Romania: l’amnistia e la piazza
Il governo a guida socialdemocratica ha da poco varato un’amnistia che i detrattori definiscono uno stop alla lotta alla corruzione. In migliaia in piazza, tra cui il presidente del paese Iohannis
Braccio di ferro del presidente romeno Klaus Iohannis contro la corruzione in Romania. Dopo giorni di proteste di strada contro l’amnistia approvata dal nuovo governo guidato dal socialdemocratico Sorin Grindeanu – secondo i detrattori un colpo di spugna a favore dei politici corrotti – il capo dello stato ha avviato la procedura per la convocazione di un referendum nazionale per abrogare il provvedimento in modo da dare “continuità alla lotta alla corruzione e assicurarsi integrità della funzione pubblica”.
Referendum?
Martedì il presidente ha inviato una lettera ai presidenti del Senato e della Camera che hanno ora a disposizione 20 giorni per dare una risposta in merito. In mancanza di questa il presidente può comunque firmare il decreto che indice il referendum.
La decisione del presidente della Romania è stata presa a seguito delle proteste che si sono susseguite per giorni, anche con temperature sotto lo zero, a Bucarest e in altre città del paese. Domenica scorsa, il presidente stesso è sceso in mezzo ai manifestanti per ribadire che la lotta alla corruzione continuerà. La sua decisione di scendere in piazza è stata duramente criticata dal nuovo governo, in carica da inizio anno. Un governo formato dai socialdemocratici (PSD) di Liviu Dragnea – anche presidente della Camera dei Deputati – e dai liberal-democratici di Calin Popescu Tariceanu, presidente del Senato.
A far infuriare migliaia di persone (tra le 15’000 e le 30’000 quelle scese in piazza domenica a Bucarest) è stata la fretta con cui, appena insediato, l’esecutivo ha varato d’urgenza due ordinanze di amnistia a favore di oltre 2’500 detenuti che stanno scontando pene sino ad un massimo di 5 anni. A giustificazione dell’amnistia, il governo ha citato il problema del sovraffollamento delle carceri, ma per molti detrattori di questa decisione si tratterebbe invece di un provvedimento che segna la fine "della guerra alla corruzione".
Per il presidente Iohannis, per i manifestanti e per l’opposizione si è trattato in realtà di un atto volto a mettere in libertà centinaia di politici corrotti. Dal canto suo, il governo accusa il presidente di sfruttare l’occasione per aumentare la propria popolarità, promuovendo un referendum che costerà allo stato milioni di euro.
La Romania e l’Europa
Ieri la Commissione Europea ha presentato il rapporto sul Meccanismo di Cooperazione e Verifica (MCV) per la Romania. Il MCV è stato istituito dalla Commissione nel 2007 per valutare i progressi della Romania nei settori della riforma giudiziaria e della lotta alla corruzione. Secondo il canale televisivo Digi 24, nel documento presentato mercoledì si fa riferimento anche alle ordinanze d’urgenza varate dal governo Grindeanu circa la grazia e la modifica dei codici penali, che hanno generato le proteste di strada dopo il 18 gennaio, esprimendo preoccupazione.
Stando a News.ro “per quanto riguarda la lotta alla corruzione il documento pubblicato mercoledì dalla Commissione europea nota che la Direzione Nazionale Anticorruzione (DNA) e l’Alta Corte di Cassazione e Giustizia (ICCJ) hanno registrato un bilancio impressionante per quanto riguarda i risultati raggiunti nell’affrontare casi di corruzione di livello medio e alto”. Nel documento si specifica inoltre che “la legislazione anticorruzione dev’essere applicata a tutti in modo uguale e a tutti i livelli”.
In un suo recente discorso tenuto nell’aula dell’Assemblea parlamentare del Consiglio d’Europa, a Strasburgo, il presidente della Romania Klaus Iohannis si è dichiarato felice dei contenuti del rapporto della Commissione e ha aggiunto: ”Questa è la Romania, sempre pronta a sorprenderti, a volte anche in modo piacevole”.
Il ministro della Giustizia Florin Iordache, direttamente coinvolto nelle ordinanze “salva corrotti” ha preferito il silenzio in merito al rapporto della Commissione mentre Anna Birchall, ministra con la delega per gli affari europei, ha dichiarato che “il governo accoglie con favore il rapporto MCV e continuerà a lavorare con la Commissione in merito ad alcune raccomandazioni che “non riflettono esattamente i progressi della Romania, così come sono stati certificati dai rapporti positivi precedenti”.
Il ministro romeno della Giustizia, Florin Iordache aveva dichiarato nei giorni scorsi che il meccanismo di controllo della Commissione europea sui progressi della giustizia romena dovrebbe cessare, in quanto "in Romania esiste un stato di diritto funzionante ed esistono sufficienti garanzie affinché non sia più necessario un meccanismo di cooperazione e verifica".
Posizione ancora più netta quella del presidente del Senato, Calin Popescu Tariceanu, che vorrebbe addirittura che il governo comunicasse alla Commissione europea che “non desideriamo più collaborare nell’ambito del MCV” in quanto il meccanismo rappresenterebbe “un trattamento discriminatorio per la Romania”. Il presidente del Senato ha precisato inoltre che dal punto di vista degli standard democratici e del funzionamento della giustizia la Romania non è sotto gli standard di altri paesi dell’Ue, mentre, aggiunge, “sono molti i paesi dove il livello è sceso ma non vi è alcun MCV”.
In ogni caso la Commissione europea continuerà a monitorare la Romania anche quest’anno.
Servizi segreti e media
Come spesso accade in Romania, le polemiche politiche di questi giorni hanno coinvolto anche i servizi segreti.
I rappresentanti del Servizio Romeno delle Informazioni (SRI) hanno respinto ufficialmente ogni insinuazione riguardante il possibile coinvolgimento dell’SRI nel duello politico in corso o nell’organizzazione delle proteste. Il direttore dell’SRI, Eduard Hellvig, ha sottolineato che le ultime discussioni nello spazio pubblico rumeno mostrano che “vi è l’interesse a destabilizzare e demonizzare il Servizio”. Hellvig ha chiesto inoltre pubblicamente l’appoggio del parlamento per l’adozione di nuove leggi che riguardano la sicurezza.
Anche il Servizio delle Informazioni Estere (SIE) ha rilasciato un comunicato secondo il quale “le notizie veicolate negli ultimi giorni che riguardano scenari di destabilizzazione della Romania creati dai servizi segreti di Russia, Ungheria e Moldavia non hanno alcun fondamento”.
Nel frattempo anche la stampa si sente sotto pressione. Secondo quanto riportato dal portale d’informazione Hotnews.ro, nei giorni scorsi l’Agenzia pubblica di stampa Agerpres sarebbe stata costretta a rimuovere tre notizie precedentemente pubblicate sulle proteste anti-amnistia. Le notizie in questione erano in realtà traduzioni di notizie riportate da agenzie internazionali quali Reuters, AFP e DPA. Alcuni giornalisti in Romania hanno espresso il timore che nel paese si inauguri un periodo di censura.