Sarajevo, a scuola di revisionismo

Un istituto scolastico a Sarajevo viene intitolato a Mustafa Busuladžić, figura controversa di intellettuale islamista, accusato di antisemitismo e giustiziato dalle autorità comuniste nel 1945

23/11/2016, Alfredo Sasso -

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Sarajevo - Elvis Pucar/flickr

Il cambio di regime in un paese porta con sé la riscrittura dello spazio pubblico. Strade, piazze, scuole, istituzioni culturali cambiano nomi, riscrivono memorie e identità, impartiscono nuovi riferimenti politici e morali ai cittadini. Nei paesi post-jugoslavi, e in Bosnia Erzegovina in particolare, questo processo è lungi dal completarsi.

A settembre, il Parlamento del Cantone di Sarajevo esaminava la proposta di intitolare la scuola primaria di Dobroševi a Mustafa Busuladžić, una figura su cui si sono formate narrative del tutto contrapposte. Brillante studioso e martire dell’identità musulmana secondo alcuni; portavoce di idee palesemente nazifasciste, antisemite e patriarcali, secondo altri. Dopo settimane di duro confronto tra i partiti politici, e aspre prese di posizione di intellettuali e accademici, la proposta è stata infine approvata il 26 ottobre, gettando nuove ombre sulla memoria collettiva in Bosnia Erzegovina e sulla sua proiezione nel presente.

Mustafa Busuladžić: chi era, chi (lo) rappresenta oggi

Nato a Trebinje nel 1914, diplomatosi alla medresa "Gazi Huzrev-Begova" di Sarajevo nel 1936, Busuladžić si occupa di letteratura, storia e pensiero islamico con posizioni apertamente tradizionaliste. Nel 1941-42, mentre la Bosnia Erzegovina è occupata dai nazifascisti ustaša dello Stato indipendente di Croazia, Busuladžić ottiene una borsa di studio in orientalistica a Roma, da dove è corrispondente per la radio croata. Tornato a Sarajevo, è militante di El-Hidaje (“La giusta via”), un movimento clericale che rivendica il ritorno ai valori islamici, collaborazionista con il regime ustaša. Poco dopo la liberazione della Jugoslavia a opera dei partigiani, nel giugno 1945, Busuladžić viene giustiziato dalle autorità comuniste dopo un processo sommario, apparentemente per la sua connivenza con le strutture ustaša, nonché per i suoi articoli che accusavano le politiche anti-musulmane dell’Unione Sovietica. Il suo corpo non fu mai ritrovato.

I sostenitori della riabilitazione di Busuladžić risaltano il suo valore intellettuale e il suo aspetto di martire. Secondo lo scrittore ultraconservatore Džemaludin Latić, si tratterebbe addirittura del “più brillante pensatore bosgnacco del XX secolo”, che avrebbe offerto una sintesi fra tradizione, spiritualità islamica e giustizia sociale, contrastando sia il comunismo, sia il fascismo. Con argomenti simili si sono espresse influenti voci dell’accademia sarajevese, come quella di Šaćir Filandra, preside della Facoltà di Scienze Politiche, che ha esaltato il suo “sguardo filosofico sui fondamenti del mondo contemporaneo”.

Infine è arrivato il consenso politico. L’SDA, il partito nazionalista al potere nella Federazione di BiH e nel Cantone di Sarajevo, ha subito appoggiato la proposta di intitolare la scuola a Busuladžić. Una scelta che non sorprende: il caso è stato utilizzato a scopi elettorali (si era nel pieno della campagna per il voto amministrativo). Inoltre, il padre fondatore del partito, Alija Izetbegović, negli anni ‘40 militava nel movimento dei Giovani Musulmani, contiguo a El-Hidaje. Va però precisato che l’iniziativa è partita dal basso, ovvero da una petizione di cittadini di Dobroševi (sobborgo nel nord-ovest di Sarajevo, dove si trova la scuola) poi seguita dal parere favorevole di consiglio di quartiere, dell’amministrazione e persino dal consiglio dei genitori dell’istituto scolastico.

Più che diretta dai vertici, la vicenda sembra svilupparsi in un contesto politico-culturale conservatore in cui è comune ritenere che l’identità bosgnacca soffra di un deficit di memoria. In questi ambienti, si adducono cause profonde risalenti al periodo jugoslavo e rimaste irrisolte dopo la guerra degli anni Novanta: debolezza delle istituzioni, complesso di inferiorità rispetto alle “altre” narrative nazionali presenti in Bosnia Erzegovina (quella serba e quella croata), immutata subalternità al discorso antifascista classico. Secondo questa visione, le riabilitazioni degli intellettuali bosgnacchi anticomunisti del passato compenserebbero questi presunti torti della memoria.

