Scuola in Serbia: sindacati divisi
Si spaccano i sindacati serbi sugli scioperi nelle scuole. Al centro delle proteste organizzate dall’Unione dei sindacati la riforma del sistema scolastico e gli stipendi degli insegnanti. Gli altri due sindacati serbi accusano l’Unione di non essere rappresentativa
Lo sciopero di una parte degli insegnanti della Serbia, che ha contraddistinto anche i primi giorni di quest’anno scolastico, è continuato anche ieri, giorno nel quale era previsto un incontro tra governo e rappresentanti sindacali sul costo del lavoro nel 2006.
"Ci aspettiamo in quest’occasione che vengano rivisti gli stipendi degli insegnati ed i programmi di sostegno sociale" avevano affermato alla vigilia dei colloqui i rappresentanti dell’Unione dei sindacati degli insegnanti, promotori delle proteste.
Per il giorno stesso di inizio dei colloqui – giovedì 15 settembre – l’Unione aveva fissato anche un raduno dei suoi membri nel centro di Belgrado ed ha annunciato la pubblicazione di un documento che contiene le richieste per la soluzione di tutta una serie di questioni relative all’insegnamento in Serbia.
L’Unione aveva già trovato un accordo con il governo sugli stipendi agli insegnanti nel 2005 ma quest’ultimo è stato poi bloccato dal governo anche per il fatto che l’inflazione ha ormai oltrepassato il tasso previsto. Anche questo è all’origine dello sciopero indetto dall’Unione.
Miodrag Sokic, vicepresidente dell’Unione, anche in questi giorni è tornato a precisare quali leggi a suo avviso andrebbero modificate e quali sono le istituzioni relative all’educazione che non funzionano sufficientemente bene. Alla vigilia dei colloqui col governo ha rifiutato però di rispondere alla domanda se gli scioperanti continueranno ad insistere sull’aumento di stipendio nel 2005, affermando che "l’anno passa mentre noi discutiamo sulle paghe, paradossale". Sokic, inoltre, non ha risposto con esattezza se un eventuale accordo sugli stipendi del 2006 potrebbe "rendere disponibile" l’Unione a rinunciare alle richieste attuali. "Non possiamo dire niente finché non riceviamo una conferma dal governo" ha detto Sokic.
Dall’altra parte i rappresentanti del governo e gli altri due sindacati – Sindacato autonomo per l’educazione e Sindacato civico degli insegnati "Nezavisnost" – negli ultimi giorni hanno inasprito le critiche sul conto dell’Unione, contestandone la rappresentanza. Il governo dal canto suo già da qualche giorno ha invece annunciato che i professori che non faranno lezione saranno sanzionati disciplinarmente e allontanati dal luogo di lavoro.
Sono continuate inoltre a circolare informazioni antitetiche sul numero di scuole in sciopero. I numeri di Ministero da una parte e dell’Unione dall’altra non corrispondono. Anche perchè l’Unione a seguito dell’annuncio delle sanzioni sui docenti, non informa più sul numero di scuole che hanno cessato di scioperare, ma solo quelle che scioperano accorciando la durata delle lezioni da 45 a 30 minuti.
Così, secondo le informazioni di mercoledì 14 settembre, l’Unione afferma che su un totale di 1.750 scuole della Serbia 373 sono in sciopero, mentre il Ministero dell’educazione sostiene che a scioperare siano solo 107. Il ministero dice che hanno cessato di scioperare in tutto sette scuole, mentre l’Unione dice che hanno aderito allo sciopero totale "solo un piccolo numero di scuole, che non può essere definito con precisione".
Dopo lunghe trattative sul contratto collettivo del settore educativo, che sono terminate solo il giorno prima dell’inizio dell’anno scolastico, il 31 agosto, il governo e Sindacato autonomo per l’educazione e Sindacato civico degli insegnati "Nezavisnost" si sono trovati da un lato e l’Unione dall’altro. Le annose trattative sui contratti collettivi, che i sindacati conducono già dal 2002 e alle quali l’Unione ha partecipato come terzo sindacato in ordine di numero di docenti rappresentati, sono terminate quando i primi due sindacati hanno dato l’avvallo all’accordo. L’Unione ha invece rifiutato le trattative, affermando che non regolano in modo sufficientemente preciso il ruolo degli insegnanti in riferimento al datore di lavoro e non regolano abbastanza il programma sociale per gli impiegati nel settore educativo.
