sicurezza".

"La Serbia nell’ottobre 2008 ha adottato il piano nazionale per l’integrazione nell’Ue, il quale ha un obiettivo molto chiaro: entro il 2012 dovremo aver armonizzato la nostra legislazione con quella dell’Unione, seguendo i dettami per ottenere il cosiddetto acquis communitaire. Dal luglio dello scorso anno ad oggi abbiamo realizzato l’81 percento del nostro piano", ha sottolineato Ðelić.

Per molti in Serbia questo è un segnale sufficiente per far sì che il governo di Belgrado chieda già da quest’anno lo status di paese candidato per l’Ue. Tuttavia, le opinioni degli esperti non sono concordi: anche se l’Ue lo accettasse, ci si chiede che vantaggio avrebbe la Serbia dalla "candidatura" se non verrà stabilita sin da subito una data di inizio dei negoziati. Si evidenziano in questo senso i casi della Turchia e della Macedonia. A detta d molti sarebbe quindi meglio concentrarsi sull’implementazione dell’Accordo di associazione e stabilizzazione, e quindi dell’Accordo commerciale provvisorio, appena sarà "scongelato".

"La decisione della Commissione europea di proporre anche formalmente l’applicazione dell’Accordo commerciale provvisorio mostra che quest’organo è un forte alleato del nostro Paese lungo il cammino europeo", ha riconosciuto Ðelić e ha aggiunto che ora manca "solo il raggiungimento di un totale consenso" all’interno dell’Ue (ossia che l’Olanda accetti la proposta della Commissione).

Questo potrebbe accadere durante la riunione del Consiglio dei ministri in Lussemburgo, prevista per la fine di ottobre. Ci si aspetta che la Svezia, come presidente di turno dell’Ue, ponga all’ordine del giorno la proposta della Commissione europea sull’applicazione dell’Accordo provvisorio.

"Se il Consiglio dei ministri non dovesse discutere dell’accordo, la discussione potrebbe slittare al summit dell’Unione europea di dicembre, dopo che sarà presentato il nuovo rapporto del capo procuratore del Tribunale dell’Aja Serge Brammertz", ha evidenziato Ðelić. Il vicepremier ha espresso inoltre la fiducia che il Consiglio dei ministri deciderà positivamente sull’inserimento della Serbia nella "lista bianca di Schengen" a partire dal 1° gennaio 2010, così come che la Gran Bretagna tolga i visti per i cittadini della Serbia nell’arco di un paio di anni.

"Rispetto all’anno scorso la Serbia ha fatto un grande passo avanti, ma questo non significa che siamo sull’uscio dell’Unione europea", ha dichiarato la direttrice dell’Ufficio per l’integrazione europea del governo serbo, Milica Delević, a seguito della presentazione del rapporto della Commissione. Secondo le sue parole la Serbia nell’ultimo anno ha adottato numerose leggi europee, cioè – riferisce la Delević – la sostanza dell’integrazione europea, e il prossimo anno si concentrerà sulla modalità di applicazione di queste leggi.

La maggioranza dei deputati del parlamento serbo ha valutato il rapporto annuale della Commissione come uno stimolo per la Serbia lungo la strada delle integrazioni europee, oltre ad aprire la prospettiva di una veloce candidatura per diventare membro dell’Ue.

Il solito atteggiamento antieuropeista dei radicali questa volta è stato espresso dal capogruppo del Partito radicale serbo, Dragan Todorović, secondo il quale alla Serbia non servono i rapporti della Commissione europea per sapere che i suoi problemi maggiori riguardano la corruzione e la criminalità e che "l’Unione europea utilizza questi rapporti per esercitare pressione sulla Serbia, noi, però, saremo membri dell’Ue solo quando accetteremo l’indipendenza del Kosovo e Metohija e la possibilità che si separi anche la Vojvodina".

Quattro comunicazioni e tre sfide

Il capo delegazione della Commissione europea a Belgrado, Vincent Degert, durante una conferenza stampa ha ribadito che il rapporto sulla Serbia contiene quattro comunicazioni principali e mette in evidenza tre sfide che lo Stato deve affrontare. Le comunicazioni sono che la Serbia ha mostrato una dedizione e un avanzamento per l’avvicinamento all’Ue, ha mostrato una disponibilità nella collaborazione col Tribunale dell’Aja e per questo motivo la Commissione ritiene che vada applicato definitivamente l’Accordo commerciale transitorio e sostenuta la Serbia nell’integrazione europea (ivi compresa anche l’abolizione dei visti per i suoi cittadini e l’aiuto finanziario avuto fino ad ora pari a oltre un miliardo di euro).

Per quanto riguarda la collaborazione con il Tribunale dell’Aja, ritiene Degert, "non si dovrebbe stare a guardare a questo o quel latitante" ma "all’insieme delle relazioni" che il governo di Belgrado intrattiene con il Tribunale.

Le sfide principali con cui dovrà confrontarsi la Serbia lungo il suo cammino per l’integrazione europea sono: l’applicazione di tutte le misure riguardanti l’integrazione, la creazione di un mercato sostenibile, la ristrutturazione delle aziende statali e la privatizzazione ed infine la questione del Kosovo. "Teniamo conto degli sforzi compiuti fino ad ora per garantire la collaborazione con Eulex, ma crediamo che sia necessario fare di più. Occorre trovare soluzioni pragmatiche", ha precisato Degert, riferendosi in particolare al "vuoto legale" sul controllo del confine col Kosovo.

Alla domanda sulla candidatura ufficiale della Serbia per diventare membro dell’Ue, Degert ha risposto che si dovrebbe fare "un passo alla volta" e che in questo frangente "il vero obiettivo è l’applicazione dell’Accordo commerciale provvisorio". "La Serbia è in movimento, e noi desideriamo che prosegua o che addirittura acceleri", ha ribadito il capo della delegazione della Commissione europea a Belgrado.

Il rapporteur del Parlamento europeo per la Serbia, Jelko Kacin, ha affermato che il recente rapporto della Commissione è "completo, bilanciato ed esatto", aggiungendo che va riconosciuto al governo serbo una comprovata risolutezza a favore dell’integrazione europea. In numerosi settori il Paese ha preparato proposte di legge in accordo con gli standard dell’Ue, ha raggiunto un progresso nella lotta alla corruzione e alla criminalità organizzata e nella difesa dei diritti delle donne e dei bambini, ma "in pratica ci sono ancora alcune mancanze". Kacin, oltre al resto, ha sottolineato lo Statuto della Vojvodina che è ancora bloccato e il fatto che la Serbia, nonostante abbia avviato la collaborazione con Eulex, continua a finanziare le strutture parallele in Kosovo e organizzare elezioni parallele. Kacin ha precisato che sulla restituzione delle proprietà confiscate non c’è alcun avanzamento ed è ancora diffuso il linguaggio dell’odio. Il rapporteur del Parlamento ha valutato positivamente l’invito del commissario per l’allargamento Olli Rehn a scongelare l’Accordo commerciale provvisorio tra l’Ue e la Serbia, ma ha indicato che sia l’Unione che il mondo intero stanno ancor aspettando la consegna di Ratko Mladić e Goran Hadžić.

Queste opinioni divegenti, tra Kacin e Degert, sulla sostanza della collaborazione della Serbia con il Tribunale dell’Aja esprimono al meglio la differenza esistente sulla questione in seno ai membri dell’Ue, cosa che potrebbe mettere in discussione il primo passo del futuro cammino europeo della Serbia, lo "scongelamento" dell’Accordo commerciale provvisorio.

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