Serbia: distruzioni selvagge a Subotica
Subotica è un gioiello dell’Art nouveau, nei pressi della frontiera con l’Ungheria, a 190 km da Belgrado. Ma la città sta vivendo una strana epidemia di demolizioni di edifici classificati come patrimonio storico e culturale. Un’inchiesta
(Pubblicato originariamente da Radio Slobodna Evropa il primo dicembre 2019, selezionato e tradotto da Le Courrier des Balkans e OBCT)
Secondo un’inchiesta condotta da Radio Free Europe al numero 4 di via Zmaj Jovina, in pieno centro a Subotica, un edificio situato sulla particella n°3730 è stato demolito, benché fosse iscritto nel catasto come patrimonio storico (catasto che ha visto la luce il 14 novembre 2019). Abbiamo potuto constatare di persona che la particella era effettivamente rasa al suolo e circondata da una palizzata, senza alcun pannello esplicativo. Secondo il catasto la particella è di proprietà dell’azienda edile Dinamik Gradnja d.d.o., di cui il direttore, secondo i dati dell’Agenzia dei registri economici (APR), è un certo Marko Puškarev, vent’anni.
La stessa azienda possiede anche la particella 3727, anch’essa classificata come patrimonio storico, in via Subota Vrlić, parallela a via Zmaj Jovina. Il 26 settembre scorso la Dinamik Gradnja ha ottenuto dal Segretariato per le costruzioni un’autorizzazione a costruire su queste due particelle di una superfice totale di 972 metri quadrati.
Secondo il progetto, l’edificio progettato, che prevede sia appartamenti che locali commerciali, avrà un seminterrato, un piano terra e tre piani, per un’altezza totale di 15,5 metri. Nella vicina strada Celovečka, ai numeri 8 e 10, anche le particelle 3746/1 e 3745 sono circondate da palizzate. Anche lì, nessun pannello esplicativo con l’eccezione del nome dell’azienda BTP Razvoj Janić. Nel catasto non si trova alcuna informazione su queste due particelle.
Tutte e tre le vie sono classificate come patrimonio culturale presso l’Istituto intercomunale per la protezione dei monumenti di Subotica, ma i singoli edifici non risultano protetti. E lì tutto il problema. Lo spiega Viktorija Aladžić, professoressa associata presso la Facoltà di ingegneria delle costruzioni di Subotica. "Le istituzioni chiedono allo stato di classificare una via, come è ad esempio il caso di via Radić e successivamente l’Istituto per la protezione dei monumenti escogita condizioni speciali per permettere ad alcuni di demolire determinati edifici. Non ci si capisce nulla: cosa si vuole fare ufficialmente, proteggere o distruggere? Se si distrugge tutto non resterà che l’edificio del municipio, ed allora anche quel monumento perderà di senso, privato del suo contesto".
Un caso ha particolarmente scossa l’opinione pubblica, anche fuori da Subotica: la distruzione di tre case ai numeri 41, 43 e 45 di via Radić, classificate come patrimonio storico dal governo della Serbia nel lulgio di quest’anno. In particolare è stata contestata la demolizione del numero 43 e 45. L’Istituto nazionale della protezione dei monumenti culturali ha dichiarato che inq uell’area non era prevista alcuna nuova costruzione ma ciò non ha impedito al concilgio comunale di Subotica, lo scorso ottobre, di votare un emendamento al piano urbanistico che ha aperto la strada alle tre demolizioni.
Il ministero della Cultura e dell’Informazione ha dichiarato di aver avuto il 7 novembre scorso una riunione con l’Istituto intercomunale per la protezione dei monumenti di Subotica e le autorità municipali. "E’ stato deciso in quell’occasione che l’Istituto intercomunale avrebbe effettuato un’analisi comparativa delle misure di protezione in atto, avrebbe constatato tutte le infrazioni e ne avrebbe informato il ministero della Cultura e dell’Informazione, la municipalità di Subotica e l’Azienda pubblica di gestione delle strade, della pianificazione urbana e delle abitazioni di Subotica. Sulla base di questo dettagliato rapporto il ministero della Cultura e dell’Informazione adotterà le misure in suo potere e agirà in conformità alla Legge sui beni culturali", precisa una risposta scritta del ministero.
