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Rotta balcanica: l’odissea di Said
Centro di Atene, un piccolo giardino gremito di persone nel traffico della capitale greca. È qui che incontriamo Said, ragazzo afghano dal sorriso contagioso. Seconda puntata del diario di viaggio del nostro inviato
Nel reticolato di marciapiedi e saliscendi che compongono il centro di Atene, i rifugiati sperano di passarci il minor tempo possibile. Chi ha la possibilità ha affittato una camera per la notte, in vista di una possibile partenza l’indomani per Salonicco o per la Macedonia. Chi è meno fortunato si è invece diretto verso Piazza Vittoria, dove il piccolo giardino quadrato è già gremito di centinaia di persone sdraiate. Si tratta perlopiù di afghani, che cercano qualche ora di riposo in quest’improbabile oasi verde nel mezzo del traffico ateniese.
Tra di loro, seduto su un muretto accanto a tre amici, c’è anche Said, un ragazzo afghano di 25 anni dal sorriso contagioso. È arrivato ieri al Pireo, dall’Iran, dove viveva da ormai tre anni. Della Repubblica islamica, dice, non ne poteva più. “Mi hanno frustato ottanta volte per aver bevuto dell’alcol, dopo che i vicini mi avevano denunciato”, racconta. “Ma non sei musulmano?” – “Ma sì, sì, però…” e i compagni di viaggio scoppiano a ridere.
Partito 21 giorni fa, Said assicura di aver perso 15 chili nel frattempo. “Da 85 a 70!”, esclama sollevando la maglia per mostrare la pancia. Uno dei momenti più duri della sua odissea è stato in Turchia, quando ha attraversato un lungo tratto del paese chiuso in un furgoncino. Venti persone costrette in uno spazio ristrettissimo per cinque ore. Dopo la traversata in nave, è sbarcato a Lesbo, dove si è ritrovato bloccato per dodici giorni, in attesa che le autorità greche, oberate di lavoro, trattassero il suo dossier.
Adesso il suo piano è di prendere un bus questa sera e andare direttamente alla frontiera macedone, saltando Salonicco. Non è l’unico ad avere la stessa idea e a seconda dell’orario della giornata, infatti, la popolazione di Piazza Vittoria cambia. Calata la sera, mentre qualche gruppo si avvia verso la sua corriera, i volontari del Forum greco per i rifugiati (FGR) arrivano con una grande pentola di cous-cous. Come ogni sera, il presidente del Forum, Yonous Muhammadi, è tra i presenti, per assicurarsi che tutto si svolga correttamente.
“Il quartier generale di Alba Dorata è qua vicino e non sarebbe la prima volta che vengono qui a provocare o a maltrattare qualcuno”, riporta Yonous. “Veniamo anche per tenere pulito questo posto, perché vogliamo che per gli abitanti del quartiere, il via vai di queste persone causi il minor disturbo possibile”.
Nella Grecia della crisi economica, continuare l’attività di sostegno ai rifugiati non è però facile. Fin dalla sua nascita come associazione nel 2010, il FGR ha costantemente distribuito cibo, ma anche vestiti e altri beni di prima necessità. “Non compravamo queste cose, ma erano i cittadini greci a fornircele – ricorda Yonous – Ora, riceviamo pochissimi oggetti. E al centro di Médecins du Monde, la metà degli utenti sono di nazionalità greca”.