Gli altri due sindacati principali affermano invece di aver raggiunto un buon accordo col governo, e che una definizione così puntuale delle questioni sulle quali insiste tanto l’Unione, non è possibile raggiungerla in contratti collettivi. I contratti collettivi, uno per la scuola elementare-media e per le superiori, e uno per l’università, secondo le stime dei due sindacati – che hanno annunciato che li firmeranno forse già nei prossimi giorni – regoleranno tutti i diritti di base degli impiegati nella scuola, mentre altre questioni verranno definite nei prossimi mesi con una legge sugli stipendi e con altre fasi negoziali già previste negli accordi sui contratti collettivi.
"I sindacati secondo questi contratti, quando ritengono che sia cambiato qualcosa di importante nello status degli insegnanti, possono avviare delle trattative col governo per quanto riguarda gli stipendi, ossia sul costo del lavoro e sui coefficienti per la determinazione degli stipendi, oppure sul programma sociale, ossia sull’indennità di licenziamento degli insegnanti. Secondo il contratto collettivo, il governo è obbligato non più tardi di 10 giorni dall’avvio delle iniziative, ad iniziare le trattative coi sindacati, e l’accordo dovrebbe essere raggiunto nell’arco di un mese al massimo" ha affermato il presidente del Sindacato autonomo della scuola Branislav Pavlovic all’agenzia Beta.
Quest’ultimo, così come pure il presidente di "Nezavisnost" Zdravko Kovac, ritiene che l’Unione non abbia motivo di scioperare, che le sue richieste non siano formulate in modo chiaro, e che i rappresentanti di quel sindacato nelle loro dichiarazioni "mescolino intenzionalmente" varie richieste per migliorare la situazione della scuola, appoggiate anche dagli altri due sindacati, con le richieste che si riferiscono ai contratti collettivi, e l’Unione – sostiene ancora Pavlovic – fa apposta a presentarli in modo oscuro.
Nonostante fossero fino a poco tempo fa dalla stessa parte, quando si dovevano accordare col governo, questa volta il Sindacato autonomo e "Nezavisnost" si sono detti concordi col governo sul fatto che l’Unione non ha più il diritto di condurre negoziati su queste questioni, perché fino alla firma del contratto collettivo non ha mai dimostrato il suo rgado di rappresentatività, così come richiesto dalla legge sul lavoro. Il giorno prima dell’inizio delle trattative col governo, Pavlovic ha persino detto che l’Unione non avrebbe il diritto nemmeno di sotoscrivere contratti collettivi.
L’Unione dal canto suo rigetta come infondate le affermazioni che la accusano di non aver presentato al governo la documentazione sulla rappresentatività, perché non è in grado di dimostrare di avere un numero sufficiente di membri, e sostiene che, prima della fine dello sciopero, documenterà di avere il doppio dei membri del numero richiesto per legge – ossia 25.000 al posto dei necessari 12.000 impiegati nella scuola.
E con questo non terminano le reciproche accuse dei sindacalisti, nonostante negli ultimi anni sia emerso che si può migliorare la condizione degli insegnanti solo agendo in modo unitario, tenendo presente che nessuno sciopero organizzato in modo indipendente da un qualche sindacato ha mai avuto successo. A differenza di quelli di questi giorni, negli scioperi in cui i sindacati erano uniti spesso si è giunti a concessioni da parte del governo – dall’aumento degli stipendi all’adozione di alcune leggi che si sono dimostrate cruciali per la scuola.
Benché ancora manchi la soluzione definitiva a questa vicenda, la divisione tra i sindacalisti, secondo le valutazioni che arrivano da fonti interne ai sindacati stessi, danneggia l’organizzazione sindacale degli insegnanti. "Ovviamente la danneggia, perché se cessa lo sciopero, prima vengono danneggiati i lavoratori, e poi il sindacato che ha dichiarato lo sciopero. Tutto ciò non era per niente necessario", ha detto Pavlovic.