"Si sarebbe dovuta demolire la sinagoga?"
L’Istituto intercomunale per la protezione dei monumenti di Subotica aveva dichiarato tempo prima che “al fine di procedere a modifiche del piano urbanistico per l’area compresa tra via Maksim Gorki, via Belgrado, via Blaško Rajić e via de Senta, e su richiesta dell’Azienda pubblica di gestione delle strade, della pianificazione urbana e degli alloggi di Subotica, incaricata dell’applicazione del piano urbanistico, abbiamo redatto misure dettagliate sulla protezione delle strutture fisiche e urbane di detta area, che si riflettono negli emendamenti al piano urbanistico del 4 giugno 2019”. L’Istituto intercomunale spiega inoltre che agli inizi del 2018 i suoi esperti si sono recati presso il numero 43 di via Radić su richiesta del proprietario e che “da esame visivo dettagliato delle parti accessibili dell’edificio hanno potuto constatare il suo pessimo stato e il rischio di crollo e che nessuna componente dell’abitazione era da tempo utilizzabile”.
Sul luogo si è recato anche un esperto legale che ha concluso, nella sua relazione, consegnata nel giugno 2018: “Dal punto di vista della sicurezza l’edificio non rispetta la normativa perché tutti gli elementi dell’edificio sono minacciati da uno o più elementi relativi alla sicurezza. Dati tutti i fatti analizzati, possiamo concludere senza il minimo dubbio che l’edificio è molto danneggiato e che per rispondere alle norme base di sicurezza, è necessario rinnovare gran parte degli elementi dell’edificio e di ricostruire gli elementi troppo danneggiati”. Sulla base di questa relazione l’Istituto intercomunale ha concluso che “la casa al numero 43 non poteva essere considerata come un edificio di valore”.
Questa valutazione dell’esperto rappresentava una ragione sufficiente per deciderne l’abbattimento? Per Vladimir Džamić, storico dell’arte e restauratore presso l’Istituto nazionale di protezione dei monumenti storici la risposta è no. “Faccio un altro esempio: è da anni che la sinagoga non risponde ai criteri di sicurezza. Nel 1979 la cupola rischiava il crollo. Avremmo dovuto quindi demolirla?”. Vi sono numerosi monumenti storici in pessimo stato, ma è dovere dell’Istituto intercomunale di ordinare ai proprietari di procedere alle ristrutturazioni necessarie.
"Che proprietaria di questa casa fosse un’azienda di costruzioni, attiva in tutta Subotica, non ha sollevato dubbi… Se proprietario fosse stato qualcuno che non aveva in modo manifesto i mezzi per investire sull’immobile sarebbe stata una situazione diversa. In questo caso ci si sarebbe posti la questione di come evitare che la casa crollasse. Ma non è questo il caso", si indigna Vladimir Džamić, che sottolinea come l’Instituto intercomunale non ha mai inviato all’istituo nazionale di protezione dei beni culturali la relazione dell’esperto legale su via Radić.
Igor Dulić, direttore dell’azienda edile DG Company, proprietaria degli immobili situati ai numeri 41, 43 e 45, afferma di aver ricevuto tutti i permessi necessari da parte dell?istituo intercomunale per la protezione dei monumenti di Subotica e del Segretariato per l’edilizia e che prevede di costruire in questa zona edifici più alti, in conformità agli emendamenti del piano urbanistico. “E’ il nuovo piano urbanistico che prevede quali case possono essere demolite”, si difende. Consultando il registro centrale non abbiamo trovato nessuna traccia di domanda di concessioni edilizie per quelle particelle edificiali.
