Romanzo criminale

Come è nata e come si è evoluta in questi anni la criminalità organizzata in Bulgaria? Chi sono i suoi protagonisti? E quale è stata la risposta alle sfide lanciate dall’ingresso del paese nell’Ue? Un’intervista con Tihomir Bezlov, senior analyst del Centro per le Ricerche sulla Democrazia

19/06/2008, Francesco Martino - Sofia

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Tihomir Bezlov, senior analyst del Centro per le Ricerche sulla Democrazia di Sofia, è considerato uno dei maggiori esperti di criminologia e sociologia del crimine in Bulgaria. Autore di numerose pubblicazioni, scrive in veste di opinionista sui principali media del paese. E’ il principale autore del rapporto "Criminalità organizzata in Bulgaria: mercati e tendenze", presentato nel dicembre 2007.

Quali sono i principali fattori di criminalità organizzata attivi oggi in Bulgaria?

Nella sua evoluzione, la criminalità bulgara segue un modello parallelo a quella russa: da una parte ci sono strutture che esercitano violenza, dall’altra gruppi oligarchici, meno violenti, ma in grado di appropriarsi delle risorse dello stato attraverso pratiche di corruzione e riciclaggio, e grazie a profondi legami col mondo politico. Facciamo un passo indietro: durante il regime comunista, sia per le dimensioni ridotte del paese, che per il sistema di stato totalitario, si può dire che in Bulgaria non c’erano le condizioni per l’esistenza di una vera criminalità organizzata. Con il crollo del regime, assistiamo però alla perdita del controllo dello stato sulla vita pubblica, favorito dal fatto che le vecchie strutture repressive, viste come espressione diretta del vecchio potere, vengono in gran parte smantellate. In queste nuove condizioni, il "monopolio sulla violenza" viene in parte ceduto a strutture private. L’inizio dell’uso della violenza da parte di gruppi ben presto divenuti emblematici, e spesso formati da ex-atleti della lotta e dell’atletica pesante, i cosiddetti "mutri" ("brutte facce"), segna l’inizio della criminalità organizzata in Bulgaria. Il grande risalto mediatico dato loro,però, ha tenuto fuori dai riflettori un altro tipo di criminalità che, grazie a reti di conoscenze e alle ditte create negli anni della transizione, riesce ad approfittare della spartizione del patrimonio dello stato in modo estremamente efficace, ed oggi esercita un’influenza politica ed economica ben maggiore rispetto alle organizzazioni esclusivamente dedite alla violenza.

Chi sono i membri di questa seconda tipologia di criminalità organizzata?

Si tratta principalmente di ex-agenti dei servizi di sicurezza del regime e di membri della vecchia nomenclatura, ma anche di rappresentanti delle cosiddette "professioni di mercato", tollerate durante il socialismo, cioè di figure professionali, come camerieri, tassisti ecc…che anche nel precedente regime già operavano secondo i criteri dell’economia di mercato, e che quindi sono stati i più veloci ad adattarsi, utilizzando spesso in modo brutale questa loro capacità nelle mutate condizioni generali. Qui bisognerebbe aprire un tema molto ampio, e cioè quale sia il confine tra imprenditoria sana e imprenditoria criminale in una situazione quale quella della transizione bulgara. Agli inizi degli anni ’90, infatti, il quadro legislativo è ancora quello di tipo sovietico, in cui la stessa idea di imprenditoria è in qualche modo considerata antisociale. Gli imprenditori, in generale, per sopravvivere si sono dovuti muovere in acque torbide, costretti in qualche modo a violare regolarmente la legge, e il passaggio da criminale a non criminale non sempre è stato molto chiaro.

Come si sono evoluti in questi anni i gruppi criminali specializzati nell’uso della violenza?

In Bulgaria, i "mutri" hanno potuto approfittare di una manna piovuta dal cielo: l’embargo alla ex-Jugoslavia, che si può paragonare a quanto successo in America con il proibizionismo. Con il contrabbando di carburante sono stati incamerati decine di milioni di dollari. Altra fonte di entrata è l’offerta di violenza e contemporaneamente di protezione dalla violenza, un vero e proprio racket che fino alla metà degli anni ’90 ha assunto proporzioni di massa. Dal ’95 assistiamo ad una graduale diminuzione della violenza, grazie al fatto che le strutture criminali si sono "coalizzate" dando vita a due grossi gruppi, "SIK" e "VIS", impegnati nel campo assicurativo, e che attraverso una struttura capillare, con filiali in tutto il paese, obbligavano di fatto i consumatori ad assicurarsi presso di loro. Nel 1998 queste compagnie furono escluse dal mercato e si può dire che questo momento segna la fine del "periodo d’oro" di gruppi violenti. Naturalmente, molti membri di queste organizzazioni sono riusciti ad investire i propri guadagni in altri settori, a riciclarsi in altre attività.

