Salute mentale in Serbia, serve un approccio innovativo

Seminario di studio a Belgrado, promosso da Caritas Italiana e Caritas Jugoslavia insieme a ministero serbo e Oms. Avanza il programma in corso da due anni che ha consentito di raggiungere migliaia di pazienti in cinque ospedali psichiatrici.

02/12/2002, Redazione -

"Approcci innovativi nella tutela della salute mentale di comunità": con questo titolo si svolgerà all’Istituto di salute pubblica di Belgrado, mercoledì 4 dicembre, un workshop specialistico (cfr. programma allegato), nel corso del quale verranno presentato esperienze di approccio alla salute mentale che caratterizzano realtà europee (Germania, Grecia e Italia e paesi ex jugoslavi). Al workshop sono stati invitati medici specializzati della Repubblica di Serbia e del Montenegro; l’iniziativa è promossa da Caritas Jugoslavia e Caritas Italiana, in collaborazione con il ministero della sanità di Serbia e dall’Organizzazione mondiale della sanità.
L’appuntamento costituirà un momento importante del Programma salute mentale, avviato dalle due Caritas da un paio d’anni, con l’obiettivo di favorire il diffondersi, nelle repubbliche di Serbia e Montenegro, di una cultura della deistituzionalizzazione. Il Programma Caritas ha interessato in una prima fase cinque ospedali psichiatrici: quattro in Serbia, a Kovin (Vojvodina), Vrsac (Vojvodina, verso il confine con la Romania), Novi Knezevac (Vojvodina, verso il confine con l’Ungheria) e Gornja Toponica (presso la città di Nis); uno in Montenegro, a Dobrota (nei pressi di Kotor). In queste realtà gli interventi hanno avuto come obiettivo l’umanizzazione delle condizioni di vita dei pazienti, nonché la qualificazione professionale e motivazionale del personale.
Ora, entrato nella seconda fase, il Programma salute mentale si concentra su iniziative di formazione, confronto e riflessione, finalizzate a promuovere un cambiamento culturale e una nuova prassi assistenziale e riabilitativa. Nei mesi scorsi sono stati organizzati viaggi studio in Italia per équipe di psichiatri serbi e montenegrini, al fine di prendere contatto con strutture sanitarie e socio-assistenziali e con operatori del settore del nostro paese. Il lavoro ha gradualmente coinvolto i ministeri delle due repubbliche e l’Oms. Recentemente è stato avviato un Percorso itinerante di sensibilizzazione incentrato sulle linee-guida dell’ Oms, che raggiungerà gli operatori dei servizi serbi là dove operano, con il proposito di consolidare la conoscenza delle condizioni dei lavoratori e dei pazienti degli ospedali psichiatrici, favorire i contatti fra gli operatori delle varie istituzioni (ospedali psichiatrici, reparti psichiatrici negli ospedali generali, cliniche psichiatriche, istituti di salute mentale), sensibilizzare gli operatori riguardo all’esigenza e alla praticabilità di un moderno approccio di salute mentale, che metta al centro l’utente e salvaguardi i diritti umani e civili delle persone con problemi di salute mentale, trasferendo la terapia e la riabilitazione dall’ospedale psichiatrico al territorio e favorendo politiche di prevenzione. Inoltre il percorso servirà a presentare modelli alternativi e a programmare, in futuro, progetti-pilota imperniati sul modello dell’assistenza community based.
Il settore della psichiatria risente, in Serbia come nel resto dei Balcani, di gravissimi problemi causati non solo dalle guerre e dalle traumatiche vicende politiche che hanno caratterizzato l’ultimo decennio, ma anche dai fenomeni di impoverimento e di smantellamento delle reti statali di protezione sociale. L’assistenza psichiatrica è ancora confinata nei tetri padiglioni dei manicomi, che ospitano sovente non solo malati psichiatrici, ma anche "casi sociali" i cui problemi sono stati aggravati e "fissati" dalla istituzionalizzazione. Gli standard di assistenza sono spesso assai precari, mentre i modelli di cura e riabilitazione non varcano le soglie degli istituti e non coinvolgono il territorio nelle sue varie espressioni (medicina di base, enti locali, società civile). Molto spesso negli ospedali psichiatrici vivono persone provenienti da zone molto lontane del paese: "reclusi" in queste strutture, sono stati dimenticati (o non possono essere più raggiunti) anche dalle famiglie. Gli ospedali di Vrsac, Kovin e Gornja Toponica ospitano ciascuno più di 800 pazienti; quelli di Novi Knezevac e Dobrota circa 250 ciascuno. Sono invece circa 700 i malati presenti all’ospedale Laza Lazarevac di Belgrado, l’unico della Federazione dove il programma Caritas ancora non è attivo.
Queste migliaia di persone, le loro famiglie e gli altri individui con problemi psichiatrici che vivono in Serbia e Montenegro rappresentano le frange estreme di una società impoverita e sfilacciata, a cui Caritas Italiana e Caritas Jugoslavia intendono continuare a prestare profonda attenzione. Cercando di promuovere un cambiamento politico e culturale, senza il quale le pur necessarie azioni di aiuto e assistenza rischierebbero di rimanere sterili.
Caritas Italiana

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