Romania: la Securitate e l’estrema destra

Una nomina all’interno dell’istituzione che gestisce gli archivi della polizia segreta dell’epoca Ceaușescu smuove lo scenario politico romeno. Il caso della giornalista Oana Stănciulescu

26/03/2021, Francesco Magno -

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© chalermphon_tiam/Shutterstock

Lo scorso 18 marzo le commissioni giuridiche del Parlamento romeno hanno dato il loro parere favorevole alla nomina della giornalista Oana Stănciulescu nel consiglio direttivo del C.N.S.A.S (Consiliul Național pentru Studierea Arhivelor Securității, Consiglio Nazionale per lo Studio degli Archivi della Securitate), l’istituzione preposta alla conservazione e allo studio degli archivi della polizia politica comunista, la temuta Securitate.

Il nome della Stănciulescu, proposto dal presidente della Repubblica Klaus Iohannis, ha acceso aspre polemiche a causa di alcune posizioni della giornalista, che in passato avrebbe mostrato simpatie verso l’estrema destra. Tale vicenda è soltanto l’ultimo di una serie di episodi ambigui che riguardano gli archivi della Securitate e l’organo che dovrebbe garantirne la libera accessibilità, spesso al centro di controversie politiche e giudiziarie, che vanno ben oltre la semplice funzione archivistica. Ma proseguiamo con ordine.

Breve storia del C.N.S.A.S

Il C.N.S.A.S. è stato istituito nel 1999 come ente pubblico afferente al ministero degli Interni, con il compito principale di conservare gli archivi della Securitate e garantirne l’accessibilità al pubblico. Sulla scia dell’esempio tedesco, esso nasce soprattutto per permettere a tutti i cittadini vittime di angherie durante il regime, o agli ex detenuti politici, di consultare il proprio fascicolo personale redatto dagli organi di polizia comunisti. I membri del consiglio direttivo del C.N.S.A.S. sono di nomina parlamentare e presidenziale. Molto presto il C.N.S.A.S. si è trasformato in una formidabile arma di lotta politica, dal momento che i documenti della Securitate sono stati usati per stroncare, o bloccare sul nascere, le carriere politiche di presunti collaboratori con il regime prima del 1989. Il C.N.S.A.S. può infatti emettere documenti in cui si attesta la collaborazione di un cittadino con gli organi repressivi comunisti, distruggendo la sua immagine politica e sociale.

È evidente, pertanto, come il valore dell’istituzione vada ben oltre quello della mera conservazione di unità archivistiche. Oggetto di aspre critiche sono anche la composizione e le modalità di nomina del consiglio direttivo. Come già accennato, i consiglieri sono scelti dai gruppi parlamentari e dal presidente della Repubblica e non devono necessariamente avere un background professionale negli studi storici o in archivistica. Il quotidiano Adevărul ha definito il C.N.S.A.S. un “rifugio politico” dove i nominati possono incassare un’indennità mensile di 10.000 lei senza sapere alcunché sulle modalità di funzionamento di un archivio.

L’affaire Stănciulescu

Oana Stănciulescu, pur essendo giornalista, è da quattro anni ricercatrice accreditata del C.N.S.A.S., in virtù del dottorato in storia che sta frequentando presso l’università di Bucarest. Le polemiche per la sua nomina non nascono quindi dal suo background professionale, ma da alcune dichiarazioni controverse pronunciate qualche anno fa, quando criticò la cosiddetta legge “anti-legionari” promulgata nel 2015, che introdusse pene severe per chiunque negasse o minimizzasse l’Olocausto. In più occasioni Stănciulescu ha pronunciato parole di ammirazione verso lo scrittore antisemita Vintilă Horia, che tra la fine degli anni Trenta e l’inizio degli anni Quaranta fu uno degli intellettuali più duri nei confronti della comunità ebraica romena, mostrando anche aperte simpatie per Hitler. Horia si inserisce a buon diritto tra quelle figure dell’intellighenzia romena che negli anni Trenta, con varie sfumature, abbracciarono il legionarismo (il fascismo in salsa romena), sulle quali il giudizio storico resta impantanato tra la condanna morale senza appello e l’ammirazione per i risultati artistici e letterari. Nel 2016 la nomina di Stănciulescu nel consiglio di amministrazione della televisione di Stato provocò la reazione stizzita dell’ambasciata israeliana a Bucarest, che non mancò di esprimere il proprio sgomento .

La nomina di Stănciulescu è avvenuta pochi giorni dopo che il premier Florin Cîțu ha preteso le dimissioni da sottosegretario di Octav Bjoza, il quale avrebbe sostenuto la necessità di mettere in discussione le dimensioni e l’entità dell’Olocausto. Bjoza non è un politico qualunque; è stato un attivo dissidente anti-comunista, venendo più volte arrestato, attualmente è presidente dell’Associazione degli ex detenuti politici, ed è stata la prima figura ad essere decorata da Klaus Iohannis nel 2014, ricevendo l’ordine Steaua României e il grado di cavaliere. Il presidente del consiglio ha fortemente criticato le affermazioni di Bjoza, dichiarando inaccettabile che si avanzino sospetti sulla portata del genocidio ebraico.

Tra storia e politica

Le due vicende dicono molto sul rapporto tra storia e politica, e sull’importanza che nello scenario politico romeno attuale possono avere alcune dichiarazioni sul passato. Il caso Stănciulescu e quello Bjoza, apparentemente scollegati, potrebbero in realtà essere ben più connessi di quel che sembra. In Romania qualcuno ha fatto notare come la nomina della ex giornalista sia giunta quando ancora le fiamme del caso Bjoza erano tutto fuorché spente. Bisogna quindi interrogarsi su questo tempismo, e chiedersi se la nomina di Stănciulescu possa essere una compensazione per quegli ambienti rimasti delusi dall’epurazione del sottosegretario. Non bisogna dimenticare che solo tre mesi fa, per la prima volta negli ultimi vent’anni, un partito dichiaratamente di estrema destra ha ottenuto il 10% alle elezioni parlamentari, sconquassando il quadro partitico tradizionale. Una presenza ingombrante che può portare la classe dirigente a scelte dettate più dalla paura che non dalla ragione.

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