Serbia: basta con il linguaggio dell’odio

Il ministro degli esteri Svilanovic denuncia il ritorno di un linguaggio nazionalista. "Come se ci fossimo dimenticati a cosa ha portato in questi anni l’odio nei confronti della altre nazionalità". Sotto accusa il silenzio di Dindic e Kostunica.

24/01/2002, Redazione -

Il ministro degli esteri della Federazione Jugoslava e leader dell’Alleanza Civica Serba (GSS), Goran Svilanovic, ha affermato, giovedì 15 gennaio, che il linguaggio d’odio nei confronti delle altre nazionalità e delle altre religioni è ancora ben presente in Serbia.
Svilanovic ha invitato il presidente Vojislav Kostunica ed il primo ministro Zoran Dindic a ritornare alla coerenza con i principi che avevano portato alla sconfitta del regime di Milosevic. "Il loro silenzio quando si verificano gesti di intolleranza è più rumoroso dei gesti stessi. Quando si verificano espressioni di intolleranza nei confronti di ebrei, musulmani, albanesi o croati dovrebbero prendere posizione" ha affermato.
Svilanovic ha inoltre esortato i membri della coalizione DOS ad adottare una "carta dei diritti umani" prima che venga redatta ed approvata una nuova costituzione per il Paese.
"Negli ultimi mesi" ha ricordato il ministro degli esteri "è come se ci si fosse dimenticati i migliaia di morti e rifugiati causati da questa bieca politica dell’odio interetnico".
Le dichiarazioni di Svilanovic sono probabilmente da considerarsi quali reazioni ad alcune recenti dichiarazioni di Velimir Ilic, uno dei leader della coalizione DOS, che in Australia, davanti ad una platea di emigrati serbi, ha attaccato il ministro serbo per l’energia, Goran Novakovic, a causa delle sue origini croate. Sotto accusa anche le parentele del sindaco di Belgrado, Radmila Hrustanovic, con la "colpa" di avere un marito bosniaco-musulmano.
Anche il ministro federale per le minoranze nazionali ed etniche, Rasim Ljaji, è intervenuto nel dibattito dichiarando che, in questi ultimi giorni, sia sui media che in alcune dichiarazioni di politici "sembra si sia riacceso un certo nazionalismo e per screditare gli avversari politici l’appartenenza nazionale è ridivenuta purtroppo un argomento utilizzato da troppi" (Danas, 16.01, B92 15.01).

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