Sarajevo, la fine della Galleria d’Arte
Al termine di una lunga crisi, nella carenza di finanziamenti e di un chiaro sostegno da parte dello Stato, la Pinacoteca Nazionale della Bosnia Erzegovina ha chiuso. Le reazioni a Sarajevo, il dibattito sulla difesa del patrimonio culturale nazionale, tra pubblico e privato
Da oggi, primo settembre 2011, la Pinacoteca Nazionale (Umjetnička Galerija) della Bosnia Erzegovina è chiusa al pubblico. Era stata fondata nel 1946, ed era la più antica istituzione del suo genere di livello statale. Il suo problema era proprio questo, avere lo status di un’istituzione statale. Alla Pinacoteca infatti mancavano i fondi ma, da circa 15 anni, mancava anche lo Stato.
Maja Abdomerović, curatrice della Pinacoteca, ha confermato ieri ad Osservatorio la notizia della chiusura, che già da alcuni giorni circolava in rete. “Non abbiamo un quadro legale che ci permetta di operare”, ha dichiarato la Abdomerović.
La lunga crisi di 7 istituzioni simbolo
La crisi della Pinacoteca, o Galleria d’Arte, si è aggravata in questi ultimi mesi. La direttrice, Meliha Husedžinović, è andata in pensione il primo maggio scorso. Nessuno però può nominare il sostituto, né un nuovo consiglio di amministrazione. Secondo la legge, queste nomine devono infatti essere approvate dal governo. Ma in Bosnia il governo non c’è, nonostante le elezioni si siano tenute da ormai quasi un anno. Di qui il precipitare della crisi, che covava da tempo.
La condizione della Pinacoteca è condivisa da altre sei istituzioni bosniache, che prima della guerra dipendevano direttamente dallo Stato ed erano finanziate dal budget statale. Sono il Museo Nazionale, il Museo Storico, il Museo della Letteratura e dell’Arte Drammatica, la Libreria Nazionale e Universitaria, la Kinoteka (l’archivio nazionale cinematografico), e la Libreria per i Non Vedenti. Anche queste istituzioni potrebbero presto seguire le orme della Galleria d’Arte.
I soldi sono solo una parte del problema. Nel caso della Galleria d’Arte, ad esempio, le cifre in questione non sono enormi. “Per funzionare abbiamo bisogno di circa 400.000 marchi convertibili, o 200.000 euro”, ha continuato la Abdomerović descrivendo lo stato della Galleria, i cui dipendenti sono 16 in totale. “In tutti questi anni però abbiamo lavorato ugualmente con un budget ridotto della metà, circa 100.000 euro, che è quello che abbiamo ricevuto annualmente dallo Stato”.
Il problema più generale riguarda chi abbia la responsabilità della cultura in Bosnia Erzegovina, se lo Stato o le Entità. Le diverse interpretazioni di Dayton e della Costituzione riflettono una generale mancanza di consenso sul tema. In assenza di un dibattito, i fondi diminuiscono e i criteri di allocazione divengono sempre più evanescenti. Fino a quando le istituzioni chiudono.
In questo momento, i finanziamenti per queste sette istituzioni dipendono dal ministero degli Affari Civili. L’ultimo ministro in carica, Sredoje Nović, ha però esteso i benefici del fondo ad altre 60 istituzioni circa. “Noi dobbiamo fare richiesta ogni anno, come una qualsiasi ong. Il problema è che non ci sono criteri per l’assegnazione. Riceviamo circa 150.000 KM dal ministero, qualche fondo dalla Federazione, per la difesa del patrimonio culturale, e circa 50.000 KM dal Cantone di Sarajevo”, conclude la Abdomerović.
La Pinacoteca della BiH custodisce più di 6.000 dipinti e opere d’arte. Il suo tesoro comprende opere di artisti bosniaci e della ex Jugoslavia, collezioni internazionali (compresa la collezione Ferdinand Hodler), e un vasto repertorio che spazia dalle collezioni di icone a quelle di fotografie e di disegni del periodo austroungarico.
Ćevapčići per uno Stato-ćevapo
Venerdì scorso un centinaio di cittadini di Sarajevo, autoconvocatisi su Facebook, si sono ritrovati di fronte alla Galleria per protestare contro la chiusura. Nel piazzale i manifestanti hanno improvvisato una grigliata, dichiarando che si trattava di un lavoro concettuale, un’installazione di arte contemporanea: “Facciamo dei ćevapčići, per questo Stato-ćevapo ”.
Diversi artisti hanno partecipato all’azione a difesa della Galleria. Tra loro anche Nebojša Šerić Šoba, l’autore della lattina di carne in scatola che ringrazia la comunità internazionale per l’aiuto dato durante l’assedio di Sarajevo, e Damir Nikšić , che è intervenuto con un impianto voce provvisorio. Nel suo intervento, visibile su you tube , l’artista sostiene che “la lotta per la difesa della Pinacoteca è la lotta per una Sarajevo e una Bosnia Erzegovina cosmopolite”, aggiungendo che “dopo la chiusura della Galleria, il prossimo passo sarà la divisione della sua collezione in due parti, una alla Republika Srpska e una alla Federazione.”
Alla manifestazione ha partecipato anche il generale Jovan Divjak che, secondo quanto riportato dal popolare portale informativo Sarajevo X , ha dichiarato che quanto stava accadendo rappresentava “la continuazione del culturicidio iniziato con la guerra. La cultura e le tradizioni che sono comuni a tutti i popoli della Bosnia Erzegovina, ovviamente, non rispondono alle concezioni degli attuali politici.”
Haris Pašović fuori dal coro
A Sarajevo non tutti, però, la pensano allo stesso modo. In un caustico commento pubblicato online (Smettetela di prenderci in giro ), il noto regista e direttore della compagnia teatrale East West Centar , Haris Pašović, si scaglia contro la Galleria d’Arte, sostenendo in sintesi che si tratta di un’istituzione che non ha prodotto nulla negli ultimi 15 anni, facendosi sentire solo per lamentarsi dell’esiguità dei finanziamenti pubblici. Pašović elenca invece tutte quelle istituzioni culturali bosniache di successo che, negli ultimi 20 anni, hanno lavorato basandosi unicamente sulle proprie forze. Sono molte, e sono famose in tutto il mondo. Tra queste lo stesso East West Centar, il festival teatrale MESS, il Sarajevo Film Festival, Deblokada, Proba, il Sarajevo Jazz Festival, il Centro per l’Arte Contemporanea ecc.
E’ l’eterno dibattito sul ruolo del settore pubblico nella cultura, con tutte le specificità del caso. La Bosnia Erzegovina, da un punto di vista culturale, è un Paese ricco. La vivacità e il successo della sua iniziativa privata in questo campo lo dimostrano. Come qualsiasi altro Paese europeo, però, merita anche istituzioni efficienti che ne possano valorizzare e difendere il patrimonio, a prescindere dai meccanismi del mercato.
Nel frattempo, in attesa di novità, la Pinacoteca Nazionale bosniaca è chiusa.