“Rotta Balcanica? I profughi vivono in un’ex discarica”

In Bosnia Erzegovina è stato allestito un campo profughi su una ex discarica. Accade a Vučjak e vi vivono attualmente 700 persone. Un’intervista a Silvia Maraone, di Ipsia

10/07/2019, Anna Spena -

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Migranti a Velika Kladuša (© Ajdin Kamber/Shutterstock)

(Quest’intervista è stata originariamente pubblicata da Vita.it )

Come vivono i profughi rimasti bloccati in un limbo dove è impensabile tornare indietro ma diventa difficile andare avanti? E le conseguenze di questo fatto, almeno per quanto riguarda la rotta balcanica, ricadono tutte su un paese piccolo, la Bosnia Erzegovina, che conta appena tre milioni e mezzo di abitanti, però, circa la metà, vive all’estero.

"In Bosnia Erzegovina i dati ufficiali registrano 5mila profughi", dice Silvia Maraone, project manager di IPSIA , Ong delle Acli, che segue il tema migrazioni lungo la rotta balcanica da anni, e collabora con Osservatorio Balcani e Caucaso Transeuropa. "In realtà i profughi bloccati nel paese sono almeno settemila e le loro condizioni di vita sono inaccettabili e allo stremo".

A Vučjack hanno autorizzato l’apertura di un campo profughi su una ex discarica. Ma è possibile?

Purtroppo sì. È un posto isolato, in mezzo ad un bosco, a sudovest di Bihać, il capoluogo del cantone di Una-Sana. Il campo è stato voluto proprio dal cantone di Una-Sana. Ed è l’unico in tutto il paese a non essere gestito dall’Iom, International Organization for Migration.

Quanti campi ufficiali ci sono in Bosnia?

Sette. Due nelle vicinanze di Sarajevo, due a Mostar e gli altri tra Bihać e Velika Kladuša. Ma tra Mostar e Sarajevo ci sono al massimo 600 profughi. Tutti gli altri sono concentrati al confine con la Croazia, dove se ne contano almeno 4mila.

Com’è possibile questa cosa?

La Bosnia vive un momento di forte crisi politica. Con uno scontro intestino tra i vari cantoni. L’apertura di un campo su una discarica è la conseguenza diretta di questa crisi e della difficoltà di instaurare un dialogo con il governo centrale di Sarajevo. Il cantone di Una–Sana, infatti, lo accusa di averli lasciati soli nella gestione dell’emergenza profughi.

Quando è stata dismessa la discarica?

Fino a pochi anni fa veniva depositata lì l’immondizia, ma niente era a norma. Di fatto scaricavano i rifiuti e li seppellivano con la terra. Dopo la chiusura i rifiuti sono rimasti ammassati nella terra. Il campo non è a norma con gli standard: non ci sono bagni. Non c’è l’acqua. Due volte al giorno vengono portate cisterne con acqua potabile e non. Finché il tempo sarà clemente la situazione rimarrà “stabile”. Ma cosa succederà in questi tendoni con l’inizio dell’inverno? La Croce Rossa di Bihać sta facendo un lavoro immane per queste persone, ma si trova da sola a gestire un’emergenza che va ben oltre le sue risorse.

…  (prosegui l’intervista su Vita.it )

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