Cosa è successo invece, ai gruppi di tipo oligarchico?

Questi gruppi, che io definisco di "imprenditori criminali", essendo molto meno riconoscibili da parte della società sono riusciti ad integrarsi nel sistema economico in modo molto più profondo, puntando a controllare interi settori del campo economico. Questi gruppi violano consapevolmente le regole per raggiungere il massimo guadagno, e per farlo hanno sviluppato soprattutto gli strumenti della corruzione e del clientelismo politico.

Come è cambiata in Bulgaria la percezione del fenomeno "criminalità organizzata"? Secondo alcuni analisti, le proteste di tipo ecologista rappresentano un primo tentativo di "rigetto" da parte della società civile. Lei cosa ne pensa?

Questa è una lettura ottimistica, che contiene elementi di verità. Il movimento ecologista in Bulgaria non è tipico, nel senso occidentale del termine, in quanto non si oppone a concreti fatti o azioni che mettono in pericolo la salute o l’ambiente. Da noi la consapevolezza dell’azione criminale passa innanzitutto attraverso la percezione della continua distruzione del patrimonio nazionale. Questo perché il business criminale è assolutamente rapace, e a differenza della normale imprenditoria, non crea valore aggiunto, ma al contrario lo distrugge. Un esempio classico è rappresentato da buona parte dell’edilizia, soprattutto nelle zone costiere, dove la costruzione selvaggia mette a rischio le prospettive di sviluppo futuro dell’attività turistica. Purtroppo questo modello di sviluppo rapace non è legato solo ai gruppi oligarchici, ma è diffuso a tutti i livelli, situazione che crea legami pericolosi, legami di interesse con le organizzazioni criminali.

Nel suo ultimo rapporto, il Centro per le Ricerche sulla Democrazia ha analizzato alcuni mercati centrali per le organizzazioni criminali bulgare: droga, prostituzione, macchine rubate e contrabbando di antichità. Quali gruppi controllano questi mercati?

Ognuno dei mercati menzionati è controllato da strutture anche molto diverse. Ad esempio nel mercato delle auto rubate c’è un evoluzione complessa, e dalle "assicurazioni forzate", siamo arrivati oggi alla situazione in cui le normali compagnie assicurative utilizzano i gruppi criminali del settore per recuperare le auto rubate ed individuare i responsabili. Ci sono gruppi che sono attivi su diversi mercati, altri che si sono specializzati. In generale si può dire che i gruppi oligarchici non partecipano a questi mercati. Forse l’unica eccezione è rappresentata dal contrabbando di antichità, che vengono collezionate e vendute da personaggi che vantano una grossa influenza politica.

Come si sono adattati i gruppi criminali alle nuove condizioni dettate dall’ingresso della Bulgaria nell’Unione Europea?

Il processo di adattamento è cominciato molto prima dell’ingresso del paese nell’Ue. I gruppi criminali bulgari si sono orientati verso l’Europa occidentale da molti anni, anche prima della cancellazione del regime dei visti per i paesi Schengen, nel 2001. Per la criminalità bulgara lo spazio unico europeo ha rappresentato un enorme vantaggio economico, per tutti i mercati analizzati nel nostro ultimo rapporto. Nella prostituzione, ad esempio, esistevano solide strutture di "offerta" in numerosi paesi europei molto prima che la prospettiva di integrazione cominciasse a divenire concreta. I gruppi criminali si sono mossi in largo anticipo rispetto agli altri settori della società, sfruttando al meglio sia l’apertura del mercato unico che la problematica cooperazione tra i servizi di polizia dei vari paesi dell’Ue.

Nel rapporto si parla anche di "dialogo superficiale" tra Bruxelles e Sofia per le questioni riguardanti la collaborazione nel campo della sicurezza…

Credo che il dialogo di Bruxelles, non solo con la Bulgaria, ma con molti nuovi membri, sia assolutamente superficiale. Ho partecipato a progetti gestiti da burocrati, che non avevano alcuna preparazione nel campo di cui si occupavano. Al tempo stesso, molti soldi vengono dati per studi di pessima qualità. Se prendiamo i rapporti sul capitolo "Sicurezza interna", prodotti durante il processo di integrazione della Bulgaria, questi possono essere definiti "cattivo giornalismo", più che serio studio di settore. In questo caso, non tanto per l’impreparazione di chi li ha redatti, ma per l’assoluta mancanza di valore pratico di questi rapporti, che li ha resi di fatto senza senso.

Ma ci sono effetti positivi determinati dall’ingresso della Bulgaria nell’Unione europea?