Pressioni sugli abitanti
Non lontano dagli edifici demoliti ai numeri 41, 43 e 45 di via Radić, vive Anne Zillich, al numero 69. Alla sua sinistra e alla sua destra, le case rispettivamente numerate 67 e 71, sono già state parzialmente demolite. Secondo il piano urbanistico questi edifici non sono protetti e possono quindi essere distrutti, ma solo per costruire edifici che soddisfano i criteri dell’Istituto per la protezione dei monumenti di Subotica. Come spiega Anna Zillich, queste due case sono state acquistate dalla Fondazione Lazslo Szekeres, emanazione del Consiglio nazionale della minoranza ungherese, quest’ultima a sua volta controllata dall’alleanza dei magiari di Vojvodina (SVM), partito alla guida di Subotica assieme all’SNS. Ad Anna Zillich è stato promesso che la sua casa sarebbe stata protetta da danni causati dalle demolizioni.
"Questa è la mia casa di famiglia, l’ho ereditata dai miei antenati. Venne costruita nel 1800. I miei genitori lo ristrutturarono nel 1962 e ora i miei vicini di casa del numero 67 hanno venduto alla Fondazione Lazslo Szekeres, che ha annunciato immediatamente che avrebbe demolito l’edifico per costruire un asilo per la minoranza ungherese. La casa al numero 71 era invece in stato pietoso. Era disabitata da quindici anni, stava cadendo in rovina ed era molto umida. Ho venduto loro 400 m2 di terreno in modo che potessero costruire l’edificio dell’asilo con una forma a U e bypassare casa mia. Tutto è possibile per chi ha soldi. Ero sotto forte pressione, ma mi sono rifiutata di vendere per rispetto della memoria dei miei genitori, per i quali questa casa era così importante. Vi sono molto legata", dice Anna Zillich.
Per la professoressa Viktorija Aladžić occorre permettere a chi si occupa di immobiliare di lavorare, ma occorre al contempo implementare una politica generale di protezione del patrimonio storico e culturale, sia a livello locale che nazionale. "Dovremmo decidere una volta per tutte se vogliamo salvaguardare, o se pensiamo che non abbia senso e non dovremmo tenere nulla del passato. Il patrimonio può essere preservato solo se vi è un interesse da parte della comunità. Altrimenti, è completamente inutile ", dice.
L’opinione pubblica è comunque interessata alla conservazione del patrimonio culturale di Subotica, come dimostrato dall’Iniziativa civica "Natura e società" che, pochi giorni dopo la demolizione delle case di via Radić, ha inviato all’Istituto intercomunale una serie di domande su quanto avvenuto. "Come iniziativa di cittadini, vogliamo denunciare quanto avvenuto, in modo che l’opinione pubblica si mobiliti e non si permetta più che interessi comuni vengano violati con impunità, non importa da chi e come", spiega Daniela Mamuzić, attivista dell’organizzazione.
Allo stato attuale, non vi è alcuna indicazione sul fatto qualcuno risponderà per la demolizione delle due case classificate come patrimonio storico. Tuttavia la legge sui beni culturali è chiara. L’articolo 130, adottato nel 1994, prevede un’ammenda da 1.000 a 10.000 dinari (da 8,5 a 85 euro) per qualsiasi istituzione, azienda, organizzazione o altra persona giuridica che violi la legge, non protegga beni culturali e non applichi le misure di protezione in vigore.
Nel caso delle demolizioni di via Radić, vi è anche responsabilità civile e non solo ai sensi dell’articolo 130. "Le misure di protezione emanate dal governo della Repubblica di Serbia sono vincolanti per tutti. Per gli istituti nazionali e locali, per i proprietari di beni culturali e per le comunità locali quando adottano il piano urbanistico. Il decreto sui monumenti è vincolante per tutte le altre leggi e deve essere rispettato ", spiega Vladimir Džamić. Secondo il sito web dell’Instituto intercomunale, sono state identificate 76 proprietà protette sul territorio di Subotica.