Sarkozy e i rom. La crociata, un anno dopo

Nell’estate 2010 il presidente francese Nicolas Sarkozy lanciava la sua campagna per rimpatriare i rom di Romania e Bulgaria. A un anno di distanza, la crociata di Sarkozy mostra tutta la sua natura populista e la propria incapacità di cambiare le cose, se non in termini negativi. Un commento

17/08/2011, Francesco Martino - Sofia

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Nicolas Sarkozy - World Economic Forum/flickr

Un anno fa, col noto discorso tenuto a Grenoble, il presidente francese Nicolas Sarkozy lanciava la sua personale crociata contro immigrazione e crimine. In quella occasione, Sarkozy puntava il dito anche e soprattutto contro i rom, accusati di aver reso insicure le strade delle città transalpine. “Bisogna mettere fine ai campi nomadi abusivi”, aveva tuonato il presidente senza mezzi termini, promettendo che, dei 539 campi illegali individuati dalle autorità, almeno la metà sarebbe stata smantellata entro tre mesi.

Per Sarkozy era poi assolutamente necessario mandare a casa i Rom arrivati dai nuovi paesi membri dell’UE (sopratutto Romania e Bulgaria), e che risiedevano sul suolo francese per più dei tre mesi concessi dalle direttive europee. Per invitare gli ospiti indesiderati a tornarsene “a casa loro”, insieme al bastone, Sarkozy annunciava anche la “carota”: 300 euro per ogni adulto e 100 per ogni bambino che decideva di lasciare “volontariamente” la Francia.

Immediatamente cominciarono a piovere da più parti pesanti critiche: dalla Commissione europea al Vaticano, dai giornali alle associazioni per i diritti umani. Sarkozy era però deciso a non fare alcun passo indietro sulla “questione rom”. E i sondaggi sembravano dargli ragione. Secondo un’indagine pubblicata da Le Figaro nell’agosto 2010, ben il 79% dei francesi approvava le misure del presidente.

Ad un anno da quegli eventi, però, i risultati della campagna anti-rom mostrano in pieno la propria natura strumentale e populista, e la propria inconsistenza sostanziale. Secondo i dati pubblicati dal quotidiano bulgaro Sega, sono stati 9529 i rom bulgari e rumeni rimpatriati (o meglio “rientrati volontariamente”) nel 2010. Un numero praticamente uguale a quelli rimpatriati dalla Francia l’anno prima, nel 2009, senza fanfare, discorsi infiammatori e parole d’ordine razziste.

In pratica, col discorso di Grenoble nulla è cambiato. O meglio, qualche cambiamento c’è stato, ma in peggio. Secondo le autorità francesi, il numero di rom rumeni e bulgari sul territorio transalpino resta costante (intorno alle 15mila unità) nonostante le strombazzate campagne di rimpatrio. Con una punta d’ironia, si potrebbe dire che con i 300 euro ricevuti i rom di Romania e Bulgaria hanno fatto sì il biglietto, ma di andata e ritorno.

Considerando, però, che nel frattempo tre quarti dei campi illegali sono stati abbattuti dai bulldozer, e che l’onda lunga delle parole infuocate pronunciate un anno fa non si è ancora placata, i rom “immigrati” in Francia vivono in condizioni molto più precarie di prima. Secondo il quotidiano britannico The Indipendent, anche la stessa polizia francese avrebbe ormai ammesso il sostanziale effetto negativo della “campagna di Grenoble”, costatando che i rom non sono mai stati tanto marginalizzati quanto oggi.

Gli effetti negativi della crociata hanno poi rapidamente varcato i confini francesi, e sono rimbalzati sui già delicati rapporti inter-statali all’interno dell’Unione europea, soprattutto sulla faglia est-ovest, ovvero nuovi-vecchi paesi membri. La vicenda dei rom è evidentemente una delle cause principali della rigida posizione assunta dalla Francia sulle prospettive di ingresso di Romania e Bulgaria nello spazio Schengen, anche se a livello ufficiale, naturalmente, nessuno ha il coraggio di farne menzione. Secondo il parlamento europeo i due paesi balcanici rispondono ormai a tutti i requisiti tecnici per far parte dell’area Schengen; continuano però a restarne fuori, e ancora non è chiaro quanto durerà il purgatorio della sala d’attesa.

Adesso Sarkozy ha cambiato stile e retorica. Dopo aver inseguito il voto populista e di destra ai danni dei rom, ultimamente ha ammorbidito le sue posizioni, nella speranza che il voto moderato e di centro possa tirarlo fuori dalle secche di un tasso di gradimento ai minimi storici (che al momento alcuni sondaggi danno ad un tragico 3%), a meno di un anno dalle elezioni presidenziali del 2012. L’anniversario del “discorso di Grenoble” è passato quindi sotto silenzio o quasi e Sarkozy si è guardato bene dal riaprire i temi sollevati con tanto ardore un anno fa.

La crociata anti-rom, con tutta probabilità, non salverà Sarkozy nella prossima corsa alla riconferma all’Eliseo. I problemi legati all’integrazione dei rom, intanto, restano intatti, (anzi, peggiorano), non solo in Francia, ma in tutta l’UE. Anche il "decennio dell’inclusione rom 2005-2015", nonostante le ottime intenzioni della vigilia, si sta trasformando in sostanza in un decennio di occasioni perdute.

Il dibattito su un tema tanto importante deve essere ripreso con forza a livello europeo, nazionale e locale. Quale che siano le idee e le proposte lanciate in futuro, la sgangherata crociata di Sarkozy ci lascia un monito evidente e tristemente scontato: le invettive al vento e le crociate elettorali non servono a niente e a nessuno.

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