Gli scomparsi della čaršija

Alla riabilitazione di Busuladžić si sono opposti diversi intellettuali progressisti e tutti i partiti civici non-nazionalisti, che lo ricordano come un “propagatore del fascismo”, indicando l’odio etnico e di genere presente nei suoi scritti. “Qui la gente ha lottato contro gli ebrei e le loro speculazioni, frodi, prevaricazioni. Essi sono scomparsi dalla čaršija [il centro storico di Sarajevo, ndA] ma lì è rimasto il loro spirito giudeo di macchinazione, speculazione, occultamento e accumulazione delle merci, contrabbando e usura”, scriveva Busuladžić nel 1944. Nell’articolo “Il culto della nudità” (Kult golotinje) del 1943, l’autore si scagliava invece contro l’emancipazione femminile, associandola alla depravazione e alla decadenza economica. Il declino delle antiche Atene e Roma sarebbe iniziato quando la donna “ha iniziato a lasciare la casa” e abbandonato la maternità, “essenza dell’esistenza femminile”.

Il compiacimento per gli “scomparsi dalla čaršija” e la sottomissione della donna, per giunta riletti nel contesto di una città e un paese che hanno recentemente conosciuto altre pulizie etniche, ha gelato il sangue a molti. Come hanno osservato diversi commentatori, la confusa sovrapposizione tra il Busuladžić intellettuale islamista e il Busuladžić vittima individuale di un processo sommario, rende invisibili le migliaia di vittime innocenti della Seconda guerra mondiale in Bosnia Erzegovina, nonché le iniziative di solidarietà e coraggio civile che vi ebbero luogo.

Inoltre, è mancato non solo un dibattito pubblico, ma anche un confronto scientifico più esteso riguardo una figura che rimane semisconosciuta ai più, con le conseguenti manipolazioni politiche. “La prima domanda che ci si dovrebbe porre è: quali opere fanno di Mustafa Busuladžić ‘uno dei più grandi intellettuali bosgnacchi tra le due guerre mondiali?’ Per quanto mi riguarda, la risposta non è molto chiara. Penso che al centro della questione ci sia una determinata ideologia, quella dei Giovani Musulmani, e della sua rivitalizzazione nella società bosniaca, che de jure è avvenuta dal 1990, e de facto si ripropone dopo ogni tornata elettorale”, spiega a OBC Transeuropa Edin Omerčić, ricercatore presso l’Istituto di Storia dell’Università di Sarajevo.

La revisione della memoria appare uno strumento della politica per riempire i propri vuoti. Tarik Haverić, politologo impegnato da tempo nella critica ai revisionismi, e che si è dedicato proprio a un’analisi critica degli scritti di Busuladžić, ha commentato: “La destra clero-nazionalista che è al potere nei diversi livelli del paese (naturalmente non solo musulmana!) non ha nient’altro da offrire”, e dunque “legittima il proprio potere sulle sofferenze passate”. Si tratta di un processo consolidato. Nella parte croata di Mostar, vi sono diverse vie intitolate a ministri e alti ufficiali ustaša, mentre nella Republika Srpska lo “screening nazionalista” della toponomastica può dirsi completato. La scuola è un passaggio ulteriore nell’occupazione dello spazio pubblico. “Tutte le élite nazionaliste dell’ex-Jugoslavia trattano la scuola come fabbrica del loro modello di identità. L’ideologizzazione del sistema scolastico si presenta non solo a livello simbolico, con la ridenominazione, ma anche a livello sostanziale, con la politicizzazione della conoscenza attraverso le cosiddette ‘materie nazionali’”, spiega il filosofo Enver Kazaz.

A Mustafa Busuladžić, dopo la guerra degli anni ’90, è già stata intitolata una via a Sarajevo. Nell’era jugoslava, quella stessa via (all’epoca un tratto più lungo) era intitolata a Fuad Midžić, partigiano musulmano e comunista. Midžić, fuggito dal lager ustaša di Jasenovac, fu ucciso a Sarajevo il 6 aprile 1945, il giorno in cui la città si liberò dal nazifascismo. Negli anni ’80, Ulica Fuada Midžića diventò uno dei “simboli della Sarajevo jugoslava” perché citata in una canzone dei leggendari Zabranjeno Pušenje, emblemi dello ju-rock e della scena culturale alternativa. I componenti del gruppo vivevano proprio in quella via. Chissà se un giorno qualcuno dei ragazzi diplomati alla scuola Mustafa Busuladžić ascolterà quella canzone e si chiederà chi era Fuad Midžić, e dove era la sua via.

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