Russia-Turchia: l’alternativa a South Stream
Il gasdotto South Stream è ufficialmente archiviato. Mosca però ora guarda ad Ankara come alternativa nella partita energetica. I rapporti tra i due paesi sullo sfondo dei gasdotti
South Stream non si farà più. Lo ha annunciato il presidente russo Vladimir Putin nel corso della sua recente visita in Turchia, dove ha incontrato l’omologo Recep Tayyip Erdoğan.
Il gasdotto, tanto ambizioso quanto costoso, era volto a soddisfare la domanda europea di “oro blu” bypassando l’Ucraina, tradizionale cerniera tra produttore russo e consumatore europeo. Il progetto è preesistente all’attuale crisi nell’ex repubblica sovietica, con cui Mosca ha più volte avuto a che ridire sulle questioni energetiche. Vedi alla voce “guerre del gas”.
Sul versante settentrionale dell’Europa l’aggiramento di Kiev è già realtà. Dal 2011 è in funzione Nord Stream, un lungo tubo che passando dal fondale del Baltico sfocia sulle coste della Germania. South Stream, il cui tracciato definitivo si snoda in Turchia (via Mar Nero), Bulgaria, Serbia, Ungheria e Austria, era funzionale a completare il quadro, approvvigionando il ramo meridionale e centrale del continente, inclusi i paesi non ancora membri dell’Ue.
Ma appunto, tutto è stato archiviato. Almeno fintanto che i rapporti tra Unione europea e Russia resteranno tesi: politicamente e commercialmente. La goccia che ha fatto traboccare il vaso è stato il blocco della posa dei tubi in Bulgaria, scattato a giugno. Il motivo formale sono le irregolarità commesse da Sofia nell’assegnazione dei lavori, allegramente appaltati ai russi. Quello sostanziale il deterioramento dei rapporti tra l’Ue e la Federazione russa.
Energia e interscambio
Putin, in ogni caso, ha già in mente delle alternative con la Turchia. I due capi di stato, nel vertice di Ankara, hanno parlato della possibile costruzione di un altro gasdotto, che terminerebbe al confine greco-turco, garantendo dunque l’accesso al mercato europeo.
La televisione all news russa in lingua inglese, RT, riferisce che il volume del gasdotto sarà pari a 63 miliardi di metri cubi, dei quali 14 serviranno a soddisfare il mercato interno turco. Che nel frattempo riceverà tre miliardi di metri cubi aggiuntivi, via Blue Stream, gasdotto con portata da 16 miliardi di metri cubi che corre sul fondale del Mar Nero, collegando la Russia meridionale alle coste settentrionali turche. È controllato da Gazprom e Eni.
Gli accordi di Ankara, da parte russa, servono a trovare vie d’uscita dal caso South Stream e dunque a salvaguardare contratti già firmati. Quanto alla Turchia, è l’interesse materiale a farla da padrone. Erdoğan e il suo primo ministro, Ahmet Davutoğlu, ex titolare della diplomazia, badano al sodo e guardano ai vantaggi che possono derivare dai buoni rapporti economici con la Russia, tra l’altro in crescendo.
Oltre alle faccende energetiche, che coinvolgono pure il nucleare (Mosca aiuterà Ankara a potenziarlo), c’è in gioco anche il commercio. Dieci anni fa il volume degli scambi bilaterali ammontava a poco più di cinque miliardi di dollari. Oggi si viaggia intorno a quota 35. L’obiettivo, nel 2020, è arrivare alla cifra tonda e simbolica dei cento. Magari con una bilancia meno sfavorevole alla Turchia, che importa dalla Russia più di quello che esporta.
Le divergenze in politica estera
Al di là dell’esigenza di respiro corto, vale a dire compensare i contratti siglati su South Stream, anche la Russia manifesta nei rapporti con la Turchia un approccio segnato dal realismo. Affari prima di tutto, anche al netto delle divergenze sulla politica estera. Una è relativa alla Siria. Putin sostiene Assad, Erdoğan vuole che se ne vada. Stesso discorso sull’Egitto, con Mosca che appoggia la giunta insediatasi al Cairo e Ankara che la disprezza. Anche il conflitto del Nagorno-Karabakh divide. Ankara sta con gli azeri, Mosca propende dalla parte dell’Armenia, dove ha una base militare.
Quanto al tema caldo di questi tempi, l’Ucraina, i due paesi non sono certamente allineati. Ankara ha infatti visto con preoccupazione la secessione della Crimea, sia in virtù della presenza della minoranza tatara (la cui diaspora in Turchia ha protestato all’arrivo di Putin), sia perché è membro Nato e tutto sommato, benché i sentimenti atlantisti siano più tiepidi del solito, le navi russe ormeggiate a Sebastopoli – ormai a tutti gli effetti un porto russo, non più in affitto – incidono sugli aspetti strategici nel Mar Nero.
A ogni modo, Erdoğan ha prediletto una postura cauta, praticamente neutrale, evitando di adeguarsi alle sanzioni comminate da Bruxelles nei confronti di Mosca e sventando dunque le contromisure russe sull’agroalimentare. Anche in questo caso, il ragionamento è informato dall’interesse pratico. L’ortofrutticolo, il caseario e il settore delle carni stanno conquistando posizioni importanti sui mercati della Russia.
L’amicizia tra Erdoğan e Putin
L’andamento delle relazioni internazionali si basa spesso e volentieri sulla “chimica” tra i politici. Nel caso russo-turco, diversi analisti hanno messo in luce la buona intesa raggiunta nel corso del tempo da Erdoğan e Putin. Ishaan Tharoor, giornalista del Washington Post, ha annotato le somiglianze tra i due. Entrambi sono decisionisti, accentratori, muscolari. Entrambi vedono nella fede – Erdoğan nell’islam, Putin nel cristianesimo ortodosso – uno strumento di coesione, consenso e legittimazione. Entrambi, infine, coltivano l’ambizione di influire maggiormente nell’arena internazionale, insistendo sui perimetri dei vecchi, rispettivi spazi imperiali.
Logicamente non tutto procede all’insegna dell’analogia. In Turchia c’è un’opposizione più strutturata, i processi elettorali sono meno controllati e Bruxelles riesce in qualche misura a influire sul contesto turco.
Ciò appurato, la relazione tra Russia e Turchia passa sì dall’amicizia tra Erdoğan e Putin, ma è soprattutto guidata dalla realpolitik. I tempi della guerra fredda, quando tutto era bianco o nero e l’Urss, vista da Ankara, incuteva timore, sono passati. Turchia e Russia si sentono soggetti pienamente inseriti in una dimensione multipolare. Si regolano così di conseguenza.