Anche gli effetti positivi hanno iniziato a farsi sentire ben prima dell’effettivo ingresso nell’Ue. La sola aspettativa di un ingresso nel breve-medio termine ha cambiato radicalmente le cose negli anni ’90. Ad esempio, ha favorito l’arrivo delle grandi multinazionali in Bulgaria, per esempio nel settore della grande distribuzione, cosa che ha fatto sì che il mercato delle merci di contrabbando fosse drasticamente ridotto. Nel giro di un anno, l’apertura del primo ipermercato "Metro" ha prodotto un calo drammatico del volume di affari di "Ilientzi", che fino ad allora rappresentava il più grande mercato di merci di contrabbando in tutti i Balcani. La stessa cosa è avvenuta nel settore bancario: l’ingresso dei grandi gruppi internazionali ha creato le basi di un credito normale, marginalizzando il fenomeno del "credito in nero", che era gestito principalmente dai gruppi criminali.

Tra i mercati criminali analizzati, qual è il più critico per la Bulgaria?

Credo che la prostituzione, o meglio l’esportazione di prostituzione, sia un fenomeno particolarmente pericoloso per la Bulgaria, soprattutto dal punto di vista sociale. Durante la nostra ricerca, siamo rimasti scioccati dalle cifre che riguardano questo settore. Sapevamo che c’era una forte offerta di servizi sessuali sul mercato internazionale, ma non ci aspettavamo un fenomeno tanto massiccio. Basti pensare che, in Olanda, le prostitute bulgare risultano al primo posto nelle statistiche di quelle che si sono rivolte alla polizia, superando quelle provenienti da paesi demograficamente molto più grandi, come Polonia, Romania, Ucraina e Russia. Troviamo una situazione simile anche in Germania.

Ma di che tipo sono le organizzazioni criminali che gestiscono l’esportazione della prostituzione?

Anche in questo caso abbiamo strutture molto variegate. Non si tratta comunque di grandi strutture, come si vedono nei film. Spesso sono "imprese familiari", in cui molti "papponi" sono legati o addirittura sposati alle ragazze che controllano. Ci sono poi organizzazioni di medio calibro, che gestiscono 5-6 ragazze, mentre le più grandi arrivano a sfruttare 50-60 ragazze. Il fattore di unità, che abbiamo riscontrato, è il fatto che particolari regioni e città in Bulgaria "riforniscono" particolari regioni o città europee. Ad esempio le prostitute che lavorano a Strasburgo vengono dalla zona di Varna, ad Oslo ci sono ragazze di Dobrich, a Valencia ragazze di Gabrovo, in varie regioni italiane prostitute di Vratza e Plovdiv. Si può dire che molte strutture criminali, che negli anni passati hanno creato forti posizioni in varie zone del continente, utilizzano la propria città di origine come serbatoio per il mercato dei servizi sessuali.

In questo business, quale ruolo viene giocato dal traffico di persone?

Questo è un tema molto complesso. La forma classica di questo crimine, con ragazze rapite, portate a forza all’estero e costrette a prostituirsi, tipica nel periodo della guerra in Jugoslavia, oggi è molto meno praticata, essendo rischiosa per chi la mette in pratica. Il modello proposto ora in questo settore prevede meno violenza, meno infrazioni della legge e un maggiore utilizzo di meccanismi economici, di pura mentalità imprenditoriale.

Le organizzazioni criminali bulgare fanno affari con quelle dei paesi vicini. L’ingresso della Bulgaria nell’Ue ha cambiato le modalità di collaborazione con i gruppi criminali dell’area?

E’ ancora presto per un’analisi approfondita. Rispetto ai propri omologhi dell’area, la criminalità bulgara ha vissuto come un grosso vantaggio la caduta del regime di visti verso i paesi Schengen. Oggi, con l’ingresso nell’Ue, la Bulgaria ha introdotto visti per i cittadini di molti paesi vicini, e questo in buona parte ha complicato le cose per i gruppi criminali bulgari. Un aspetto interessante, è notare l’estremo conservatorismo delle strutture criminali rispetto alle proprie abitudini acquisite. Guardiamo, ad esempio, il traffico di eroina. La rotta tradizionale passava dalla Turchia alla Bulgaria, e poi dalla Bulgaria alla Serbia verso l’Europa occidentale. Oggi, razionalmente, i trafficanti dovrebbero passare in Romania, evitando di uscire e rientrare nello spazio comunitario. Eppure continuano a passare per la Serbia, e ad essere catturati al valico di Kalotina: un comportamento a prima vista incomprensibile e paradossale, a cui ancora non siamo riusciti a trovare una risposta plausibile.

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